Lavoratori stranieri in Italia - Archivio
I migranti sono stati più colpiti degli italiani dalla pandemia sociale e rischiano di venire discriminati nell’erogazione degli aiuti da parte dei comuni. Nel Paese c’è un clima di strisciante razzismo, veicolato soprattutto dai social. E ancora, i vecchi decreti sicurezza di Salvini, con l’abolizione della protezione umanitaria, hanno generato precarietà e irregolarità, mentre la regolarizzazione 2020 è stata un’occasione perduta. Urgono politiche migratorie, dalla cittadinanza (ius culturae) agli ingressi per lavoro, ma per affrontare i veri problemi manca una narrazione libera dalla propaganda.
Non fa sconti ed è ricca di approfondimenti attualissimi la ventinovesima edizione del Rapporto migranti curato da Caritas e Migrantes per il 2020. Che racconta la quotidianità ignorata, non l’emergenza mediatica.
Stabili I permessi validi al 1° gennaio 2020 erano 3.438.707, il 61% rilasciato nel nord Italia, il 24% nel centro, il 10,8% nel sud e il 3,9 nelle isole. I primi cinque Paesi di provenienza dei regolari sono Marocco (400 mila cittadini), Albania (390 mila), Cina (289 mila), Ucraina (227 mila) e India, unica novità, che con circa 160 mila unità supera le Filippine. Considerando i comunitari residenti, al 1° gennaio 2020 il totale ammonta a 5.306.548 (l’8,8% della popolazione). I più numerosi sono i rumeni (1.207.919).
Decreti Salvini flop L’analisi delle nuove tipologie di permessi introdotte dalle norme dell’ex ministro dell’Interno modificate lunedì scorso in Consiglio dei ministri ne conferma l’inutilità: appena 28 mila titoli derivanti quasi tutti da tipologie esistenti. I decreti Salvini hanno in compenso precarizzato percorsi di inserimento e integrazione. Le nuove fattispecie, ad esempio, non sono quasi mai convertibili per lavoro. Vietato regolarizzarsi, l’esatto opposto della sicurezza.
Regolarizzazione, occasione perduta Il rapporto stila un primo bilancio della regolarizzazione per lavoratori agricoli e domestici, con 207.542 domande, inferiori alle aspettative. In attesa degli esiti, permangono le perplessità di Caritas e Migrantes per una procedura nata per l’emersione dal nero dei braccianti e che invece ha risposto soprattutto alle esigenze di lavoratori domestici e “badanti”
Covid e povertà Secondo l’Istat nel 2019, in era pre Covid, gli stranieri in povertà assoluta erano un milione e 400 mila. Le famiglie straniere con minori in povertà sono il 27% (282 mila), circa cinque volte di più delle famiglie di soli italiani con minori (6,3%). Il lockdown, secondo i ricercatori, ha penalizzato ulteriormente le famiglie immigrate. Sul totale dei beneficiari degli aiuti Caritas del periodo marzo-maggio 2020, gli stranieri pesano infatti al 38,4%. E c’è un allarme sugli aiuti pubblici anti pandemia, i due organismi Cei denunciano “una precisa volontà di esclusione della platea straniera, dettata quasi sempre da istanze politico-ideologiche degli amministratori”. Ad esempio per il “bonus spesa”, erogabile dai Comuni. “molti enti hanno operato distinzioni o in base alla cittadinanza o alla residenza anagrafica o in relazione al possesso di uno specifico permesso di soggiorno escludendo alcuni cittadini stranieri”.
Risorsa economica In Italia i 2.505.000 lavoratori stranieri sono un decimo degli occupati. Nel 2018 il contributo dei migranti al Pil nazionale è stato di 139 miliardi, il 9%. I circa 2,3 milioni di contribuenti stranieri hanno dichiarato 27,4 miliardi di redditi, versando 13,9 miliardi di contributi, 3,5 di Irpef e pagandone 2,5 di Iva.
Scuola e ius culturae Nell’anno scolastico 2018-2019 la perdita di 100 mila studenti italiani (-1,3%) per il calo delle nascite è stata compensata da un aumento di studenti stranieri, per lo più di seconda generazione, di quasi 16 mila presenze rispetto all’anno precedente (+1,9%) raggiungendo un totale di circa 860 mila unità (il 10%). Il tasso di scolarità è elevato nella scuola dell’obbligo, mentre nell’ultimo biennio delle superiori scende al 66,7%. Gli studenti con cittadinanza straniera sono a più alto rischio di abbandono, il 33%, a fronte di una media nazionale del 14. In base all’aiuto prestato dalle diocesi risulta che gli alunni stranieri sono più svantaggiati con la didattica a distanza perché non ricevono aiuto dai familiari per scarsa competenza informatica e difficoltà linguistiche. Un sistema misto di lezioni in presenza e a distanza potrebbe allargare ulteriormente la forbice e favorire l’abbandono.
Il 64,4% degli 860 mila alunni stranieri è nato in Italia, ma privo di cittadinanza. Per Caritas e Migrantes questo rafforza la necessità di modificare la vecchia legge sulla cittadinanza del 1992, “superando gli ostruzionismi politici”.