mercoledì 21 novembre 2018
Amadou Jawo, 22 anni del Gambia, attendeva l'esito del ricorso contro il rigetto alla sua richiesta dello status di rifugiato, ma si è ucciso dopo un rinvio. Parte dei fondi destinati al suo villaggio
Rimpatriata grazie a una colletta la salma del profugo che non ce l'ha fatta
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Si era ucciso dopo l'asilo negato e il rinvio del ricorso, grazie a una colletta la sua salma è stata riportata in patria dove potrà finalmente riposare. Amadou Jawo, il 22 anni del Gambia, che attendeva l'esito del ricorso contro il rigetto alla sua richiesta per ottenere lo status di rifugiato, il 15 ottobre si era tolto la vita impiccandosi al cornicione del terrazzo dell'abitazione che condivideva con alcuni connazionali, a Castellaneta Marina (Taranto).

Amadou aveva un permesso di soggiorno con scadenza a marzo 2019. In Italia aveva chiesto lo status di rifugiato, ma gli era stato respinto il 7 dicembre 2016. Lui aveva fatto ricorso e lo scorso 12 ottobre il giudice si era riservato la decisione. Non ha però retto alla tensione delle lunghe attese, di una vita incerta vissuta alla giornata apparentemente senza un progetto.

La sua salma è stata rimpatriata, grazie ai fondi raccolti da alcune associazioni e alla generosità di tanti cittadini (oltre 6mila euro). Lo riferisce l'associazione Babele, precisando che «Amadou da stanotte è finalmente a casa. Per ragioni burocratiche, la Regione non ha potuto garantire il contributo promesso. Quindi sono state le vostre donazioni a riportarlo nel suo villaggio. Con il poco che resta verrà garantita una strada, dove ora c'è solo terra. Grazie a tutti da parte della sua famiglia. Insieme si possono fare cose belle».

Una referente dell'associazione già nei giorni scorsi si era recata al villaggio di Jawo e aveva incontrato il papà e il fratello, oltre al capo-villaggio e a un operatore sociale del luogo. Concordemente è stato deciso di destinare la somma di 1.700 euro per la sistemazione della strada di accesso al villaggio.

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