Quello che segue è il diario di bordo dell'aereo Moonbird di Sea Watch, in perlustrazione del tratto di mare antistante la Libia. Risale al pomeriggio di giovedì 23 maggio. Lo trascriviamo così com'è, accompagnato da un drammatico video in cui si assiste alla scomparsa tra le acque di un migrante caduto in acqua.
«Caso del 23 maggio 2019: gommone con circa 80 persone a bordo.
Alle 8 del mattino (orari in UTC), l'aereo di Sea-Watch, Moonbird, avvista un gommone con a bordo circa ottanta persone mentre si dirige verso Nord.
Alle 13, un altro aereo di ricognizione civile, Colibrì, avvista nuovamente il gommone: la situazione a bordo è degenerata, un tubolare si è sgonfiato e l'acqua inizia ad entrare nell'imbarcazione. L'equipaggio invia immediatamente un Mayday Relay (richiesta urgente di intervento).
La nave P492 Bettica della Marina Militare Italiana si trova a circa 25 miglia nautiche dalla posizione del gommone e risponde alla radio all'equipaggio di Colibrì: "Colibrì, qua la P492".
I militari non rispondono più alla radio fino alle 13:55 quando comunicano che interverrà una motovedetta libica. Nel frattempo la situazione è ulteriormente peggiorata: le persone si sono tuffate in acqua e la nave della Marina si è limitata a inviare sul luogo del gommone il proprio elicottero.
Poco dopo, alle 14:09, interviene la motovedetta libica "Fezzan".
Le immagini registrate dall'aereo civile Colibrì mostrano come una persona sia annegata. È purtroppo impossibile sapere quante siano realmente le persone scomparse tra le onde del Mediterraneo».
A queste note, che contengono come si legge una forte accusa alla Marina militare, si deve aggiungere che la stessa Marina ha risposto con un tweet in cui spiegava che quando ha raccolto l'Sos lanciato dalla ong Colibrì, la nave Bettica si trovava a 80 chilometri di distanza (equivalente a 43 miglie nautiche). Secondo la Marina, è stato fatto decollare l'elicottero; arrivato sul posto, in zona Sar (Search and Rescue, ricerca e salvataggio) libica, il velivolo ha constatato che stava intervenendo una motovedetta libica.
Non sono solo le operazioni di salvataggio a offrire il fianco alle critiche delle ong, ma anche lo stesso fatto che i migranti siano stati riportati in Libia, "nell'inferno di violenze e abusi da cui cercavano di fuggire", come ha scritto l'operazione Mediterranea Saving Human su Twitter. Il giorno prima la Guardia costiera di Tripoli aveva risportato sulla terraferma 100 migranti su due barconi diversi.
La ricostruzione di quel che accade il 23 maggio viene contestata dal ministero della Difesa. «Non permetto a nessuno di dire che la nostra Marina Militare abbia ignorato il soccorso di persone in pericolo di vita», ha scritto su Facebook la ministra Elisabetta Trenta, alla quale ha fatto eco il collega Matteo Salvini: «Mettere in dubbio che la Marina perda tempo mentre qualcuno annega è volgare e irrispettoso».
Quando è arrivato l’allarme ai militari, continua Trenta, la nave Bettica «si trovava a 80 chilometri di distanza» (43 miglia marine), 2 ore di navigazione dal barcone, «localizzato invece in acque di responsabilità libica. Si è deciso di inviare immediatamente un elicottero, perché quando c’è da salvare vite umane i nostri non si sono mai tirati indietro. Anzi». Intanto la guardia costiera libica ha riportato indietro, nell’inferno dal quale erano partiti, tutti i migranti. Tranne uno.