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Resta ancora alta la tensione all'interno della maggioranza sulla prescrizione. Anche se il governo non presenterà un emendamento al decreto Milleproroghe per inserire il cosiddetto "lodo Conte bis". Il governo, infatti, ha dato parere contrario all'emendamento 8.56 al Milleproroghe, che prevede il rinvio al gennaio 2021 dell'applicazione della legge Bonafede sulla prescrizione. La maggioranza è intenzionata a inserire in un disegno di legge, da presentare in Cdm già giovedì, il "lodo Conte bis". Sull'ipotesi però resta la contrarietà di Italia viva che reputa incostituzionale la distinzione tra sentenza di assoluzione e sentenza di condanna in primo grado prevista dal lodo.
«La decisione del governo mi sembra un gesto di buon senso, che evita forzature e spaccature. Lo apprezzo. Quando arriverà la legge sulla prescrizione in aula noi voteremo coerenti con le nostre idee e il garantismo che ci caratterizza. Adesso concentriamoci sull’emergenza crescita, sulla produzione industriale, sui dati negativi del Pil. L’Italia ha bisogno di ripartire dall’economia», commenta a caldo Matteo Renzi, che ieri per impedire il «blitz» del governo era arrivato a minacciare di presentare una mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia Bonafede. La conferma arriva anche da Stefano Ceccanti, deputato Pd, su Facebook: «I lavori di commissione sul Milleproroghe sono ripresi, finiranno giovedì pomeriggio per andare in aula venerdì, non pervenuti emendamenti prescrizione. Su quell'articolo, l'8, si dovrebbe votare oggi pomeriggio #opencamera».
La spaccatura politica su un tema sensibile sia per Renzi - che rivendica il suo «garantismo» - sia per il M5s che della battaglia contro la giustizia «per i furbi» ha fatto una bandiera, però, rimane tutta. Resta l’irritazione sia del premier Giuseppe Conte che del Pd e degli altri partiti per l’atteggiamento di Renzi: «Italia Viva a parole è nata per allargare il campo democratico ai moderati contro Salvini. Oggi è invece la principale causa di fibrillazione e sta facendo un favore a Matteo Salvini - dice il segretario del Pd Nicola Zingaretti - C'era una volta una bella trasmissione di Arbore, con il grande comico Catalano... se un partito presenta una mozione di sfiducia al governo di cui fa parte la risposta è nelle cose. Io credo che sia appunto parte di un insopportabile teatrino della cattiva politica di cui gli italiani non ne possono più. Nel merito della prescrizione, penso che la soluzione sia a portata di mano se c'è volontà politica».
«L'atteggiamento di Italia Viva non lo comprendiamo. Non comprendiamo se sta facendo l'opposizione al posto di Salvini, Meloni e Berlusconi. In ogni caso se vuol fare qualcosa di buono per gli italiani può mettersi a lavorare con noi per la riforma del processo penale, per ridurre i tempi», sostiene il capo politico del Movimento 5 Stelle Vito Crimi rispondendo ai giornalisti.
Intervenire con un emendamento al Milleproroghe sulla prescrizione significa utilizzare «un mezzo già dichiarato incostituzionale». Lo ha evidenziato il presidente dell'Unione delle Camere penali Giandomenico Caiazza, conversando con i giornalisti e riferendosi a «una sentenza della Consulta, firmata dall'attuale presidente Marta Cartabia, che nel 2014 dichiarò che in materia penale non si può intervenire utilizzando questo strumento». «Tra posizioni inconciliabili - dice Caiazza, riferendosi alle divisioni nella maggioranza - l'unica mediazione possibile è la sospensione dell'efficacia della riforma Bonafede. Noi siamo d'accordo, così come sul lavorare tutti sui tempi dei processi. Ed è l'unica mediazione che Bonafede aveva già accettato», dice alludendo al fatto che con il precedente governo si era stabilito che lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado sarebbe entrato in vigore solo dopo la riforma del processo penale.
Sulla prescrizione soffia aria di crisi
Sulla riforma della prescrizione si è rischiata ieri - ma anche stamattina - la crisi di governo, poi la decisione di abbassare i toni, anche perché i nodi tecnici sull'emendamento sono stati ritenuti insormontabili. Ma la partita è solo rinviata. «Conte dice se ne vadano? Di fronte a simile capacità di mediazione del premier, che dire? Che ci caccino o che ce ne andiamo noi, il risultato è abbastanza uguale, è solo una questione semantica. La conclusione sembra essere questa ovvero che il problema è che Italia Viva se ne deve andare. Allora basta presentare l'emendamento al Milleproroghe e otterranno il risultato. Noi a quel punto presentiamo la mozione di sfiducia a un Ministro che preferisce una provocazione a una discussione di merito». Ettore Rosato, presidente di Italia Viva, intervistato in Circo Massimo su Radio Capital, spiega così la posizione del partito di Matteo Renzi nel duello con il resto della maggioranza sulla questione prescrizione. Quindi interviene Renzi che, intervistato ad Agorà su Rai Tre spiega che la battaglia sulla prescrizione non vale la caduta del governo: «Per me no. Lo dica a Bonafede, se lo incontra», risponde. «Ciò che faremo nei confronti del ministro della Giustizia - aggiunge - lo verificheremo alla luce dei comportamenti del ministro stesso». «Teresa Bellanova ha sempre ragione", ribatte Renzi, sempre ad Agorà, alla domanda se lui sia d'accordo con Teresa Bellanova che ha detto che il governo sulla prescrizione rischia. «Noi saremo conseguenti con il nostro impegno di non votare questa norma. E a chi dice che Renzi farà l'accordo per due poltrone, dico le poltrone tenetevele, noi ci teniamo i principi e gli ideali».
