ANSA/CIRO FUSCO
l blocco dei voli durante il lockdown ha frenato non solo turismo e viaggi d’affari, ma anche i rimpatri forzati. Gli immigrati irregolari per cui si adotta questa misura estrema non vengono rimpatriati solo a gruppi su voli charter, ma anche singolarmente, su voli di linea. Così, dai 6.531 del 2019, si è scesi nel 2020 a 3.351 e a 2.226 nei primi nove mesi di quest’anno. Un sistema complesso e costoso, per numeri comunque contenuti di persone. Il Garante per i diritti delle persone private della libertà personale ribadisce la necessità di vigilare sul rispetto delle procedure, a garanzia dei diritti delle persone. E invita a riflettere su una misura "muscolare", ma comunque di scarsa incisività sulla gestione del fenomeno migratorio. La scelta europea, prima che italiana, sembra pensata soprattutto per rassicurare le opinioni pubbliche nazionali.
È il tema che è emerso al convegno organizzato dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (Gnpl). Il Garante Mauro Palma parte da una constatazione: «Occorre considerare il Mediterraneo un arcipelago di culture e di storia. Le differenze – dice Palma – non sono distanze. Il Mediterraneo era ponte, oggi è frontiera. Se le isole sono solo difensive, non dialogano tra loro».
Dal Rapporto sul monitoraggio dei rimpatri forzati, emerge dunque che quest’anno, al 15 settembre, sono state 2.226 le persone rimpatriate, più della metà verso la Tunisia (1.159). Gli altri principali Paesi di destinazione sono stati l’Albania (462) e l’Egitto (252). Il dossier spiega che il 61,2% dei rimpatri sono stati operati tramite voli charter con scorta a bordo, il 12,3% con voli commerciali con scorta e il 26,5% con voli commerciali senza scorta (al 58% verso l’Albania). Per quanto riguarda i 71 voli charter per 1.362 persone, 1.105 sono state quelle rimpatriate in Tunisia, 227 in Egitto, e 30 in Georgia.
La flessione sui voli di rimpatrio a causa della pandemia non ha riguardato però i charter, stabili da quattro anni a questa parte: 76 per 2.122 immigrati nel 2018, 80 per 1.864 nel 2019, 76 l’anno scorso per 1.994, 71 per 1.362 persone quest’anno al 15 settembre.
«Il tema va affrontato a due livelli», premette Mauro Palma. «Il primo riguarda il rispetto dei diritti delle persone rimpatriate. E il dialogo col ministero dell’Interno è migliorato fortemente in questi anni. Nelle modalità di esecuzione dei rimpatri forzati infatti bisogna tenere conto che si tratta di persone che vivono una sconfitta e serve una professionalità aggiuntiva, direi un’accentuazione dell’umanità».
I rimpatri forzati sono indubbiamente una modalità di espulsione costosa: «Su un charter - spiega Palma - si imbarcano solitamente circa 30 immigrati, poi due agenti di scorta per ciascuno, altre 60 persone. Oltre al capo-scorta, al medico, al rappresentante del Garante. Circa 110 persone, più il costo dell’affitto dell’aereo». Secondo Palma «l’Europa punta molto sui rimpatri, ma mi chiedo se non si tratti soprattutto di una misura dalla valenza simbolica. Gli Stati sembrano avere bisogno di mostrare un volto forte, per recuperare credibilità. Se è indiscutibile la necessità di questa misura per la lotta al crimine, dobbiamo chiederci se l’irregolarità amministrativa sia un motivo sufficiente per il rimpatrio forzato».