Sfollati afgani. Quale futuro ci può essere per loro? L'Afghanistan dopo essere stato ancora una volta distrutto è stato abbandonato al suo destino - Ansa
Gli ultimi 300 li hanno bloccati ieri i gendarmi di Erdogan. Erano nascosti in un Tir che arrivava dal deserto iraniano. Almeno duemila sono stati fermati e denunciati negli ultimi giorni. La grande fuga è solo all’inizio. Il ritiro delle forze alleate dall’Afghanistan e l’avanzata dei talebani sta offrendo una sola scelta ai profughi fuori dal Paese e ai civili tornati nella morsa: dirigersi verso l’Europa.
La gendarmeria turca ha fermato un autoarticolato nei cui rimorchio erano stipati 300 migranti irregolari e ha arrestato il conducente. È accaduto nella provincia di Van, nell’estremo est del Paese al confine con l’Iran. La maggior parte dei migranti, 264 su 300, sono afghani, 30 i pachistani e 6 gli iraniani, trovati in precarie condizioni di salute a causa della mancanza d’aria, cibo e acqua.
La Turchia è situata sulla rotta migratoria che dall’Est conduce verso l’Europa; una rotta tornata trafficatissima in seguito all’avanzata talebana in Afghanistan, che sta causando fughe di massa dal Paese. A questi si stanno aggiungendo nuovamente gruppi di siriani che tornano ad affacciarsi sulle rotte terrestri che anticipano i confini dell’Unione europea. Gli oltre due milioni di sfollati siriani che, secondo l’Onu, sono ammassati nei campi del nord-ovest, nella regione di Idlib fuori dal controllo governativo e a ridosso del confine con la Turchia, stanno affrontando una nuova estate di caldo torrido.
Come riferiscono organizzazioni umanitarie locali internazionali, si tratta della decima estate che gli sfollati, provenienti da varie regioni della Siria in guerra, trascorrono in condizioni igieniche e strutturali precarie. C’è chi, come Mahmud Ahmad, sfollato nel campo di Tell Amin, ha raccontato agli operatori Onu di essere costretto a fare ai propri figli una doccia improvvisata, con acqua raccolta perfino nelle pozze, ogni quarto d’ora per aiutarli a resistere al caldo. Il campo è privo di elettricità e di acqua corrente sufficiente per le oltre 400 famiglie.
Non di rado questi gruppi spariscono dalle tendopoli e riappaiono a bordo di barche a vela dirette verso l’Italia del Sud. Due giorni fa una di queste imbarcazioni, con a bordo 45 migranti è stata intercettata dai mezzi aerei della Guardia di finanza al largo della costa calabrese. La Turchia ospita già circa 3,7 milioni di siriani fuggiti dalla guerra civile. Gli afghani sono anche fuggiti in Turchia per sfuggire alla guerra e all’instabilità del loro Paese.
I resoconti dei media dalle città di confine con l’Iran mostrano che il numero di afghani che attraversano la Turchia è in aumento. Il ministero degli Esteri turco ha definito gli Stati Uniti «irresponsabili» dopo che l’amministrazione Biden ha annunciato che amplierà gli sforzi per assistere i cittadini afghani a rischio facendoli ospitare in un Paese terzo prima di vedersi riconosciuto lo status di rifugiato. Secondo il portavoce del ministero, Tanju Bilgic, la dichiarazione degli Usa aveva suggerito la Turchia come luogo per presentare domanda di asilo, «senza consultazione» preventiva con Ankara.
Le ricadute sulla rotta balcanica sono quotidiane. Il Danish refugeee council ha registrato un aumento dei respingimenti alle frontiere con 3.403 casi da metà aprile a fine giugno; con numeri quasi raddoppiati al confronti con il periodo dall’1 gennaio. Gli operatori sul campo continuano a documentare «violazioni del diritto di chiedere asilo e del principio di non-refoulement (divieto di respingimento, ndr); furti, estorsioni, distruzioni della cose proprie e molestie che restano all’ordine nel giorno in occasione dei respingimenti».
Per scoraggiare gli attraversamenti viene praticata la «separazione delle famiglie e dei minori dai propri genitori», mentre si ripetono le espulsioni collettive attraverso diverse frontiere tramite la cooperazione tra stati (Ue e non), oltre a frequenti «respingimenti di persone munite di documenti, compresi i rifugiati con status riconosciuto», mentre quasi nessun progresso viene osservato «nell’attivazione di un meccanismo indipendente di monitoraggio alle frontiere».
Lungo i confini, semmai, si vedono gli uomini di Frontex, che sul confine greco hanno anche installato i "cannoni acustici" che emettono suoni e allarmi a lunga percepibili a lunga distanza, allo scopo di spaventare i profughi che intendono attraversare il confine.
Su quella stessa frontiera tornano ciclicamente le tensioni tra Grecia e Turchia. Il ministero degli Esteri di Ankara ha convocato nei giorni scorsi l’incaricato d’affari greco dopo l’uccisione di un cittadino turco al confine tra i due Paesi. Sull’incidente ci sono versioni contrastanti anche delle fonti turche. Anadolu ha riferito che il 43enne era seduto sulle rive del fiume Evros, insieme a degli amici quando è stato raggiunto da colpi d’arma da fuoco ed è morto sul colpo. Secondo l’agenzia di stampa Dha, invece, sarebbe rimasto vittima di una lite tra trafficanti: lui ed un amico stavano cercando di tirare fuori dall’acqua un’imbarcazione usata per far passare migranti al confine, quando è iniziata una lite con alcune persone in abiti civili sul lato greco e sarebbero stati allora esplosi i colpi mortali.
Ankara ha chiesto ad Atene di indagare sull’incidente, di punire «gli assassini» e di prendere misure per evitare che incidenti del genere si ripetano. Il governo greco ha respinto le accuse, sostenendo che la Turchia dovrebbe «controllare meglio i suoi confini e fermare le attività dei trafficanti di uomini».