sabato 19 marzo 2022
Viveva a Kremenchuck, era partita mercoledì in pullman da Leopoli coi due figli piccoli. Nella capitale, ieri mattina, appena scesa alla stazione Ostiense, il suo cuore si è fermato
Profughi ucraini in viaggio in Italia verso un luogo di accoglienza

Profughi ucraini in viaggio in Italia verso un luogo di accoglienza - Ansa

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Natalia, quarantasei anni, non era felice, non poteva esserlo, il marito è rimasto lì a combattere, lei aveva dovuto lasciare tutto quanto avesse, però almeno aveva smesso d’avere paura per i suoi figli, che era riuscita a portare in salvo (una bambina e un bambino che di anni ne hanno dieci e undici) e non era poco, in tutto quel dolore e quella morte dietro l’angolo. Loro quattro vivevano a Kremenchuck, centro industriale a est di Kiev, sul fiume Dnipro, ma lei e i bambini erano scappati quando anche lì la guerra ha cominciato a mordere davvero e terrorizzare e non mostrare più un futuro. Avevano raggiunto Leopoli, poi, mercoledì scorso, erano partiti su quel pullman che li avrebbe portati a Roma.

Un viaggio lungo, pericoloso, pesante, quasi trenta ore, ma gli ucraini arrivati qui raccontano tutti che «non c’è alternativa». Natalia Kretova aveva fatto amicizia con una suora, che organizza regolarmente torpedoni per strappare alle bombe donne e bimbi attraverso corridoi umanitari.

Ieri mattina il suo pullman è arrivato nella Capitale alle sette e mezza. Nel piazzale 12 ottobre 1492, alla stazione Ostiense. Neanche fa troppo freddo, cielo nuvoloso, poco traffico. Tutti sono scesi, Natalia saluta con la mano i compagni di viaggio e chi li aspettava, qualche istante, sente un dolore violento al torace, sviene, cade, i suoi bambini, già sfiniti, sono atterriti, si tengono per mano, piangono, i soccorsi arrivano quasi subito, il cuore è fermo, provano in ogni modo, non riescono a farlo battere di nuovo.

Meno di un quarto d’ora più tardi, quei bambini urlano, chi altro era sul pullman è sconvolto, Natalia non s’è più svegliata. Muore. Ci sono auto della Polizia, gli agenti subito avevano tentato di rianimarla, poi altri cominciano ad ascoltare le testimonianze dei passeggeri del pullman, a cercare di capire come possa essersene andata proprio appena in salvo.

La religiosa spiega che Natalia era fuggita per venire qui, senza avere parenti o comunque conoscenti che potessero ospitarla, perciò la religiosa si era offerta di accoglierla nella sua struttura, ai Castelli Romani, dove sono comunque stati portati i due bambini, dei quali adesso si prenderanno cura i servizi sociali.
Vengono subito anche aperti i pochi bagagli della donna, per cercare qualcosa che potesse aiutare o almeno spiegare, vi si trovano alcuni farmaci che le erano necessari per curare l’ipertensione (perciò la causa della morte che appare più verosimile è l’infarto). Poi in tarda mattinata, accertato il decesso per cause naturali, la salma di Natalia è stata messa a disposizione del medico legale.

I soccorsi sono stati «attivati alle ore sette e trentasette con un’ambulanza della postazione del Cto giunta sul posto alle sette e quarantasei, seguita dall’auto medica della postazione San Camillo», ha poi fatto sapere in una nota l’Ares 118: «All’arrivo sul posto, la signora era non cosciente e in arresto cardiocircolatorio. L’équipe sanitaria ha provato a rianimarla, ma tutti i tentativi sono stati purtroppo vani». Così «alla famiglia della signora ed a tutta la comunità ucraina vanno le più sentite condoglianze da parte di tutta l’Azienda».





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