Fiori, musica, discorsi e bandiere con il
volto di Lea Garofalo, e i segnalibro voluti dalla figlia Denise con
la scritta "Vedo, sento, parlo": si sono svolti così i funerali
della testimone di giustizia uccisa dalla 'ndragheta nel 2009, in una
piazza Beccaria gremita di folla, dove oltre 3mila persone si sono
strette per l'ultimo abbraccio alla donna che ha pagato con la vita
le sue denunce contro la criminalità organizzata. Il 24 novembre di
4 anni fa Lea è stata rapita, interrogata, uccisa e bruciata da
quattro uomini della 'Ndrangheta, tra cui l'ex compagno Carlo Cosco,
padre della figlia Denise.La bara che conteneva ciò che rimane di
Lea dopo lo scempio del suo cadavere - i frammenti ossei sono stati
ritrovati lo scorso anno in una buca scavata a San Fruttuoso, nei
pressi di Monza, grazie alla segnalazione di uno degli assassini - è
stata portata via tra gli applausi dal sindaco di Milano Giuliano
Pisapia, dal presidente di Libera don Luigi Ciotti, dal direttore de "La Stampa" Mario Calabresi, dal presidente onorario di Libera Nando
Dalla Chiesa e da due parenti delle vittime di mafia. Nelle oltre due
ore tra l'inizio della cerimonia e il momento in cui il feretro è
stato condotto via ci sono stati diversi momenti di commozione.
Denise, oggi 22enne, costretta a vivere in una località segreta
perché anche lei nel mirino della 'Ndrangheta è intervenuta in
audio per ricordare la madre: "Per me è un giorno triste - ha detto
tra le lacrime - ma la forza me l'hai data tu. Se è successo tutto
questo è stato solo per il mio bene, e non smetterò mai di
ringraziarti. Ciao". Il sindaco Pisapia ha affermato che oggi, ancora
più di ieri, Milano è una città antimafia: "Lea era consapevole
che lasciare la complicità criminale significava scegliere la paura
e la solitudine, ma era un percorso di giustizia. Lea ha fatto
rinascere la speranza", ha detto ancora il sindaco.Da una lettera mai spedita a Giorgio
Napolitano, scritta da Lea Garofalo qualche mese prima della sua
morte e letta dai volontari di Libera durante la cerimonia, emerge
tutta la solitudine e la disperazione della testimone di giustizia:
"Sono una madre disperata allo stremo delle sue forze - scriveva - e
mi trovo insieme a mia figlia isolata da tutto e da tutti. Ho perso
ogni cosa, il lavoro, ogni prospettiva di futuro, ma sapevo a cosa
andavo incontro con la mia scelta. Non posso cambiare il corso della
mia triste storia". Nella lettera, Garofalo chiedeva al Presidente
della Repubblica una risposta e un segnale di speranza "per le decine
e decine di persone nelle mie condizioni".
Nel suo discorso don Luigi
Ciotti ha definito Lea "una martire di verità, una testimone di
verità: Il tuo cuore e la tua coscienza sono sorgenti di libertà.
Hai rotto il codice di silenzio delle mafie, quei codici che a volte
abbiamo anche tutti noi, con la nostra mafiosità". Don Ciotti si è
poi rivolto ai tanti giovani inghiottiti dalla mafia, invitandoli a
contribuire alla verità. Per l'ultimo saluto a Lea la figlia Denise
ha scelto le canzoni che la donna amava: L'ombra della luce di Franco
Battiato, Gli angeli di Vasco Rossi, I tuoi occhi sono pieni di sale
di Rino Gaetano e Ave Maria di Fabrizio De Andrè.