giovedì 27 aprile 2017
Salvatore si chiama così perché è nato a Natale. Poco prima sua madre era su un barcone in balia delle onde. E poi Mosè, Manuela, François... Sono al mondo perché un’imbarcazione è arrivata in tempo
Mercy (Misericordia), la piccola nigeriana nata il 21 marzo a bordo dell’Aquarius, la nave di Medici senza Frontiere-Sos Mediterranee, qui con i suoi genitori

Mercy (Misericordia), la piccola nigeriana nata il 21 marzo a bordo dell’Aquarius, la nave di Medici senza Frontiere-Sos Mediterranee, qui con i suoi genitori

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Salvatore si chiama così perché è nato la notte di Natale. Era a bordo di Etna, la nave della Marina Militare che lo aveva salvato giusto in tempo: a un soffio dal travaglio sua mamma Kate, nigeriana di 28 anni, galleggiava ancora su un barcone stringendo a sé la piccola Destiny di 15 mesi, in balìa delle onde gelate nel mare di Sicilia. Era il 2014 e Salvatore era solo uno tra i tanti bambini che fino a oggi sarebbero venuti al mondo solo perché una nave si è trovata a passare nel posto giusto al momento giusto. A Messina, dove la nave era attesa con il suo carico di 896 disperati, la notizia di quella fragilissima nuova vita risarciva in qualche modo l’orrore (i primi a toccare il molo furono i cinque cadaveri di chi invece non ce l’aveva fatta): la vita e la morte viaggiavano insieme. «Don Paolo, il sacerdote di bordo, per volere della madre ha battezzato il bambino questa mattina », riferiva all’arrivo la madrina, il tenente di vascello Serena Petriucciolo. «Durante il parto questa donna è stata bravissima e non ha mai pianto, io la tenevo tra le braccia ma c’erano anche una dottoressa dell’Ordine di Malta e la ginecologa della Fondazione Rava, Maita Sartori...». La stessa ginecologa che giorni prima, il 17 dicembre, sempre sulla Etna aveva fatto nascere Haloniab Mosé, 'Salvato dalle acque', figlio di Lucia. «È nato stanotte alle 2 un piccolo di 3 chili in buone condizioni – ha annotato sul suo umanissimo diario di bordo –. La mamma, giovane eritrea dal nome italiano, sta bene».


Difficile, da benestanti della terraferma, immaginare lo 'spettacolo', povero e ricco insieme, di certe nascite. «La giovane donna ha affrontato il travaglio con grande dignità – raccontano le pagine della dottoressa Sartori –. In piedi ha dondolato sulle gambe sostenuta a turno da una di noi per avere sollievo dal dolore. Gli altri profughi si sono accorti dell’evento solo all’ultima spinta. Il piccolo è stato posto in una culletta fatta con una scatola di cartone rivestita di lenzuola pulite, allestita da Giuseppe», infermiere della Marina. A riscaldare il piccolo «un plaid e una borsa dell’acqua calda. Si è subito attaccato al seno e ha succhiato con vigore. Tutto l’equipaggio è colpito, ho visto occhi lucidi: che il suo futuro sia splendente come la giornata che abbiamo trovato arrivando a Lampedusa». Spesso nei nomi dei bambini, presi dal medico, dal comandante, persino dalla nave, è scritta la gratitudine dei loro genitori per chi ha avuto pietà e ha teso loro la mano. Era il 27 giugno del 2016 quando sul pattugliatore Bettica, inserito nel dispositivo di sorveglianza marittima di Mare Sicuro, nasceva François Manuel, giunto poi a Vibo Valentia con altri 762 compagnidi viaggio: «Avevamo scelto di chiamarlo Manuel – hanno spiegato tra lacrime di sollievo i genitori camerunesi –, ma così volevamo ringraziare Francesco, il comandante della nave».

Dieci giorni dopo il Bettica dava il benvenuto a Manuela, anche lei camerunese, battezzata con il nome dell’ostetrica di bordo. «Piccoli miracoli che riaccendono la speranza in un mare di angoscia», ha commentato il pediatra Giorgio Benaglia, da quando è in pensione volontario sulle navi della Marina. Al suo attivo missioni umanitarie in Mali, Albania, Somalia, Haiti e Iraq, ma «alle emergenze e al dolore non ci si abitua mai», specie se a fissarlo sono gli occhi di donne incinte, stremate da mesi di viaggio, che per i loro figli supplicano quella salvezza per la quale hanno preso il mare. Un disperato istinto materno che a Lampedusa conosce bene il dottor Pietro Bartolo, protagonista del film 'Fuocoammare'. Si chiama Pietro come lui il bimbo nato il 30 agosto scorso sulla motovedetta che portava in salvo a Lampedusa la sua mamma, originaria del Mali: «Sono salito a bordo che era nato da pochi secondi – racconta il medico – con un coltello di uno degli uomini della Guardia Costiera ho tagliato il cordone ombelicale».

Negli stessi giorni la nave Dignity di Medici senza Frontiere strappava al mare di Sicilia due gemellini eritrei, nati prematuri di un chilo e mezzo e affidati all’ospedale di Palermo, dove si è scatenata una gara di solidarietà. Era ormai ottobre quando la Dattilo della Guardia Costiera approdava a Catania con ben tre bambini eritrei, nati tra mille migranti salvati (non ce l’aveva fatta, però, la giovane nigeriana senza nome, la cui salma portava ancora in grembo il suo bimbo morto al quinto mese di gravidanza). Ma il record spetta infine alla nave Aquarius di Medici senza Frontiere-Sos Mediterranee, che ha dato i natali a Destiné Alex, Newman Otas, Favour Emeka e un mese fa a Mercy, 'Misericordia', nata pochi minuti prima dello sbarco a Catania. Era il primo giorno di primavera.

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