venerdì 20 agosto 2021
L’uomo d’affari è accusato di avere ordinato l’eliminazione della giornalista che aveva messo a rischio il suo business energetico. Emergono relazioni con noti banchieri esteri e “coperture” interne
Yorgen Fenech, presunto mandante dell’omicidio di Daphne Caruana Galizia

Yorgen Fenech, presunto mandante dell’omicidio di Daphne Caruana Galizia

COMMENTA E CONDIVIDI

L’uomo d’affari maltese Yorgen Fenech è stato rinviato a giudizio con l’accusa di essere stato il mandante e l’organizzatore del complotto per l’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galiza, uccisa il 16 ottobre del 2017. L’accusa ha chiesto l’ergastolo per omicidio volontario premeditato e altri 30 anni per l’associazione a delinquere.

Fenech aveva chiesto la liberazione su cauzione ma il giudice (che era stato accusato di un possibile conflitto d’interessi perché il padre aveva acquistato uno yacht proprio da Fenech) ha deciso che l’indagato deve restare in carcere in attesa di giudizio, purché il processo si chiuda entro 30 mesi.

L'imprenditore è stato arrestato il 20 novembre 2019 dopo un inseguimento notturno mentre tentava di fuggire dal porto di Malta a bordo di uno dei suoi yacht. La giornalista maltese era stata uccisa con una bomba nascosta nella sua auto. Ad eseguire l’omicidio sarebbero stati alcuni criminali di una famiglia mafiosa maltese, nota anche per i contatti con esponenti della mafia siciliana.

Nel suo blog aveva individuato, grazie ai “Panama Papers”, il flusso di pagamenti dalla “17 Black”, una compagnia riconducibile a Fenech, verso le società offshore dell'allora capo di gabinetto del governo Muscat, Keith Schembri, e dell'ex ministro prima dell'Energia poi del Turismo Konrad Mizzi, plausibilmente legate ai contratti per la centrale termoelettrica di Malta e la fornitura di gas azero.

Il rapporto dell'inchiesta pubblica, incaricata di verificare eventuali omissioni complicità del governo, ha condannato l’operato dell’ex premier laburista Joseph Muscat accusandolo di aver "creato un clima di impunità", ha rilevato che "la polizia non ha fatto quasi nulla" per approfondire le notizie di reato pubblicate sia da Caruana Galizia sia dai media che hanno continuato le indagini dopo la sua morte. Inoltre il rapporto ha indicato l'esistenza di "dirette e sospette interferenze" da parte dell'ex capo di gabinetto Keith Schembri sulle indagini di polizia.

Non solo. L’ex guardia del corpo del premier Muscat, Keith Camilleri, ad esempio, fu chiamato nel cuore della notte da uno degli indagati perché temeva di venire arrestato da un momento all’altro dopo l’omicidio di Caruana Galizia. Pur non indagato, Camilleri una settimana fa si è rifiutato di rispondere alle domande del giudice. Il suo nome era apparso alle cronache per un’altra vicenda. Uno dei più stretti collaboratori dell’allora premier Muscat si era recato più volte in Libia per alcune missioni riservate. Si trattava di Neville Gafà. Uomo di fiducia di Muscat e Schembri, proprio il nome di Gafà è stato indicato dall’Inchiesta Pubblica tra quello dei funzionari di governo che agirono per screditare la giornalista fino a qualche ora prima dell’attentato.

La Fondazione Daphne Caruana Galizia ha chiesto che sia aperta una indagine sui rapporti tra la società “17 Black'” di Yorgen Fenech ed una costellazione di sigle societarie riconducibili all'Azerbaijan, secondo le conclusioni del rinvio a giudizio chiesto dalla britannica National Crime Agency (Nca) a carico di Izzat Javadova (cugina del presidente-padrone dell'Azerbaijan Ilham Aliyev) e suo marito Suleyman Javadov, figlio dell'ex viceministro azero dell'energia.

A causa dell’indagine sui mandanti dell’omicidio l’enorme affare per il gas non è andato in porto. A favorire gli incontri internazionali di Fenech era proprio l’ex primo ministro Muscat, che nel corso delle indagini ha ammesso di aver messo in contatto l’amico imprenditore, su cui c’erano già dei sospetti dopo l’attentato del 2017, con il vicepresidente della Banca Rotschild, il banchiere italiano Paolo Scaroni, già amministratore delegato di Eni e presidente del Milan. Lo scopo sarebbe stato quello di valutare una proposta di cooperazione nella nascita di Electrogas, una compagnia che avrebbe dovuto fornire energia a tutta Malta.

Nel corso del processo l’accusa e la parte civile cercheranno di fornire ulteriori elementi. Molti aspetti sono ancora da chiarire. A cominciare dall'approvvigionamento dell’esplosivo. I fratelli Agius “gli intoccabili”, sono accusati d’essere stati gli esecutori materiali. Nelle loro attività criminali erano noti i legami con la mafia libica con cui avevano stretto patti per attività di contrabbando e con emissari di clan italiani.

Dopo l'attentato si aprese che Daphne Caruana Galizia stava anche indagando sul contrabbando di idrocarburi dalla Libia all'Italia attraverso esponenti dei clan libici (alcuni dei quali si sono poi rivelati essere al centro del traffico di armi ed esseri umani) e facendieri maltesi. Come poi altre inchieste giornalistiche sono riuscite a dimostrare (tra cui quelle di Avvenire) l'ntuizione di Caruana Galizia era corretta. Di recente alcuni noti imprenditori maltesi, già indagati dalla procura antimafia di Catania, sono stati arrestati a La Valletta proprio per quei reati, commessi d'intesa con mediatori di Cosa nostra siciliana. Una triangolazione, quella tra Libia-Malta-Sicilia che continua a vedere in azione anche alcuni degli interlocutori di Italia e Ue nella gestione dei flussi migratori lungo le medesime rotte del contrabbando di idrocarburi, armi e droga.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: