E proprio l’attuale inchiesta, condotta dagli investigatori della Dia di Napoli, fa emergere come Chianese, malgrado arresti, sequestri e processi non intenda mollare l’affare. «Una vera propensione a delinquere», scrive il magistrato. Al punto da arrivare a minacciare degli imprenditori torinesi, con la forza intimidatrice del clan, per rientrare in possesso della società Mery Trans, azienda di trasporti molto preziosa nel settore rifiuti. L’accusa per Chianese e per il complice Carlo Verde è estorsione aggravata dal metodo mafioso. Fatti risalenti al 2005, a rischio di archiviazione perché allora non compresi fino in fondo, come scrive il gip, e ripresi in mano dal nuovo direttore della Dia napoletana, Giuseppe Linares, ex capo della Squadra Mobile di Trapani, con una lunga esperienza in inchieste sull’area grigia mafioso-imprenditoriale. Proprio quella di Chianese che, si legge nell’ordinanza, «ha operato con continuità fin dagli anni ’90 nell’altamente remunerativo settore degli illeciti smaltimenti di rifiuti in sinergia con la criminalità organizzata ».
Una sinergia che lo porta a chiedere l’intervento del clan per risolvere i suoi problemi. Come nella vicenda che lo ha portato nuovamente in carcere. Così il collaboratore di giustizia Francesco Della Corte, killer di primo piano, viene inviato a Torino per convincere gli imprenditori che avevano acquistato appena due mesi prima la Mery Trans, ad accollarsi un debito di 500mila euro e poi a mollare la società. Insomma una vendita fasulla, che potrebbe celare anche traffici di rifiuti dal Piemonte alla Campania. E per Chianese, oltre ai soldi, preme rientrare in possesso dei 12 camion che, riferiscono i collaboratori di giustizia, sono stati utilizzati proprio per portare rifiuti pericolosi nelle discarica Re- sit, quella dove tra l’altro vennero interrati i fanghi tossici provenienti dalla bonifica dell’Acna di Cengio, l’azienda al confine tra Piemonte e Liguria. Per questo il killer camorrista era necessario. «Ti spengo come una candela», è la minaccia del camorrista a uno degli imprenditori: «Gli dissi che gli avrei mozzato la testa», racconta ancora. E poi lo invita a recarsi nel casertano, per parlare con Chianese, «garantendogli l’incolumità».
Una frase che per i magistrati rappresenta bene il potere dell’imprenditore. Che addirittura arriva a chiedere al killer di uccidere un magistrato che «gli dava fastidio». «Il Verde - si legge ancora nell’ordinanza - gli aveva proposto l’incarico di eliminare un magistrato di Napoli che stava indagando su Chianese. L’avvocato era disponibile a pagare 500mila euro». Nel mirino molto probabilmente Alessandro Milita, pm al processo Resit. Della Corte «rilancia a 1 milione di euro», e Verde lo rassicura che si può fare. Un progetto confermato da un altro collaboratore di giustizia, Salvatore Laiso, perché diceva che «la legge gli stava addosso». Progetto fermato solo dal precedente arresto di Chianese. Che non ferma l’imprenditore che ha continuato a far scaricare rifiuti industriali anche nelle sua cave poste sotto sequestro. Un sorta di impunità, forte di rapporti politici che portarono anche all’utilizzo delle sue discariche nelle fasi più drammatiche dell’emergenza rifiuti in Campania. Ora la nuova- vecchia vicenda e il terzo arresto. «Un vicenda scrive ancora il gip - di significativa gravità che palesa l’eccezionale spregiudicatezza degli indagati».