«Mi preoccupa il clima di rifiuto, quasi di ripetizione degli sbagli del passato, dell’Italia e dell’Europa. Quando si comincia a dire che l’altro mi crea problemi, che l’altro è diverso e che è meglio che se ne vada, che ritorni a casa sua, è chiaro che si creano tensioni». Così parla l’arcivescovo di Capua, Salvatore Visco. L’occasione è il decimo anniversario della strage di Castel Volturno, sei immigrati uccisi dalla camorra il 18 settembre 2008. Strage a sfondo razzista. Il vescovo ha partecipato agli incontri pubblici nel municipio della cittadina domizia e poi sul luogo della strage. E riflette sui fatti di allora e su quelli di oggi. E in particolare su certe prese di posizione di uomini di governo. «Dovrebbero essere i nostri fedeli, i cristiani a non farsi catturare e ammaliare da idee diverse da quelle del Vangelo».
MonsignorVisco, cosa è successo in questi dieci anni? Non sembra essere cambiato molto.
Qualche piccolo miglioramento c’è. Però purtroppo il negativo sta nel fatto che non sono i migranti a creare il degrado. Il degrado è precedente alla loro venuta e continua a esserci perché sembra che l’interesse reale da parte degli organi dello Stato sia solo parziale. Quindi, lo ripeto, non è il numero dei migranti che crea il disagio sociale, c’era anche prima.
In questi dieci anni e anche prima la Chiesa c’è sempre stata. Non ha aspettato la strage.
No, tanto è vero che il mio predecessore, monsignor Schettino, che era molto vicino a questa pro- blematica anche perché presiedeva la Commissione Migrantes della Cei, fu il primo ad arrivare sul posto dopo la strage, prima ancora delle forze dell’ordine. Aveva già intuito la situazione. Ma precedentemente già monsignor Diligenza col Centro Fernandes aveva creato un presidio di attenzione, di legalità, di umanità. È chiaro che quello che facciamo è sempre poco, però il punto di riferimento è la presenza sia dei sacerdoti diocesani sia dei Padri comboniani che diventa un presidio di attenzione.
Lei più volte è intervenuto sul dramma dell’immigrazione e sul dovere dell’accoglienza, ricordando gli inviti del Papa.
Ne ho parlato anche in occasione della recente festività di San Roberto Bellarmino con l’apertura dell’Anno pastorale. L’ho fatto per ricordare l’anniversario della strage ma anche per dare una risposta a dei social che nei giorni scorsi avevano parlato di 40 migranti che sarebbero arrivati a Capua, creando un allarmismo nella città. In realtà erano solo quattro e ospiti della Diocesi. Ho detto che innanzitutto queste persone non devono far paura, poi ho parlato di chi è già ospite al Fernandes: solo 14. E ho aggiunto che spesso questi sventurati vengono portati dalle Forze dell’ordine che non sanno dove portarli. Ma sanno che al Fernandes c’è qualcuno che li accoglie.
Cosa la preoccupa?
Quello che fa paura è il clima di tensione che si sta creando nel Paese. La situazione attuale dal punto di vista degli intendimenti di coloro che ci governano è più pericolosa di quella di qualche anno fa. Quando almeno c’era l’intenzione di fare diversamente.
La Chiesa fa già tanto come accoglienza e denuncia quello che non va. Cosa si può fare ancora di più, soprattutto per abbassare questo clima?
Dovrebbero essere i nostri fedeli, i cristiani a non farsi catturare e ammaliare da idee diverse. L’impianto della vita di un credente non è altro che il Vangelo. E allora se il credente che viene in chiesa comincia anche lui a ipotizzare che il nero è quello che gli dà fastidio oppure ripete a volte in maniera sconsiderata 'tornatevene a casa', si dimentica anche quello che siamo stati noi. Siamo al Sud, si dimentica la nostra storia. I nostri parenti e amici che andavano negli Stati Uniti o in Svizzera o in Belgio o anche solo al Nord Italia forse non erano accolti così bene come sarebbe giusto.
E invece?
Non possiamo cambiare la verità storica. Noi del Sud che abbiamo sofferto queste emarginazioni come facciamo a pensare diversamente? E soprattutto noi credenti. Il Signore ci ha detto 'ero forestiero e mi avete accolto'. La grossa contraddizione è proprio in questo. È lecito pensare diversamente, anche gli uomini di governo, ma non distruggere la storia di una nazione.
Monsignor Visco: «Quello che fa paura è la tensione che si sta creando nel nostro Paese»
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