Il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, durante la Giornata della Memoria per le Vittime della Mafia presso la stele che ricorda le vittime di mafia alla Casa del Jazz, bene confiscato alla banda della Magliana, Roma, 21 marzo 2021 - ANSA/ANGELO CARCONI
Denuncia e speranza. Vescovi sempre più in prima linea nella lotta alle mafie, dal Nord al Sud. Venerdì il messaggio del presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti e domenica all’Angelus le forti parole di Papa Francesco in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promosso da Libera. Contemporaneamente tantissimi interventi, messaggi video, veglie di preghiera, che hanno visto la diretta partecipazione dei Pastori italiani, e di decine di diocesi, soprattutto nei territori più difficili. Come per la veglia di preghiera nella Chiesa Cattedrale di Palermo, alla quale ha partecipato l’arcivescovo, Corrado Lorefice. “Questo luogo oggi diventa oltremodo significativo perché custodisce anche tutta la durezza della sofferenza che portiamo nel cuore quanti siamo direttamente coinvolti dalla violenza omicida mafiosa: oltre ai familiari e ai parenti delle vittime di mafia qui c’è l’intera famiglia cittadina. Vorrei esprimere questo concetto con assoluta chiarezza: “ci siamo”, “siamo qui”, perché la Chiesa palermitana in questo luogo custodisce le spoglie del Beato Pino Puglisi, nostro intimo parente, confratello nel sacerdozio, fratello in Cristo”. Ha poi ricordato le parole di Giovanni Paolo II e di Papa Francesco che, rivolgendosi ai mafiosi, li hanno invitati alla conversione. “Che sia questo il messaggio che arriva con forza, con energia, a maggior ragione in questo luogo; e noi dobbiamo chiedere la conversione - con forza nella verità della nostra coscienza e del Vangelo - a quanti sono operatori del male”.
Parole chiare come quelle dell’arcivescovo di Crotone, Santa Severina, Angelo Raffaele Panzetta, presiedendo la veglia di preghiera in Cattedrale. “Noi facciamo memoria delle vittime innocenti della violenza mafiosa in un territorio nel quale la violenza mafiosa, la struttura mafiosa, l’infiltrazione è un problema molto serio – ha denunciato l’arcivescovo -. Non siamo qui dunque per altri, non siamo qui per un problema lontano. Siamo qui per un problema che è nelle nostre case, nei nostri quartieri, nelle nostre comunità. Non dobbiamo avere paura di dire che nel nostro contesto insieme a tante cose belle, tante persone perbene, abbiamo anche una struttura mafiosa tra le più forti al mondo, tra le più pervasive e violente al mondo. E dunque siamo qui perché questa questione ci sta a cuore, non riguarda solo il nostro passato, non riguarda solo cose accadute anni o mesi fa, ma riguarda il nostro presente e soprattutto interagisce in modo decisivo con il nostro futuro. Non siamo una comunità omertosa, non siamo una comunità che si gira dall’altra parte, siamo una comunità che si sente responsabile di vedere, giudicare e agire”. Ma contro la cultura mafiosa “abbiamo un’unica grande chance, quella di diffondere una cultura della fraternità, che è insieme cultura della legalità, del bene comune”.
Parole analoghe dall’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, che è intervenuto all’iniziativa organizzata da Libera presso lo stabilimento Whirlpool di Ponticelli denunciando “un’escalation di violenza che sembra non avere fine. Ponticelli è il quartiere con il più elevato numero di giovani che abbandonano la scuola rispetto ad altre parti della città, e con un grande tasso di disoccupazione giovanile. Quando si lascia la scuola e non c’è lavoro facilmente si cade nella trappola dei gruppi malavitosi. C’è un legame profondo tra disoccupazione, povertà e criminalità”. Ma ha anche lanciato un messaggio di speranza, “possa questo ricordo essere il seme di una speranza nuova per la rinascita della nostra città e del nostro Paese. Lottiamo insieme perché laddove si è divisi si fa solo il gioco dei potenti, il gioco delle mafie, lottiamo insieme perché la speranza non venga mai meno per nessuno. Affinché la nostra terra divenga un luogo di vita e soprattutto di rinascita”.
