![«Noi siamo le vittime di Almasri. Questi sono i suoi crimini» «Noi siamo le vittime di Almasri. Questi sono i suoi crimini»](https://www.avvenire.it/c/2025/PublishingImages/f768af38c7fd4085aff4f88efea42b3d/Lam-Magok,-rifugiato.jpg?width=1024)
Ansa
«Non posso dimenticare quello che Almasri mi ha fatto e gli è consentito di continuare a fare perché lo sogno tutte le notti. È un incubo che mi perseguita», sono le parole del sudanese David Yambio, cofondatore e portavoce di Refugees in Libya, che ieri alla conferenza stampa organizzata dalle opposizioni a Montecitorio, ha testimoniato insieme ad altri rifugiati le torture nei campi di detenzione perpetrate anche da Osama Almasri, il generale che dirige il lager di Mittiga, liberato dall’Italia.
Insieme agli altri «in qualità di sopravvissuti e vittime di Almasri», Yambio ha scritto una lettera alla premier Meloni, ai ministri Nordio e Piantedosi e al sottosegretario Mantovano, con cinque richieste: la cessazione immediata degli accordi tra Italia e Libia che consentono gli abusi nei confronti dei migranti; un impegno per il rilascio di coloro che sono nei centri di detenzione in Libia; una spiegazione ufficiale del perché Almasri sia stato rilasciato; un percorso legale per i migranti intrappolati nei lager e la riapertura dell’ambasciata italiana a Tripoli per l’ottenimento dei visti umanitari. I membri di Refugees sono tra coloro che sono riusciti a scappare da quell’inferno in cui ancora oggi in migliaia soffrono. «Siamo testimoni di tantissimi crimini dei quali è responsabile Almasri, che coordina direttamente quel meccanismo portato ancora avanti indisturbato, fatto di sparizioni forzate, torture, violenza e schiavitù – ha raccontato ancora Yambio –. Io stesso come tanti sono stato catturato dalla guardia costiera libica, venduto da un centro di detenzione all’altro, finché sono arrivato a Mittiga». Tra i testimoni delusi per la liberazione di Almasri, c’era anche Mahamat Daoud, del Sudan, «un Paese dilaniato dalla guerra che non mi ha mai potuto rilasciare un passaporto». Dopo aver vissuto in un campo per rifugiati, «anch’io mi sono ritrovato nell’inferno libico e nel 2021 ho manifestato insieme a David davanti all’Unhcr per denunciare cosa succedeva, una protesta che le guardie libiche hanno represso con violenza portandoci poi in quei lager sotto il controllo di Almasri».
Adesso i testimoni dei suoi abusi chiedono che tutti i colpevoli «siano portati davanti ai tribunali e processati», ha continuato Lam Magok, del Sud Sudan e torturato a Mittiga: «Da quel campo ho provato a scappare. Non sapevo quanto fossero alte le mura di recinzione e i miliziani mi hanno catturato. Almasri arrivò con una pistola e minacciò di uccidermi. Non l’ha fatto, ma mi hanno torturato per cinque giorni». Magok nei campi ha dovuto anche seppellire cadaveri lasciati lì da giorni, senza mascherina né guanti, «una cosa che non dimenticherò». Ma ora si chiede, «come sia stato possibile per Meloni, “madre e cristiana”, rendersi complice di un criminale che tortura e uccide anche bambini tutti i giorni».