Beppe Grillo in una foto dell'archivio Ansa
Al voto subito, nella seconda parte di ottobre, o in tempi meno concitati? E con quale governo? Nel braccio di ferro in corso determinanti saranno le scelte della conferenza dei capigruppo: si parte lunedì in Senato, dove l’avventura del governo Conte è cominciata 14 mesi fa e dove potrebbe, ora, terminare.
L’iter della crisi è avviato, il cronopercorso ancora da definire. La più significativa novità ieri è arrivata da Beppe Grillo. Il fondatore dei 5 stelle, da tempo fuori dal dibattito, è tornato a dettare la linea: «Dobbiamo fare dei cambiamenti? Facciamoli subito, altro che elezioni, salviamo il paese dal restyling in grigioverde dell’establishment». E ha aggiunto: «Mi eleverò per salvare l’Italia dai nuovi barbari, non si può lasciare il Paese in mano a della gente del genere», ha affermato, parlando di un «ciclo di vuoto intamarrimento» di Salvini e invitando i suoi a lasciarsi alle spalle «psiconani, ballerine e ministri propaganda » evitando di essere dei «kamikaze ». In sostanza chiede soluzioni diverse dalla corsa alle urne chiesta a gran voce dalla Lega.
Una conferma che forse qualcosa già si muove tra il mondo pentastellato, parte del Pd e forse dell’area moderata per rallentare il lanciatissimo treno salviniano e disarcionare il leader della Lega dal ministero dell’Interno prima della campagna elettorale. Intese tattiche, non alleanze politiche che tuttavia, se ci fossero davvero, dovranno palesarsi presto. Sono ipotesi che prima e dopo la sortita grillina hanno permesso a Matteo Salvini di lanciare i suoi strali contro il fantasma di un governo «Renzi- Di Maio», un «insulto agli italiani e alla democrazia» che «fa inorridire». Mentre il sottosegretario Giancarlo Giorgetti ha picchiato duro sul premier: «Mi sembra d’aver capito che Conte non si voglia dimettere, ma voglia andare a una conta in aula e questa è una rottura traumatica. Una separazione consensuale era la cosa più ragionevole».
Dalla spiaggia di Policoro, in Basilicata, Salvini ha ribadito la sua linea. «L’unica cosa che mi aspetto è che il Parlamento si esprima il prima possibile, prima di Ferragosto », ha spiegato dicendosi pronto a lasciare il Viminale: «L’importante è che le elezioni ci siano, poi se le gestisce qualcun altro sono pure più contento perché avrò più tempo » per la campagna elettorale. Poi da Soverato avverte: «La battaglia non sarà facile, abbiamo molti avversari potenti a Parigi, Berlino, Bruxelles, nelle banche, nei giornali... i potenti li abbiamo tutti contro, ma io mi tengo stretti gli italiani». E va all’attacco di rom e centri sociali. «Da loro - dice - contributo alla specie umana zero».
Mentre Luigi Di Maio liquidava come una «bufala» le ipotesi di accordo col Pd, ma rilanciava (a maggior ragione dopo l’uscita di Grillo) la richiesta di portare subito alle Camere il taglio dei parlamentari, prima della mozione di sfiducia a Conte. In casa Pd si continua ad addebitare a Matteo Renzi (oltre che a Dario Franceschini) l’idea di un accordo coi 5s, malgrado il no di Zingaretti, anche se ufficialmente Renzi continua a smentire: «I giornali sono pieni di retroscena su accordi segreti tra noi e i 5s», ha scritto l’ex premier. «Qualcuno ipotizza che io possa votare la fiducia a Fico premier. E perché non Toninelli? Dai, ragazzi, non scherziamo». A sgombrare il campo interviene anche la segreteria del Pd: «Non esistono le condizioni politiche per un altro governo, almeno con noi. Questa è la linea che la direzione nazionale ha approvato 15 giorni fa all’unanimità», precisato la vicesegretaria Paola De Micheli. «Si ci sono le elezioni, come auspichiamo, siamo pronti».
Tuttavia la partita si gioca anche a carte coperte. Dal Pd continuano ad arrivano segnali diversi. Come è noto, Nicola Zingaretti controlla il partito, mentre i gruppi parlamentari sono composti in buona parte da uomini vicini a Renzi dato pochi giorni fa, subito prima dell’esplodere della crisi, pronto a lasciare il Pd. Mentre non ha ancora espresso la sua posizione Forza Italia, che punta a un’alleanza pre-elettorale con Salvini, dal quale vorrebbe però «chiarezza sul futuro del centrodestra» prima di decidere. Dilemmi che dovranno essere sciolti in una data inconsueta per la politica: domani, lunedì 12 agosto. Quando il tavolo dei capigruppo dovrà stabilire la procedura da seguire per questa anomala 'crisi di Ferragosto'.