La protesta delle donne dell'opposizione alla Camera (Ansa)
Che sia stata un’occasione persa, il dibattito sulle nuove norme contro la violenza di genere contenute nel cosiddetto ddl Codice rosso, è stato evidente quasi da subito oggi alla Camera. Quando su un emendamento discutibile e decisamente poco “incisivo” come quello della «castrazione chimica su richiesta del condannato» (pare un non senso, ma a tanto la Lega s’è spinta per portare avanti un altro dei suoi storici cavalli di battaglia) a dividersi è stata nuovamente la maggioranza, con grillini e leghisti contro e un primo, sensibile rallentamento dei lavori.
Il peggio, però, doveva ancora venire. E così è stato dopo che argomento di discussione è diventato il cosiddetto revenge porn, vale a dire la diffusione per vendetta di immagini private (soprattutto tramite i social network) che è stata al centro negli ultimi mesi di almeno due casi di cronaca scottanti: primo, quello della napoletana Tiziana Cantone, suicida nel 2016 proprio per la vergogna d’essere finita nel mirino del popolo del web dopo che il suo ex fidanzato aveva diffuso alcuni suoi video intimi; secondo, più fresco, quello dell’affaire Giulia Sarti, la giovane deputata del M5s finita nei guai per la mancata restituzione degli stipendi e poi denigrata attraverso la diffusione di chat e video, anche in questo caso, “rubati”.
L’occasione del voto sul Codice rosso sembra buona per entrare subito nel merito di questa forma di violenza – sempre più diffusa – e Laura Boldrini (Leu) presenta un emendamento che mira a inserire la nuova tipologia di reato all’interno del provvedimento sulle nuove norme contro la violenza di genere. Le opposizioni sono d’accordo e votano compatte a favore, da Forza Italia al Pd fino a Fratelli d’Italia. La maggioranza invece si ricompatta e fa muro: per la relatrice, la pentastellata Stefania Ascari, il revenge porn è oggetto di un provvedimento ad hoc (che proprio oggi è stato illustrato al Senato dal M5s alla presenza della mamma di Tiziana Cantone, Maria Teresa Giglio) e sul tema «c’è massima attenzione e sensibilità», ma la questione, proprio per la sua delicatezza, «va trattata con serietà ed in modo strutturale e non sventolato in maniera strumentale come una bandiera politica». Insomma, «si tratta di un argomento complesso che merita un approfondimento. Una proposta di legge è già incardinata in Senato ed un mero emendamento non può risolvere la questione. Una risposta frettolosa potrebbe rilevarsi inefficace» conclude, bocciando la richiesta unanime delle opposizioni. Salvo poi, a tarda sera, prendere atto dell'indicazione del capo politico Luigi Di Maio: "Già da martedì l'emendamento contro il revenge porn si può votare. Non esaurisce la proposta presentata al Senato" da M5S e "non credo ci sia da litigare su questo"
Ma ben prima che arrivasse il benestare di Di Maio, nel frattempo le donne di Forza Italia e Pd si sono unite in un coro di polemiche e attacchi. Il primo, durissimo intervento è quello dell’azzurra Stefania Prestigiacomo: «Oggi stiamo scrivendo una bruttissima pagina di storia parlamentare, abbiamo vissuto in passato momenti esaltanti in quest’aula quando, grazie all’operosità e all’intelligenza innanzitutto delle donne di tutti gli schieramenti ma anche con il supporto dei colleghi, abbiamo saputo rinunciare a primogeniture in nome dell’approvazione di valori che sono oggi pilastri nel nostro ordinamento giuridico. Oggi invece – continua – in nome dell’egoismo e in nome di una ostinazione incomprensibile noi stiamo rinunciando alla possibilità di dare seguito ad atti votati da quest’aula perché ricordo che nel mese di novembre abbiamo approvato una mozione a prima firma Carfagna che invocava un intervento della maggioranza e del governo su un tema come questo». «Vergognatevi, tacete!» le fa eco proprio la collega di partito Mara Carfagna.
A questo punto un nutrito gruppo di deputate di Forza Italia, seguite a ruota da Fdi, Pd (con Lucia Annibali in testa) e Leu, occupa i banchi del governo all’urlo di "Onestà, onestà!". Mentre – nel triste spettacolo dell’Aula nel caos e dei commessi che si fanno largo tra le deputate – la maggioranza intona il controcanto "Nazareno, Nazareno!". I lavori vengono sospesi, il presidente della Camera Roberto Fico convoca i capigruppo e decide di rinviare tutto a martedì prossimo. Ma alla luce dei nuovi fronti di scontro aperti, difficilmente il clima consentirà un esame veloce del provvedimento.
Cosa prevede il Codice rosso
Dovrebbe creare una corsia preferenziale per le denunce, la nuova norma in materia di violenza di genere, con l’obbligo per i pm di ascoltare le vittime entro tre giorni. E ancora, prevedere l’aumento di pena per i reati di stupro (da 5-10 anni a 6-12 anni), oltre che per i maltrattamenti in famiglia e per lo stalking. Come quello delle emergenze più gravi nei pronto soccorso, da cui prende il nome, il Codice rosso nasce e viene attribuito ai reati di violenza sulle donne, molestie e stalking, in modo da arrivare nel tempi più breve all’individuazione di eventuali responsabilità. Con la polizia giudiziaria che dovrà comunicare al pm le notizie di reato relative anche ai delitti di maltrattamento, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate commessi in contesti familiari o nell’ambito di relazioni di convivenza.