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Negli ultimi cinque anni, dalla carta geografica della scuola italiana, è scomparsa una città grande come Messina. E si tratta soltanto del calo degli iscritti alla scuola primaria statale. L’ultimo segnale d’allarme, delle pesanti ricadute sociali (ma anche economiche) dell’inverno demografico in cui è precipitata l’Italia, è arrivato in questi giorni da Treviso: il prossimo anno scolastico, undici scuole elementari della Marca non avranno la prima per mancanza di alunni. Anche chiedendo “in prestito” bambini alle altre scuole, non sarebbero arrivate alla soglia minima di 15 scolari, necessari per formare una classe. Allarme rosso anche dall’altra parte del Nord Italia, a Chiavari, in provincia di Genova, dove il piano metropolitano del dimensionamento scolastico ha certificato che, tra il 2017 e il 2022, in cinque anni, gli alunni della scuola primaria sono calati del 10,5%. Il fenomeno è, però, comune a tutta la Penisola. Limitandoci alla prima elementare statale, siamo passati dai 428.055 iscritti del 2022/2023 ai 422.475 del 2023/2024, con una perdita secca di 5.580 alunni. In un solo anno. Qualcuno potrebbe anche essersi iscritto alla scuola paritaria, ma si tratta comunque di un dato che conferma un andamento, purtroppo, in costante calo. E non da oggi.
In 5 anni, 5.599 classi in meno
Per farsene un’idea, basta scorrere i dati ufficiali del Ministero dell’Istruzione e del Merito relativi agli ultimi cinque anni scolastici. Sempre con riferimento alla sola scuola primaria statale, siamo partiti nel 2018/2019, con 2.498.521 alunni e 129.354 classi, per scendere a 2.443.092 alunni e 128.143 classi nel 2019/2020, mentre l’anno successivo, il 2020/2021, gli scolari erano 2.384.026 distribuiti in 126.763 classi. Questa, infine, la situazione dell’ultimo biennio. Nel 2021/2022, gli alunni della primaria erano 2.331.923 in 125.486 classi scesi, nel 2022/2023 a 2.260.929 per 123.755. In cinque anni scolastici, insomma, la scuola primaria statale ha perso 237.592 alunni e 5.599 classi. Un’emorragia che non dà segni di rallentamento se è vero che, agli ultimi Stati generali della natalità, lo stesso ministro Giuseppe Valditara ha lanciato l’allarme: tra 10 anni, entro il 2033, in Italia avremo 1 milione di alunni in meno. Poco più dell’equivalente della popolazione di Napoli.
Occasione per ripensare la scuola
Anche questa situazione fortemente preoccupante può, però, trasformarsi nell’opportunità di “ripensare” la scuola e la didattica in generale. E, come fu per la pandemia, rappresentare un “cambiamento” non per forza totalmente negativo. «Può essere l’occasione per pensare a un nuovo modello di scuola, impiegando in maniera diversa i docenti e utilizzando meglio spazi e strutture», sottolinea Cristina Grieco, la presidente dell’Indire, l’Istituto di documentazione, innovazione e ricerca educativa che, dal 1925, è «al fianco della scuola per promuovere l’innovazione didattica e sostenere i processi d’apprendimento».
«Gli ambiti di intervento possono essere molteplici – spiega la presidente Grieco -. Si può lavorare sulla didattica e sulla formazione degli insegnanti, ma anche sull’organizzazione, sulla gestione degli spazi e sul curricolo. Senza ridurre il numero dei docenti, è possibile, per esempio, intervenire sul tempo scuola, introducendo il tempo pieno anche là dove oggi non esiste e dove, invece, servirebbe, come ci dicono anche gli ultimi dati dell’Invalsi. E ancora. Cambiare modello significa anche pensare che la scuola non debba necessariamente essere “fatta” soltanto la mattina, per dedicare il pomeriggio allo studio solitario, ma che, invece, possa essere rimodulata secondo i criteri della didattica innovativa, più in sintonia con le aspettative degli studenti, che, in questo modo, sarebbero maggiormente motivati». Sotto l’aspetto organizzativo, un’iniziativa «importante e molto innovativa, sarebbe quella di togliere le barriere del gruppo classe per fare recupero degli apprendimenti con gruppi di livello. Con docenti adeguatamente formati», aggiunge la presidente Grieco.
L’esempio arriva dal Sud
Di esempi sul territorio ce ne sono diversi e alcuni provengono anche da zone cosiddette “difficili”. Qualche settimana fa, lo stesso Indire ha dato notizia che, tra i dieci finalisti del World’s Best School Prizes, premio mondiale da 250mila dollari, c’è anche l’Istituto superiore “Europa” di Pomigliano d’Arco, nel Napoletano, candidato, oltre che nella top 10, anche nella sezione “innovazione”, per la capacità di fornire agli studenti le competenze digitali necessarie per avere successo nel mercato del lavoro.
«Adesso la sfida – conclude Grieco – è passare dalle “avanguardie educative” all’innovazione diffusa sul territorio. Avendo una grande attenzione alle aree interne, alle isole, alle zone di montagna, dove la scuola è un presidio sociale fondamentale per la comunità. Attraverso la tecnologia e alleanze virtuose tra Comuni, è possibile mantenere in vita il servizio, nonostante lo spopolamento e il calo delle nascite». Insomma, se i “numeri” scarseggiano si può sempre intervenire con una dose maggiore di fantasia. Anche (e soprattutto) a scuola.
Ecco chi è riuscito a resistere
Lo hanno fatto, per esempio, i comuni di Chiaverano e Cascinette, nella cintura Torinese, che hanno unito le due classi prime riuscendo così a raggiungere i 15 scolari e tenere in vita la scuola. Obiettivo raggiunto anche a Casciago, in provincia di Varese, dove tre giorni di contatti, telefonate e mail tra scuola, amministrazione comunale e famiglie, hanno portato a tagliare il traguardo dei 15 scolari per formare la prima elementare. Difficilmente, infatti, questi paesi avrebbero ottenuto una deroga, che viene generalmente concessa soltanto alle piccole scuole di montagna, delle isole o delle aree interne a rischio spopolamento. Come è avvenuto a Tiglieto, paese dell’Appennino ligure con 470 abitanti, a 500 metri di quota, in provincia di Genova. Grazie a una famiglia austriaca, arrivata in Italia da qualche mese, che ha deciso di iscrivere due dei suoi figli alla primaria, la comunità potrà continuare ad avere il servizio scolastico anche il prossimo anno. I due ultimi arrivati, Leon e Roselina (6 e 8 anni), saranno i nuovi compagni di Stefano, l’unico bambino rimasto alla scuola, che adesso può quindi contare su 3 alunni. L’annuncio della sopravvivenza della primaria è stato dato dall’amministrazione comunale su Facebook, «con soddisfazione e lieta commozione».
Il gioco di squadra tra Comune e Ufficio scolastico regionale della Toscana, infine, permetterà la formazione, a settembre, della prima elementare anche della scuola “Girolamo Mancini” di Cortona, in provincia di Arezzo. Un altro piccolo ma significativo segnale di speranza per il futuro.