Nella sua diretta Facebook Matteo Salvini torna a parlare dei 35 euro al giorno per i richiedenti asilo e annuncia che «diventeranno molti, molti di meno. Abbiamo messo a punto un documento d’intesa con Anac e il presidente Cantone». Ma non è esattamente così. Fonti del Viminale completano la frase del ministro spiegando che potrà oscillare tra 19,33 e 26 euro la spesa pro capite giornaliera per l’accoglienza dei migranti, cifra indicata, si sostiene, del documento messo a punta da Ministero e Anac. Annunciando che il documento verrà presentato dallo stesso Salvini il 7 novembre a Regioni, Comuni e esperti del settore. Ma i fatti sono non poco diversi.
È vero che l’Anac ha lavorato assieme al Dipartimento libertà civili e immigrazione del Viminale, ma non si sono fatte cifre, né compaiono nel lavoro svolto dall’ufficio diretto da Cantone. Si è, invece, messo a punto un nuovo Capitolato e la stesura di sei differenti disciplinari di gara, e l’Anac si è occupata solo delle clausole aventi rilevanza in sede di disegno d’asta e di contratto con i criteri di valutazione delle offerte e le modalità di assegnazione dei punteggi. Predisponendo poi dei disciplinari diversi a seconda delle dimensioni, caratteristiche e esigenze dei diversi centri di accoglienza. Nessuna proposta sulle cifre, dunque, né 35 euro né altro. Inoltre, precisano ambienti dell’Anac, queste nuove regole non valgono per le gare già assegnate, per i centri in attività, per i contratti in corso. Per questi restano quelle vecchie e, dunque, i 35 euro, fino alla fine del contratto. Varranno, invece, per gli eventuali rinnovi, per i nuovi contratti. Eventualità residuale, visto che molti dei contratti in vigore dureranno ancora uno e due anni, e che vista la drastica riduzione degli sbarchi non ci sarà, almeno per ora, la necessità di aprire nuovi centri di accoglienza. C’è poi il rischio, molto concreto, che con le nuove cifre tagliate i bandi vadano deserti e si debba ricorrere a proroghe di quelli esistenti, ovviamente a 35 euro.
Ma vediamo cosa prevede il lavoro dell’Anac che segue quello già elaborato col precedente ministro dell’Interno, Marco Minniti, che riguardava però solo i Cara, in grandissimi centri di accoglienza, con presenze di centinaia di richiedenti asilo. Non ci sono gli Sprar, in quanto le gare vengono fatte dai comuni che partecipano al progetto. Ma, probabilmente, perché come denunciato dall’Anci il decreto sicurezza ne limita moltissimo l’attività. Ci sono, invece altre sei tipologie: i centri di accoglienza diffusa per un massimo di 50 posti, con condivisione di servizi di assistenza alla persona, utilizzo del Ssn per gli aspetti sanitari, e sostituzione dei servizi di pulizia e ristorazione con fornitura di prodotti e alimenti, che i migranti dovranno autogestirsi; centri di accoglienza collettiva con capacità ricettiva da 51 a 300 posti, in immobili del gestore; centri di accoglienza collettiva fino a 50 posti (non avranno un centro medico, ma prevederanno solo la reperibilità di un medico); centri di grande dimensione (oltre 300 posti) in edifici di proprietà pubblica, divisi in tre lotti, come già previsto dal Capitolato di Minniti; Hotspot, cioè i centri per l’identificazione dei richiedenti asilo, dove è previsto il pagamento al gestore di 25 presenze anche quando in realtà scendono sotto questo numero; Centri per i rimpatri (Cpr), previsti con capienza massima di 300 posti, in strutture messe a disposizione dall’Amministrazione. Questo è il lavoro svolto dall’Anac, nel quale non compaiono cifre, che invece toccherà al Viminale decidere.