Il ministro Carlo Nordio, a sinistra, arriva in visita al carcere di Torino dopo la morte di due detenute avvenuta venerdì a poche ore di distanza - Ansa
Venerdì due donne si sono tolte la vita nel carcere delle Vallette e ieri, sabato, alle 11.30, il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è precipitato all’istituto di pena torinese tra le proteste e le contestazioni dei detenuti durate mezz’ora. «È una visita e non un’ispezione – ha precisato –, un atto di assoluta vicinanza in un momento di dolore, a chi è stato colpito da questo fardello, a chi opera nella struttura, alla direzione e alla polizia penitenziaria che soffre di gravi carenze di organico». Il suo arrivo a sorpresa è stato accolto dai reclusi con fischi, colpi ritmati di gavette e stoviglie sulle sbarre e urla di «libertà, libertà». Segno di un disagio profondo in una Casa circondariale come quella di Torino che dovrebbe ospitare per regolamento un massimo di 1.118 persone e ne contiene invece più di 1.400, in celle umide e ambienti inadeguati. Come la maggior parte delle carceri italiane.
Nordio ha chiesto subito alla direttrice Elena Lombardi Vallauri informazioni sulla situazione esistente al “Lorusso e Cutugno”, uno dei penitenziari più “critici” d’Italia. Qui, infatti, oltre a Susan John, la 42enne nigeriana morta due giorni fa perché da tre settimane si rifiutava di mangiare, bere e curarsi, e ad Azzurra Campari, 28 anni, di Riva Ligure, che poche ore dopo si è impiccata nel reparto isolamento, altri tre detenuti erano deceduti dall’inizio dell’anno. E non si contano più gli atti di autolesionismo, le rivolte nei raggi e le aggressioni al personale di sorveglianza.
«Lo Stato non abbandona nessuno, le due donne morte a Torino erano sotto strettissima sorveglianza» ha commentato il ministro al termine della visita. Ma i suicidi nei 189 penitenziari (spesso fatiscenti) del nostro Paese dall’inizio dell’anno sono arrivati a 47 – l’ultimo ieri, un 44enne trovato morto in cella a Rossano, in Calabria – e nel 2022 hanno raggiunto la cifra record di 85. Qualcosa, evidentemente, è sfuggito. Però, ha precisato Nordio «i suicidi accadono per ragioni imperscrutabili, da pm ne ho trattati ahimè tanti e non esiste mistero più insondabile della mente umana quando uno cerca soluzioni così “estreme”». Ma c’è da fare i conti anche con il tasso di sovraffollamento che ha superato il 120% (dato del 31 luglio scorso). Cosa bisogna fare? «Lavorando con fantasia e con le risorse che abbiamo possiamo modulare la struttura tradizionale della pena detentiva – ha spiegato Nordio –, un “41 bis” non può essere equiparato a chi ha commesso un reato minore ed è tossicodipendente e deve essere curato».
Bisogna trovare dunque altre forme alternative, perché, secondo il Guardasigilli «quelle che esistono non sono sufficienti a colmare il gap che c’è tra la necessità di garantire la sicurezza dello Stato, una priorità, e garantire anche l’umanità e il trattamento rieducativo del detenuto, priorità altrettanto importante». E costruire nuove carceri? «È costosissimo ed è quasi impossibile sotto il profilo temporale perché abbiamo vincoli idrogeologici, architettonici, burocratici – ha risposto il ministro –, con cifre molto inferiori, invece, possiamo riadattare beni demaniali come le caserme, compatibili con l’utilizzazione carceraria». «Ringrazio il ministro per la vicinanza che ha dimostrato – ha commentato il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo – in questo momento così drammatico per la nostra città. Occorre migliorare al più presto la situazione nelle carceri: le condizioni sanitarie e psicologiche delle persone che si trovano a scontare una pena, così come le condizioni di lavoro del personale di custodia, sono una priorità. In questo quadro il lavoro congiunto e sinergico del governo e delle istituzioni locali è fondamentale. Chi è detenuto, insomma, non può e non deve essere lasciato solo».
«Ma il governo deve mettere mano al settore prima del disastro assoluto – denuncia Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp –, le carceri sono bolge infernali, Torino come altrove, perché il problema sono la mancanza di agenti, peraltro abbandonati a se stessi, la povertà di mezzi e soprattutto la carenza di una formazione adeguata per personale che è sempre più avanti con l’età».
Intanto la procura del capoluogo piemontese ha aperto due distinte inchieste sulle morti di venerdì al “Lorusso e Cutugno”. Sarà affidato domani a un perito settore l’incarico di effettuare l’autopsia sul cadavere di Susan John che si è lasciata morire di fame e di sete per protesta in quanto gli avrebbero impedito di vedere la figlia: sarebbe morta in conseguenza di uno «squilibrio elettrolitico». Visitata il giorno prima di morire, la donna sarebbe parsa «lucida e psichicamente orientata». Azzurra Campari invece avrebbe avuto, secondo fonti ufficiali, «problemi psichici». Entrambe, vista la loro fragilità, sarebbero state sottoposte a “monitoraggio”.