E del territorio ha parlato anche l’arcivescovo di Manfredonia, Vieste, San Giovanni Rotondo, Franco Moscone, collegandosi via web ad un’iniziativa del comune di Monte Sant’Angelo. “Bisogna parlare, bisogna diventare voce. Grazie alla testimonianza dei familiari dei fratelli Luciani uccisi a San Marco in Lamis nel 2017 tutte le istituzioni di questo territorio, compresa la Chiesa, hanno cominciato a sentire che le cose non stavano come apparivano, come si diceva, come si credeva di essere, ma che erano profondamente diverse. E hanno cominciato ad interrogarsi e a parlare, e qualche volte anche ad alta voce. E questo è importantissimo. Grazie a loro siamo qui a denunciare che il territorio vuole rinascere e non crede più a questa violenza e a questa forza incredibile delle mafie. Non ci possiamo più permettere che questa realtà ci mangi il cuore, lo ha fatto per troppo tempo. Glielo dobbiamo far rigettare fuori. Il nostro parlare deve toccare le coscienze, deve arrivare alla coscienza del popolo intero, e far sentire ai mafiosi che loro sono al posto sbagliato e al momento sbagliato, che è meglio che comincino a convertirsi e a cambiare di posto e di tempo. Credo che ci si stia muovendo verso un’aria nuova e un’atmosfera nuova. Dimostriamo che in Gargano, in Capitanata sta nascendo qualche cosa di nuovo, che ha volti nuovi, cuori nuovi, desideri nuovi. Che non hanno nessuna intenzione di farsi mangiare”.
Dal Sud al Nord, e le parole non cambiano anche perché le mafie sono ormai di casa anche qui. Come avverte l’arcivescovo di Modena, Nonantola, Erio Castellucci. “Mafia, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita sono come il sangue infetto che scorre nelle vene delle nostre città, che arriva nelle propaggini più estreme della penisola. Le azioni mafiose nel territorio della nostra Regione e della nostra Provincia assumono forme camaleontiche: si mimetizzano, si infiltrano nei canali più disparati; non percorrono le vie della violenza esplosiva, eclatante e rumorosa, come è accaduto altrove; oggi raramente, qui al Nord, la mafia spara o rapisce; piuttosto segue le strade degli affari illeciti, del commercio di droga, dei racket... e in questo tempo di gravissima crisi economica le mafie, disponendo di abbondante liquidità, sono particolarmente attive”. Ma anche lui parla di speranza. “Si sta risvegliando, in tante parti del paese, la coscienza della legalità; fa leva sul senso innato di fraternità che abita il cuore umano; un senso troppo spesso sepolto sotto la polvere delle ipocrisie, dei compromessi e dei silenzi, fin dai tempi di Caino, cioè da sempre. Ma si sta risvegliando, dicevo: e soprattutto attraverso l’opera di persone, famiglie e associazioni che, come Libera, coagulano le migliori energie della società, delle istituzioni e delle comunità cristiane”.
Prendendo esempio da chi ha dato la vita. Così l’arcivescovo di Ferrara, Comacchio, Gian Carlo Perego, ha scelto di inviare a tutte le parrocchie un messaggio che nell’occasione della Giornata, ricorda il giudice Rosario Livatino perché “assume un significato particolare per la Chiesa, perché la sua testimonianza contro la Mafia fino a dare la sua vita è stata anche una testimonianza di fede, un martirio”. Il 21 marzo di ogni anno, ha sottolineato anche Perego, “vogliamo ricordare insieme questi uomini e donne che hanno amato la giustizia, difeso la libertà, preteso la legalità fino a dare la vita: vittime della criminalità mafiosa. In questo giorno dedicato ai martiri della legalità, alle vittime della mafia, il volto di un giovane magistrato ci viene incontro e ci ricorda che la salita al Paradiso passa dall’impegno di tutti per la ricerca della giustizia e dall’esercizio della carità. Sempre”.