venerdì 7 giugno 2024
I giorni in Umbria di un liceo catanese: i sogni dei ragazzi, la meraviglia di scoprire posti nuovi, l'occasione di conoscersi, chiacchierare, fare cose insieme. E il viaggio che non finisce
Ragazzi in gita scolastica

Ragazzi in gita scolastica - Ansa

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«L’amore è benzina!». Sono quasi le due di notte quando con questa frase Giuseppe, studente di liceo in viaggio di istruzione, stupisce i suoi compagni di classe, riuniti tutti in una camera e coinvolti in un intenso confronto sull’amore e sull’amare. Parole che riecheggiano l’indomani in pullman e che riaprono la discussione, trasformando quella sorta di girone dell’Inferno dantesco che sono gli ultimi posti in fondo, nel Paradiso del Sommo Poeta tra citazioni celebri, esperienze personali, «Prof, lei che ne pensa?» e il sottofondo musicale di Mina che canta «Mi sei scoppiato dentro il cuore all’improvviso...» che diventa alla fine un coro unico.

Nel tempo dei viaggi d’istruzione a scuola, di ritorno dall’Umbria con il liceo catanese in cui insegno, mi piace raccontarne alcune belle. Ma «belle» nel senso positivo, poiché a volte purtroppo queste esperienze si tingono di aspetti negativi e al rientro da docenti si è meno disponibili per l'anno successivo a ripeterle. Sicuramente è fondamentale la preparazione: quella degli studenti partecipanti e quella degli accompagnatori; qui vale davvero il proverbio «chi ben comincia è a metà dell'opera». Certo, gli imprevisti ci saranno e ci sono stati pure nel nostro caso, ma quando tutto è ben oliato anche questi si affrontano e si superano.
Lunga la preparazione, intensi i giorni sul posto, però in prospettiva c’è sempre il “dopo”, rientrati a scuola, che diviene “oggi” e “domani”. Portiamo a casa un album di fotografie nella memoria da sfogliare non per amarcord ma perché evocano un valore per il presente: da un lato volti, scene, paesaggi, dall’altro emozioni, desideri, ricordi. Sì, ricordi che come afferma Ruggero: «Sono per la vita e noi li abbiamo costruiti qui con serenità e sempre con il sorriso».

Rivedo gli studenti il giorno della partenza. Rivedo i primi passi una volta arrivati, il guardarsi intorno e le classiche domande «a che ora mangiamo» e «quando andiamo in albergo»? Rivedo le prime camminate insieme, il tour con la guida: il gruppo dei fedelissimi non si stacca mai e fa domande, il gruppo di chi è attento occasionalmente, quello dei distratti in ogni caso, quello di chi a ogni tappa si siede dovunque stanco morto. Rivedo il magico momento del tempo libero in cui rivivono gli “stanchi morti”, si riacquistano forze impensate prima, si destano gli animi di tutti tanto da non fare quasi in tempo a dare gli avvisi che già sono metri e metri lontani da te. Rivedo i pasti: chi mangia qualunque cosa, chi mangerebbe pure il compagno, chi non prende quasi nulla perché non l’ha cucinato la nonna, e poi gli immancabili seguaci dei fast food, che mangiano prima con tutto il gruppo e dopo in questi santuari del cibo. Rivedo il passaggio al supermercato: con i genitori ormai difficilmente si frequenta, ma in gita si riscopre la meraviglia di quando si andava da piccoli, e così si compra di tutto accertandosi che sia molto dolce o molto salato, abbondante e assortito. Rivedo la sera, dopo cena, lo stare insieme tra partite di ping pong, sfide a calcio balilla, giocate a carte, chiacchierate infinite; gli studenti splendidi e in forma che hanno ricaricato le batterie nonostante un’intera giornata fuori e io, sfinito ma contento, che non posso non cogliere l’occasione quasi unica di far conoscenza con quelli delle altre classi e conoscere meglio chi ho in aula tutti i giorni. Rivedo a colazione i volti assonnati e in quel momento sei quasi mamma e papà, nell’aria c’è una familiarità piacevole e naturale. Rivedo lo stupore, l’attenzione, la partecipazione del cuore dinanzi ai bei paesaggi, ai grandi monumenti, alle opere viste prima solo sui libri, al confronto con la cultura e con la bellezza.

Ma ogni viaggio comincia quando finisce. È vero, e vale anche per quelli d’istruzione. Vale soprattutto per le relazioni significative, i legami, le amicizie, gli affetti che nascono, si rafforzano, si scoprono, entrano un po’ in crisi proprio in quei tanto attesi giorni. Sì, perché spesso non importa tanto dove si va, ma con chi si sta; sono i compagni e certi prof l’anima del viaggio, sono loro quelli con cui attendere, sognare, formarsi, imparare, condividere, gioire, stancarsi, fare shopping, ogni tanto litigare, ballare, cantare a squarciagola, giocare, ascoltare, meravigliarsi. Alla fine dell’album della memoria – come una dedica indelebile – ci sono i volti pieni di gratitudine e in qualche caso di commozione al momento dei saluti finali; ci sono i ringraziamenti non scontati e genuini; ci sono gli abbracci inattesi di studenti conosciuti solo in quei giorni, ci sono ad esempio le parole di Vera che parla di «magnifica esperienza vissuta insieme», di Chiara che dice «grazie per l’attenzione e la cura che ci ha rivolto» e di Ginevra che dopo un cuore nella chat scrive: «Presto avrà la sua rivincita a carte».

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