lunedì 24 febbraio 2020
Una lettera letta in tutte le parrocchie nel Mercoledì delle Ceneri: una denuncia che si fa analisi dei comportamenti mafiosi e delle omissioni di tanti
Il corteo antimafia di Libera a Foggia dello scorso 10 gennaio

Il corteo antimafia di Libera a Foggia dello scorso 10 gennaio - Ansa

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"Come Pastori delle Chiese che sono in Provincia di Foggia, dinanzi ai recenti avvenimenti criminosi, facciamo nostre le parole del Profeta Isaia: “Per amore del nostro popolo non possiamo tacere!”". Lo scrivono i cinque vescovi della Capitanata in una lettera che sarà letta in tutte le parrocchie in occasione del Mercoledì delle Ceneri e che indica l'impegno per la Quaresima. "Ognuno di questi giorni sia tappa di legalità". Un intervento importante, il primo di tutte le diocesi insieme su questo tema, un appello al "coraggio" e alla "speranza", che arriva dopo una serie di gravi e preoccupanti episodi che in questi mesi hanno colpito il Foggiano accendendo i riflettori su questa terra. Un documento che parla di "cultura della minaccia" e di "risposta omertosa della società civile" e che proprio per questo prende spunto già nel titolo ("Per amore del nostro popolo") dalle parole di Isaia, le stesse del famoso documento/denuncia di don Peppe Diana e dei parroci di Casal di Principe. E il parallelo non è una forzatura.

Gli arcivescovi di Foggia-Bovino e di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, Vincenzo Pelvi e Franco Moscone, e i vescovi di Cerignola-Ascoli Satriano, Luigi Renna, di Lucera-Troia, Giuseppe Giuliano e di San Severo, Giovanni Checchinato, partono proprio dalla denuncia di quanto sta accadendo. E usano parole forti. "Gli episodi gravi e inquietanti a cui assistiamo (omicidi, tentati omicidi sparatorie, atti intimidatori ed estorsioni, furti e riciclaggio di denaro proveniente da spaccio e ogni tipo di malaffare) rendono l’intero nostro territorio ad alta esposizione mafiosa e impongono di convertirci ad un modo di vivere più trasparente, caratterizzato da onestà, rettitudine e legalità, promuovendo una società più giusta e fraterna".

Una denuncia che si fa analisi, non solo dei comportamenti mafiosi, ma anche delle omissioni di tanti "Tra noi, la “cultura della minaccia” corrisponde all’agire della mafia e della criminalità organizzata in genere; mentre la “paura” è la risposta omertosa e malata della società civile, che pensando di difendersi, si dà per sconfitta di fronte al male". I vescovi denunciano "l'impoverimento" del territorio, "sempre più caratterizzato da meno servizi, meno infrastrutture, meno lavoro e meno prospettive per tutti", una situazione che "causa una “desertificazione strisciante”, ossia la fuga dei giovani". E questo non può che favorire le mafie. Così "la Chiesa si sente impegnata a risvegliare le coscienze, educare al senso civico, formare persone che abbiano iI coraggio di assumere la responsabilità di essere onesti cittadini, promuovere la missione della politica e costruire modelli sani di imprenditorialità".

Ricordiamo che nel Foggiano negli ultimi anni sono stati sciolti quattro comuni per infiltrazione mafiosa, e attualmente sono commissariati proprio Cerignola e Manfredonia, per stretti intrecci tra clan, politica e economia. Di fronte a questo i vescovi affermano che però "è possibile costruire un futuro diverso che semina e raccoglie frutti di legalità, sconfiggendo le “strutture di peccato" e innescando alleanze positive per riedificare nella giustizia la casa comune della nostra Terra di Capitanata".

Ed ecco allora un primo accorato appello. "Fratelli e sorelle, coraggio! Non ci manchi il coraggio di fare un serio esame di coscienza, di denunciare, reagire e agire". Partendo proprio dal giorno delle Ceneri per porsi due domande: "La mia vita cammina nella giustizia e nella legalità? Cosa faccio per il bene e per il cambiamento di questa situazione?". Con l'impegno "ad abbandonare il desiderio di dominare gli altri", imparando "a guardarci a vicenda come persone, come figli di Dio, come fratelli, che testimoniano quella cultura dell’incontro così da non ignorare i deboli, scartare i più fragili e gli ultimi, idolatrare il denaro". Parole chiare di fronte a gravissimi episodi di sangue, a vendette e faide.

Per una "conversione, la rivoluzione che più ci serve, quella della giustizia e della legalità". Che vuol dire anche "essere più attenti alla vita delle nostre città, con uno stile di partecipazione democratica che sappia parlare il linguaggio del “noi” e non frantumarsi in molteplici egoismi, che prendono il posto del diritto, rendendo quasi invisibile il confine tra legale e illegale".

E qui il riferimento alle amministrazioni colluse è evidente. Ma la denuncia è l'occasione per ripartire. "Capitanata, non lasciarti rubare la speranza - è il corale appello dei vescovi -. Possiamo rialzarci solo se camminiamo insieme, ciascuno per la propria parte, evitando scontri o contrapposizioni, creando alleanze con tutti coloro che amano le buone pratiche e i comportamenti virtuosi". Certi che "Dio ci custodisce anche nella valle oscura della vita e non permette che iI buio del cuore spadroneggi nel nostro territorio".

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