In un Paese ancora fortemente penalizzato dalla presenza asfissiante delle mafie e in un comparto, quello dei giochi, dove, scrive Banca d’Italia, «l’incremento dei trasferimenti finanziari avvenuto negli ultimi anni, eleva il rischio di infiltrazione della criminalità organizzata nel comparto », e dove studi e indagini «testimoniano la connessione tra il riciclaggio e il comparto del gaming», 283 segnalazioni «non possono essere lo specchio della realtà», afferma Turla. Per il quale «da alcune categorie, come quella delle case da gioco, ci si aspetta di più». Ci si aspetta, per esempio, il pieno rispetto della legge 231 del 2007 che recepisce una direttiva europea sul riciclaggio in merito alla segnalazione di operazioni sospette.
Ma il comparto dei giochi non è il solo dal quale aspettarsi una più incisiva lotta al riciclaggio che, stando all’Unità di informazione finanziaria di Bankitalia, è sempre più preoccupante grazie anche alla «vulnerabilità del sistema di prevenzione». Tenendo conto di tutte le segnalazioni sospette di riciclaggio in Italia nel primo trimestre 2013 (quindi non soltanto relative al gioco), operate anche da notai, istituti di credito e da altri soggetti e agenzie preposti, si raggiunge il numero di 15.552 (in flessione del 5% rispetto al 2012).
Tutte le segnalazioni passano al vaglio di un complesso sistema informatico della Banca d’Italia. Quando Via Nazionale ravvisa rilievi di carattere fiscale, invia la segnalazione al nucleo speciale di Polizia valutaria; in presenza, invece, di sospetti legati alla criminalità organizzata, il fascicolo passa alla Dia. Ma torniamo alle giocate. «È possibile operare una distinzione – scrivono gli analisti della Uif –, tra gli operatori che utilizzano la rete fisica e quelli che si servono delle reti on-line». Per i primi, lo studio di Bankitalia fa emergere schemi di comportamento molto interessanti: «Le fattispecie più rilevanti concernono in prevalenza diverse forme di simulazione di attività di gioco, finalizzate a conferire una provenienza lecita a somme in contanti di origine sconosciuta».
Vediamo come: «Si conferma la prassi di acquistare in contanti fiches delle quali si richiede poi il cambio in assegni senza che sia stata posta in essere alcuna attività di gioco». E ancora: «Un’ulteriore operatività si caratterizza per l’inserimento di denaro contante in slot a cui segue la richiesta di restituzione dell’importo caricato nonostante non sia rilevabile un’effettiva partecipazione al gioco». Un nutrito numero di segnalazioni concerne «la prassi del “chip dumping”, che consiste nel trasferimento di fiches dal “dumper” (perdente) al “destinatario” (vincente), accordatisi in precedenza, in modo da perdere e vincere in maniera sistematica nell’attività di gioco che li vede contrapposti come avversari ». Molte le segnalazioni di ripetuti accrediti, su conti intestati a persone fisiche, «di somme derivanti da vincite di gioco.
La frequenza e la sistematicità che caratterizza tali vincite conferma la vitalità di un mercato secondario degli scontrini vincenti, che i riciclatori acquistano – a prezzo maggiorato – dagli effettivi vincitori al fine di occultare la reale provenienza del denaro». Per quanto concerne il gioco online, l’Uif evidenzia l’utilizzo di carte di credito clonate o rubate, di documenti falsi, e il ricorso a «piattaforme informatiche gestite da società straniere non autorizzate» con sedi in nazioni con regimi di fiscalità agevolata e collegate a società di pagamento «opache». Ma anche nelle scommesse sportive si rilevano «schemi comportamentali» per riciclare denaro. Volumi troppo alti, complessivamente, per soli 283 sospetti...