lunedì 23 settembre 2024
La catena fra Russia e Mongolia, in questa stagione, si colora di un giallo vivo che la rende di un fascino irresistibile. Un sogno breve fra la coda dell'estate e l'inverno delle nevi

L’autunno è forse la stagione più affascinante per chi ama la fotografia. I colori caldi con cui la natura si avvia al termine del suo ciclo vitale annuale trasformano molti angoli del mondo in un dipinto. L’autunno è ufficialmente iniziato da due giorni, e se per noi italiani ci vorrà almeno ancora un mese perché i boschi e le montagne del nostro paese si tingano di giallo, arancione, rosso e ocra, ci sono luoghi del mondo dove questo meraviglioso processo è già in corso. Oggi vi porto in uno di questi luoghi, che a fine settembre mostra il suo volto più affascinante: i Monti Altai.

Gli Altai sono le montagne che segnano il confine tra Russia e Mongolia, nell’estremo est siberiano. “Altai” significa letteralmente “montagne d’oro” e queste parole sembrano assumere il loro pieno significato proprio durante l’autunno, quando i larici, che costituiscono quasi interamente la vegetazione di queste montagne, assumono quel colore giallo vivo che è il tratto distintivo di questi monti. I paesaggi degli Altai sono unici al mondo, sia che li si osservi dal lato mongolo o dal lato russo. Le montagne hanno ad un tempo le forme aguzze e sontuose delle montagne rocciose nordamericane, ma l’atmosfera sacrale e meditativa delle Ande sudamericane, e ciononostante si uniscono in un matrimonio che ha tutte le caratteristiche più sottili dell’Asia, e del silenzioso oriente. Le punte innevate creano con le macchie dorate di larici un contrasto dal fascino irresistibile. Nelle vallate solo piccoli villaggi, abitati da popolazioni ancora dedite ad attività tradizionali come la pastorizia, e la cui spiritualità ruota intorno alle antiche tradizioni sciamaniche dell’estremo oriente asiatico.

La strada che unisce la città di Novosibirsk, in Russia, fino al confine mongolo, segue in gran parte il corso del fiume Chuya, ed è per questo stata battezzata “Chuisky Trakt”. Solo negli ultimi 20 anni questa strada è stata asfaltata e resa facilmente percorribile, ma fino agli anni 90 era una strada sterrata, derivata dai lavori forzati dei prigionieri dei Gulag di Stalin, come del resto ogni grande infrastruttura in Siberia. La bellezza dei paesaggi di questa strada fece sì che il National Geographic la inserisse al 5° posto di una speciale classifica dedicata alle strade più spettacolari del mondo, e non posso che essere assolutamente d’accordo. Pochi luoghi hanno suscitato in me emozioni così forti come queste montagne dal fascino antico, pacifico, la cui forma e i cui colori fanno sorgere spontaneamente un desiderio di contemplazione e gratitudine per l’infinita bellezza della natura e del creato.

Sul finire di settembre, il “Chuisky Trakt” prende il temporaneo soprannome di “strada dorata”, per quella meravigliosa combinazione di luce calda tipica di questa stagione e di grandi chiazze dorate di larici pronti a cedere il passo all’inverno. Non è raro imbattersi in nevicate precoci anche a bassa quota, ma ancora più frequente è l’incontro con i veri padroni di queste montagne, che meglio di chiunque altro sanno assaporarne la libertà e gli spazi sterminati: i cavalli Altai, una delle razze equine più antiche del mondo, nonché tra le più resistenti, stanti le condizioni climatiche estreme tipiche della regione, specialmente in inverno. Nei mesi più freddi le temperature sugli Altai possono raggiungere i -40 con facilità, ed è anche per questo che l’autunno, qui, ha vita assai breve: è come un sogno che ruba qualche giorno all’estate e qualche altro alla lunga stagione delle nevi, regalando agli occhi la quintessenza di questa parte di mondo che rimane perlopiù, ad oggi, un tesoro nascosto, una gioiello che riserva la sua bellezza agli occhi di chi è disposto ad andarla a cercare nonostante le difficoltà che necessariamente accompagnano un viaggio tra queste vette, che nel corso dell’anno sono tra i primi luoghi al mondo a dare il benvenuto a quel meraviglioso festival di colori che comunemente chiamiamo “autunno”.


Chi è

Stefano Tiozzo, nato a Torino nel 1985, fotografo paesaggista, documentarista, storyteller e scrittore. Laureato in Odontoiatria e protesi dentaria, dopo nove anni di professione abbandona la medicina per dedicarsi a tempo pieno alla sua vocazione che diventa la sua specializzazione: viaggi e natura. Il suo canale YouTube è uno dei principali canali di viaggio in Italia, conduce workshop fotografici in tutto il mondo, con un focus particolare sui viaggi nell'Artico, dedicati principalmente alla caccia all'aurora boreale. Tiene regolarmente corsi di fotografia e negli anni ha collaborato con diversi brand, numerosi enti locali del turismo italiani e per la Commissione Europea. Ha pubblicato tre libri per Ts Edizioni, il best seller “L’anima viaggia un passo alla volta” (2020), “Una scelta d’amore” (2021) e “L’altra faccia della Russia” (2022). Nel 2019 ha fondato “Seva project”, un progetto di documentario ambientale volto a finanziare progetti di riforestazione nel Sud del mondo, giungendo a piantare oltre 8000 alberi.

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