Un peschereccio della flotta di Mazara del vallo, il "Michele Giacalone", è stato assaltato da un altro motopesca turco mentre si trovava in acque internazionali, tra la Siria e la Turchia, a 27 miglia dalle coste turche. La notizia è stata confermata dall'armatore Luciano Giacalone che si è recato in Capitaneria di Porto per denunciare il lancio di pietre e altri oggetti contro il peschereccio mazarese.
"Erano già accaduti episodi simili, ma mai di questa portata. Il peschereccio si trova in quell'area, in acque internazionali - ha proseguito l'armatore - dopo che il 3 maggio scorso aveva subito un tentativo di abbordaggio da parte dei libici" ha raccontato l'armatore.
"Non bastavano i rischi e i problemi con la Libia, ora ci viene impedito di pescare anche in pieno Mediterraneo. Vorrei sapere dal governo dove possiamo andare a pescare senza rischiare la vita", ha proseguito Giacalone dopo aver lanciato l'allarme per una sua nave colpita da una sassaiola nel tratto di mare a nord est di Cipro da parte di una decina di imbarcazioni turche. "Il mio peschereccio insieme ad un altro mazarese, il 'Sangiorgio I', si trovava in acque internazionali davanti la Siria, quando è stato attaccato dai turchi. Ci hanno detto che non dovevamo più pescare lì", ha concluso.
Oltre alla notizia da Cipro si torna a parlare dei pescherecci italiani di Mazara del Vallo mitragliati giovedì scorso dalle autorità libiche. Vi è una nota pubblicata domenica della cosiddetta Guardia costiera che libica ricostruisce tutta la vicenda, ovviamente dal punto di vista libico, sostenendo che il 6 maggio i pescherecci italiani hanno tentato di speronare la motovedetta di Tripoli intervenuta per proteggere la "sovranità sulle acque territoriali", compresa la zona di pesca protetta libica, esattamente a "30 miglia marittime" al largo di al-Khums.
"La motovedetta di pattuglia è stata incaricata di gestire la situazione con i pescherecci italiani e di contattarli, perquisirli ed accertarsi che non fossero coinvolti in azioni di contrabbando e altri atti sospetti", si legge nella nota, secondo la quale i pescherecci non hanno risposto all'imbarcazione libica, ma anzi si sono allontanati "velocemente, non obbedendo alle istruzioni del comandante e cercando di speronare la motovedetta pur conoscendo la pericolosità di tale azione".
Durante l'"inseguimento" della cosiddetta Guardia costiera libica - durato "tre ore" - sono stati "sparati colpi d'avvertimento in aria. Uno dei pescherecci è stato fermato e perquisito in presenza di una fregata della marina militare italiana". In merito al ferimento del comandante dell'Aliseo, Giuseppe Giacalone, i libici hanno sottolineato che ciò è stato dovuto "all'urto con un oblò, e non, come ha dichiarato il capitano del peschereccio, agli spari di avvertimento". Anzi "la motovedetta ha prestato il primo soccorso richiesto e si è accertata del buono stato di tutto l'equipaggio del peschereccio".