martedì 10 dicembre 2024
Scoperto all'Humanitas, per la prima volta, il meccanismo autoimmune responsabile della progressione della malattia, principale causa di disabilità e mortalità nella popolazione anziana
Da sinistra, Condorelli, Cremonesi e Kallikourdis

Da sinistra, Condorelli, Cremonesi e Kallikourdis - Ufficio stampa Humanitas

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Se i risultati ottenuti sui modelli sperimentali venissero confermati sull’uomo, la storia dello scompenso cardiaco, prima causa di disabilità e morte nella popolazione anziana dei Paesi industrializzati (in Italia ne soffrono 600.000 persone), subirebbe una rivoluzione epocale. Grazie a una scoperta italiana condotta dai ricercatori dell’Irccs Humanitas di Rozzano (Milano), secondo i quali la progressione dello scompenso non ischemico (cioè non causato da infarto) non è una malattia meccanico-metabolica bensì una reazione autoimmune contro i tessuti del cuore sottoposti a stress. Una condizione, e questa è la seconda notizia di rilievo, che potrebbe essere prevenuta da un vaccino, il cui prototipo è già stato sviluppato in Humanitas.

Per dirla in altri termini: il muscolo cardiaco, a causa dell’età o per via di restringimenti vascolari che ne aumentano lo sforzo, fatica a pompare il sangue in circolo. A questo punto, alcune molecole prodotte dal cuore sotto stress vengono riconosciute dai linfociti T (nostre cellule immunitarie) che migrano all’interno dell’organo e attivano processi infiammatori che ne compromettono la funzione. Insomma, i linfociti T, invece di fare quello che sono chiamati a fare, ovvero difenderci da attacchi esterni, pregiudicano il funzionamento del cuore. Osservando questo processo, gli scienziati hanno percorso una strada più che promettente: hanno infatti isolato alcune delle molecole che generano la risposta autoimmune e, come spiega una nota dell’ospedale milanese, «le hanno utilizzate per produrre un vaccino che, a differenza di quelli tradizionali che attivano il sistema immunitario», paradossalmente «addestra quest’ultimo a non attivarsi. Un cosiddetto vaccino “tollerizzante”». Testato in un modello sperimentale della malattia, l'antidoto «è riuscito a prevenire l’infiammazione e a migliorare la funzione del cuore».

Lo studio, pubblicato su Circulation Research, è stato guidato da Marinos Kallikourdis, professore associato di Humanitas University e responsabile del laboratorio di Immunità adattiva, e da Gianluigi Condorelli, ordinario nello stesso ateneo e direttore del Programma di ricerca di cardiologia e del Cardio Center di Humanitas. «Il lavoro - dicono i due - dimostra per la prima volta che lo scompenso cardiaco non ischemico ha delle forti componenti autoimmuni: la sua progressione è guidata dal riconoscimento di specifiche molecole, i cosiddetti auto-antigeni, da parte dei linfociti T. Queste molecole sono sufficienti a produrre i sintomi, che a loro volta possono essere trattati agendo sul meccanismo di attivazione immunitaria». È un risultato «importante, anche se per ora limitato al modello sperimentale della malattia. I prossimi passi saranno di validare anche in contesi clinici quanto ottenuto, e proseguire nello sviluppo di modalità idonee per poter portare il nuovo set di soluzioni al letto del paziente in modo sicuro. Una strada lunga ma che vale la pena percorrere».

L'Irccs Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano

L'Irccs Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano - Ufficio stampa Humanitas

Oltre a dimostrare in laboratorio che «queste molecole sono sufficienti ad attivare il sistema immunitario e ridurre la funzione del cuore», aggiunge Marco Cremonesi, ricercatore di Humanitas e tra i primi autori del lavoro, «abbiamo analizzato campioni di sangue provenienti da pazienti con scompenso cardiaco e abbiamo rilevato in essi la presenza di cellule del sistema immunitario in grado di riconoscere proprio quelle molecole: un’ulteriore prova della loro rilevanza clinica». Questi primi esperimenti, seppur preliminari, evidenzia Kallikourdis, «ci permetteranno di aprire la strada allo sviluppo di terapie innovative e più efficaci. In questo senso il prototipo di vaccino testato è un esempio promettente di come la cardio-immunologia può cambiare l’approccio alle malattie cardiovascolari».

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