Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella - Ansa/Quirinale
Cresce il malessere sociale, il dialogo istituzionale non decolla, e anche nella maggioranza, con l’aggravarsi del contagio, affiorano distinguo e tensioni. Le tirate per la giacca, così, diventano veri e propri strattoni nei confronti del capo dello Stato affinché prenda in considerazione altre ipotesi: governo di tregua, larghe intese, le formule si sprecano. La domanda sorge spontanea: quante possibilità vi sono che si vada in questa direzione? Praticamente nessuna. Sia chiaro, se giungesse notizia al Quirinale che si intende dar vita a un governo di coalizione modello “Ursula” il più felice sarebbe proprio Sergio Mattarella. Ma dai due maggiori partiti di opposizione i segnali sono tutt’altri. La disponibilità – eventuale – di Forza Italia ad aprire una stagione nuova si scontra con l’indisponibiltà del partito di maggioranza relativa, essendo prevedibile che un M5s che fatica a digerire l’alleanza col Pd andrebbe in frantumi se la foto di gruppo si allargasse a Silvio Berlusconi. Mentre la disponibilità di Giorgia Meloni resta subordinata all’improponibile contropartita che, finita l’emergenza sanitaria, l’arbitro decreti la fine delle ostilità, e si torni alle urne.
Accade di tutto in quest’epoca di pandemia, scienziati che firmano appelli al capo dello Stato come se non si sapesse che il Quirinale non ha compiti operativi. L’ultima, ieri, è quella del sindaco di Siena che chiede a Mattarella di intervenire persino sugli orari di chiusura. E mentre gli si attribuiscono poteri che non ha, su quelle che sono le sue prerogative (su incarico al capo del governo e fine legislatura) in tanti si esercitano, viceversa, a dettargli il da farsi.
Nella piazza la comprensibile esasperazione di categorie più colpite viene cavalcata da centri sociali e destra estrema, una miscela pericolosa alla quale si assomma la spinta più ovattata di settori influenti del mondo economico a decretare una presunta inadeguatezza del governo in carica. Ma Mattarella, di fronte all’esigenza imposta dalla pandemia di non lasciare il Paese senza un governo pienamente in sella, ha messo in campo una sorta di “sfiducia costruttiva”, affidata alla responsabilità di tutti: finché non si intravede un’altra maggioranza, meglio dare una mano a quella che al momento appare come l’unica possibile.
Stando agli “strattonatori”, Mattarella dovrebbe invece farsi sentire di più, ma l’inquilino del Colle non ha alcuna voglia di aumentare la confusione con sue esternazioni o pressioni indebite. Quando c’è stato da intervenire – per stoppare, ad esempio, la norma che introduceva controlli nelle private abitazioni – il capo dello Stato non ha mancato di difendere le prerogative del Parlamento e l’intangibilità di diritti costituzionali. E non ha mai cessato di indicare nella «leale collaborazione » fra governo e Regioni (14 su 20 in mano al centrodestra) le “larghe intese” possibili.
Per questo viene guardato con favore sul Colle il lavoro del presidente dei Governatori Stefano Bonaccini, che si è fatto garante, con Mattarella, della tutela dei diritti dei portatori di handicap in questa fase delicatissima, come anche l’appello venuto ieri dal segretario del Pd Nicola Zingaretti alle opposizioni , e la positiva risposta venuta da Berlusconi.
Di fronte alle palesi difficoltà dell’esecutivo, le forze responsabili, negli auspici di Mattarella, devono fare di tutto per tenere il treno sui binari. D’altronde se per un quarto del Paese negazionismi ed egoismi vari alimentano la contestazione delle misure adottate, la stella polare del Colle non può non tener conto che, stando agli ultimi rilevamenti, la stragrande maggioranza considera viceversa queste norme congrue o addirittura ne auspica di più rigide. D’altronde, si ragiona al Quirinale, se in Francia e in Germania si va verso chiusure totali, lo sforzo di tutti dovrebbe andare verso l’attuazione rigorosa delle norme, non della loro messa in discussione, con lo scrupolo ulteriore che ognuno potrebbe darsi anche da solo. Nella convinzione che, nel prossimo mese, l’Italia si gioca una gran parte del suo futuro.