Culle vuote - archivio
Tutto è cominciato il 28 dicembre in un dibattito tv («Coffee break», su La 7) nel quale la senatrice di Fratelli d’Italia Lavinia Mennuni ha detto che «dobbiamo far sì che la maternità torni a diventare “cool”» cioè “di tendenza”. La senatrice ha ricordato quel che le diceva sua madre: «Hai l'opportunità di fare quel che vuoi, ma non devi mai dimenticare che la tua prima aspirazione deve essere quella di essere mamma». «Dobbiamo ricordarlo alle nostre figlie – ha proseguito Mennuni –, altrimenti il rischio è che in nome della realizzazione professionale, che io auspico e che è giusta, dimentichiamo che esiste la necessità e la missione di mettere al mondo dei bambini». Queste affermazioni hanno suscitato uno sciame di critiche da voci dell’opposizione, e non solo, accendendo un confronto polemico che ha finito col far sparire il cuore del tema: perché oggi alle giovani la maternità non risulta attrattiva? Su Avvenire trovate alcuni interventi per una prima risposta, attendendo le vostre riflessioni.
La maternità è un mistero che porta grande gioia se attesa e scelta; può recare preoccupazioni e ansie, a seconda delle condizioni in cui si realizza. Perfino la legge che legalizza l’aborto porta il titolo Norme a tutela della maternità (...)». Forse affermare che «dobbiamo far sì che le ragazze di 18 anni, di 20 anni, vogliano sposarsi e vogliano mettere su una famiglia» è un azzardo superficiale, ma anche le polemiche politiche seguite non hanno resistito agli slogan, invece di pretendere gli approfondimenti necessari per chi ha responsabilità politiche. La maternità è relegata a fatto privato, personale, completamente affidata alla donna. Ma le culle vuote rappresentano soprattutto un urgente messaggio da raccogliere: manca fiducia nella comunità. Per desiderare figli bisogna essere circondati da amore per la vita e da relazioni positive. È la maternità il successo della vita contro ogni preoccupazione per il futuro. Negli anni 50 le nascite erano circa un milione l’anno; nel 2023 circa 400.000.
La ricchezza delle culle è promessa di sviluppo, di ricchezza per il Paese, di successo nelle attività sempre innovative che esigono tanti vivaci cervelli per il benessere di tutti. La nostra Costituzione ci ha pensato, ma noi siamo smemorati. La maternità è un valore sociale, la famiglia radice della società, tuttavia sembra che tocchi solo alle donne farsi carico di questi beni comuni. Non sono mancati, soprattutto recentemente, interventi destinati ad aiutare le famiglie con figli. È stato sventato l’orribile ricatto delle dimissioni in bianco, ma è ancora troppo diffusa la pratica di chi per assumere una donna le pone la domanda se ha intenzione di avere figli. Si è notato purtroppo che non è avvenuta nessuna inversione di marcia. Sono certamente utili gli aiuti economici, ma non può essere sufficiente una serie di bonus o assegni svincolati da un pensiero socialmente rilevante che riguarda direttamente chi ha la maggior responsabilità, la donna. Non può toccare a lei risolvere problemi che riguardano una idea di organizzazione sociale.
La nostra Costituzione ha visto con lungimiranza i problemi che avrebbero investito la famiglia e ha descritto quali scelte si sarebbero dovute abbracciare. La donna nella famiglia e nel lavoro deve godere parità di diritti «e a parità di lavoro le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore» ( art. 37): ma non è ancora così. Soprattutto si dichiara solennemente che per la donna «le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione». Non si realizzano queste condizioni se la carriera viene interrotta, se diminuisce la retribuzione durante il periodo di assenza dal lavoro, se di conseguenza sarà decurtata la pensione. I congedi di maternità e paternità non suppliscono l’assenza di servizi di custodia, socializzazione e istruzione nei primi anni di vita del minore, e là dove esistono sono onerosi.
Credo sia tempo che le forze politiche affrontino in radicale coerenza con la Costituzione una vertenza unitaria, tempestiva, per razionalizzare tutte le frammentarie provvidenze garantite dalla legislazione vigente.
Se non si modifica lo status della donna in funzione della possibile scelta di essere madre, lo Stato, noi tutti, lasciamo sulle spalle solo della donna la responsabilità del “deserto demografico” che merita, invece, il calore della solidarietà sostanziale di una comunità “cool”.