La nuova legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento si sviluppa intorno a sei parole chiave. Ecco un dizionario per comprendere contraddizioni e contenuti reali della nuova norma.
1 - Consenso informato
Lo definisce il comma 3 dell’articolo 1, secondo cui «ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi ». Il comma 2 lo vede quale luogo d’incontro tra «l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico», mentre il comma 1 lo pone quale condizione senza la quale «nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito».
2 - Idratazione e nutrizione
Le cita il comma 5 dell’articolo 1 nell’ambito del consenso informato, disponendo che queste pratiche, «ai fini della presente legge, sono da considerarsi trattamenti sanitari», e che dunque possono essere sospese a richiesta. In tal caso, però, «il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative », nel contempo promuovendo «ogni azione di sostegno la paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica». La norma introduce quindi una sorta di eutanasia omissiva, e cioè la possibilità per un malato di obbligare il medico a procurargli la morte attraverso l’astensione da un atto vitale: nella fattispecie, la somministrazione di acqua e cibo.
3 - Disposizioni anticipate di trattamento
Mentre due documenti del Consiglio d’Europa (la 'Guida' sul fine vita del 2014 e la Convenzione di Oviedo del 1997) prevedono che le cosiddette «dichiarazioni anticipate di trattamento » abbiano valore indicativo, l’articolo 3 della legge le trasforma in «disposizioni» vincolanti: «Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere - recita la norma - in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso le Dat, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari». Il comma 5 precisa poi che «il medico è tenuto al rispetto delle Dat», a meno che al momento di attuarle «sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione». Toccherà ai giudici dirimere i contrasti che sorgeranno in concreto circa queste «terapie non prevedibili».
4 - Fiduciario
È la figura prevista dal comma 1 dell’articolo 3, che, indicata nelle Dat, al momento del bisogno farà «le veci» del paziente e lo rappresenterà «nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie». In tali casi, qualora il medico non intendesse assecondare la precedentemente espressa volontà del paziente a che sia sospesa ogni terapia, perché nel frattempo sono venute a esistere cure per quella situazione specifica, il fiduciario che non concordasse con il sanitario potrà anche in questo caso rivolgersi al giudice.
5 - Minori e incapaci
Secondo il comma 1 dell’articolo 2, «il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore». Negli altri casi, la volontà sarà espressa dalla figura di riferimento (amministratore di sostegno, tutore eccetera) «tenendo conto della volontà del beneficiario» (comma 3). Il comma 4 prevede poi un ulteriore intervento del giudice qualora, in assenza di Dat, chi deve decidere per il minore o l’incapace «rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie». La norma, dando la possibilità a tutori, curatori, amministratori di sostegno eccetera di decidere autonomamente per la persona che custodiscono, rischia di favorire abusi: molto spesso, infatti, queste figure hanno interesse a che venga meno la persona di cui sono responsabili.
6 - Obiezione di coscienza
Prevedendo la legge, una sorta di eutanasia omissiva, non avrebbe potuto non assicurare quel diritto costituzionalmente protetto che è l’obiezione di coscienza. Ma così come non parla esplicitamente di «morte a richiesta», allo stesso modo non utilizza la locuzione «obiezione di coscienza»: «Il paziente - si legge al comma 7 dell’articolo 1 - non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali. A fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali ». Dal momento però che per il comma 10 dell’articolo 1 «ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce la piena e corretta attuazione dei principi di cui alla presente legge », dovrà esserci un altro sanitario (così ha chiarito la relatrice della legge, Donata Lenzi) disposto a «staccare la spina». Anche nelle strutture cattoliche.