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Rilancio dopo rilancio, sulla prescrizione la maggioranza tira fuori le armi che possono fare davvero male al governo. Di fronte all’ipotesi che il governo presenti un emendamento al 'milleproroghe' con il cosiddetto lodo Conte-2, con tanto di doppia fiducia alla Camera e al Senato, Italia Viva risponde con una minaccia che fa traballare l’esecutivo: una mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, capodelegazione M5s nell’esecutivo. A metterla sul tavolo concretamente non è il leader Matteo Renzi, ma lo 'scudiero' Roberto Giachetti: tant’è, smentite non ne arrivano e anzi Iv rivendica l’opzione in più momenti della giornata.
La reazione del Pd e di M5s è vibrante e ai massimi livelli. «Sfiduciare Bonafede significa sfiduciare il governo», sentenzia il ministro della Cultura, Dario Franceschini, che guida la pattuglia dei ministri dem. «Se Iv vuole aprire la crisi lo dica», punta il dito il capo politico reggente dei pentastellati, Vito Crimi. Renzi, da parte sua, non smorza affatto, convoca i gruppi in serata a Palazzo Giustiniani e incalza: «Non cediamo di un centimentro, è una ' fake news' che aspettiamo le nomine di marzo, non ci conoscono », dice riferendosi alle imminenti scelte governative nelle partecipate pubbliche. È un imbuto che si stringe. Nel merito, nelle commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera, a sera non è pervenuto alcun emendamento dal governo. Fatto che ha semiparalizzato i lavori.
Da Palazzo Chigi fanno sapere che l’inserimento del lodo Conte-2 nel decreto in esame a Montecitorio resta una possibilità, nonostante le difficoltà tecniche e giuridiche. Ma l’alzata di scudi di Iv, che considererebbe l’emendamento M5s-Pd-Leu come una 'espulsione' dalla maggioranza, un rallentamento della corsa l’ha prodotto. I renziani fanno sapere che non lo voterebbero in commissione e probabilmente troverebbero un modo per non dare la fiducia all’esecutivo, anche astenendosi o uscendo dall’aula. Ma un fatto del genere già segnerebbe una crisi in fase avanzata. La minaccia della mozione contro Bonafede, poi, avrebbe possibilità di essere approvata al Senato, dove i numeri sono ballerini e anche il centrodestra moderato avrebbe difficoltà a garantire voti a Conte. Il «no» dei renziani è anche all’ipotesi di un decreto, e questo rafforza chi, nel resto della maggioranza, accusa Iv di rifiutare qualsiasi mediazione. Però l’ipotesi del decreto resta in ballo e, anzi, potrebbe riprendere quota alla luce dei forti dubbi sull’ammissibilità di un emendamento al milleproroghe (decisione che spetta al presidente Roberto Fico).
In generale, potrebbe avere qualche effetto la proposta di lasciar perdere il milleproroghe e tornare in Cdm per varare un testo che poi potrebbe confluire anche nell’esame del ddl del forzista Enrico Costa, atteso il 24 in aula alla Camera. Il Cdm, intanto, non è previsto prima di giovedì: potrebbe essere un piccolo segnale distensivo. Insomma, tentativi di mediazione sono ancora in corso. Sono ore in cui anche la vigilanza del Colle è salita di livello. Il Quirinale, innanzitutto, respinge i tentativi di attribuirgli giudizi preventivi di ammissibilità o di costituzionalità sull’emendamento o su un decreto. Ma è anche un modo per richiamare la maggioranza ad assumersi le proprie responsabilità di fronte a nuovi venti di crisi. Insomma, nessuno provi a ripararsi dietro al Colle sullo 'strumento' da adottare. Per altri versi, il fatto che il Quirinale abbia voluto sgomberare il campo dalle voci che lo definivano contrario - in particolare - al decreto legge, potrebbe essere letto come un invito a riprendere la strada di un testo ad hoc, anche d’urgenza, frutto di una nuova mediazione.
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L'analisi - I dubbi su un muro contro muro sfuggito di mano
Che ci si affidi alla matematica dei numeri parlamentari, o a meno oggettivi ragionamenti politici di medio termine, risulta difficile comprendere fino in fondo la radicalizzazione di Renzi da una parte e M5s dall’altra sul tema della prescrizione, con Pd e Conte rimasti nel guado nell’ingrato compito di elaborare e vedersi respinte proposte di mediazione. Gli ultimi fatti, ovvero un patto a tre Pd-5s-Leu senza Italia viva, e la successiva minaccia di una mozione di sfiducia dei renziani al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, assolvono sì al compito di caratterizzare le posizioni sul mercato politico su un tema delicatissimo come quello della giustizia, ma aprono per l’ennesima volta lo scenario di una crisi di governo di difficile ricomposizione. È davvero questo che vogliono i protagonisti di questa vicenda? La sensazione, piuttosto, è che ci si sia infilati in un muro contro muro convinti che la controparte, prima o poi, avrebbe ceduto. Nessuno pare avere tra le mani un piano-B a poche settimane, tra l’altro, da un referendum costituzionale e a ridosso di una intensa tornata elettorale regionale. Restano interrogativi anche sull’efficacia in termini di consenso di questa lunga pre-crisi mentre abbondano dati economici, occupazionali e industriali sempre più allarmanti.