Il premier Giuseppe Conte (Ansa)
Due ore di vertice a Palazzo Chigi per cercare di portare chiarezza sulla questione Mes, il meccanismo europeo di stabilità. Ma al termine della riunione, che a detta del Mef si è svolta in un clima costruttivo, i nodi principali sono ancora tutti da sciogliere. Sul tavolo restano l’opposizione del M5s e le obiezioni di Leu.
E il «paradosso» che a difendere l’accordo sia soprattutto chi non lo ha sottoscritto, come il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Durante l’incontro il titolare del Mef ha difeso i «punti di forza» del dossier europeo e «i miglioramenti che interessano l’Italia».
Il Fondo di stabilità interverrebbe in caso di difficoltà finanziarie dei singoli Stati. Ma – ed è su questo che si registrano i timori – sono previste condizioni che, pur senza automatismi, renderebbero più semplice procedere alla ristrutturazione dei debiti sovrani in caso di crisi. C’è stata invece «forte sintonia – secondo fonti del ministero – sulla necessità che, riguardo all’introduzione della garanzia sui depositi nell’ambito del completamento dell’Unione bancaria, la roadmap sia sufficientemente ambiziosa e salvaguardi gli interessi del Paese». Sul tema specifico delle banche sono attese le linee guida della Ue nella prossime settimane.
Concluso il vertice Luigi Di Maio chiarisce subito che l’intesa complessiva è lontana e che il M5s è intenzionato a dare battaglia. Intestandosi la difesa del (presunto) interesse nazionale, il ministro degli Esteri punta anche non lasciare troppo spazio all’offensiva sovranista-leghista. «Non vogliamo una riforma che stritoli il Paese», afferma annunciando una riunione sul tema dei parlamentari pentastellati mercoledì prossimo, perché «ci sono delle decisioni importanti da prendere».
Frena anche Leu. Stefano Fassina, presente al vertice, sottolinea il possibile rischio di "segregazione", ovvero che ci siano Paesi di serie A e serie B nell’accesso alla liquidità del cosiddetto fondo Salva-Stati, dovuto a criteri troppo severi di ammissibilità fissati dalle nuove regole. Obiezioni che Gualtieri giudica legittime ma non del tutto fondate e, soprattutto, da valutare nell’ambito di un giudizio più complessivo sull’intero "pacchetto Ue".
Da parte sua il premier Giuseppe Conte rassicura sul Mes e rintuzza l’offensiva sovranista: «L’Italia non rischia l’isolamento. L’isolamento si rischia quando si spara lo slogan contro il mondo dal proprio Paese e non ci si siede ai tavoli come qualcuno pensa di fare». Quanto alla trasparenza, sottolinea, «ogni volta che io vado al Consiglio Ue il giorno prima passo per le comunicazioni al Parlamento. C’è sempre stato e ci sarà un confronto con il Parlamento».
Poco prima Matteo Salvini lo aveva attaccato a testa bassa: «Non vorrei che Conte avesse venduto la nostra sovranità per tenersi la poltrona. Se fosse andata così, allora saremmo di fronte ad alto tradimento. E, in pace come in guerra, è un reato punibile con la galera», ha affermato il leader leghista. (La bozza del «salva Stati» però fu concordata il 14 giugno scorso, quando il governo era a trazione leghista - 5 stelle e comunque, dopo essere firmata dal ministro competente e non dal premier deve essere approvata dal Parlamento. ndr)
Pronte le repliche dalla maggioranza: «Quando parla di altro tradimento, Salvini non prova imbarazzo non avendo mai spiegato in Parlamento quell’intreccio oscuro e opaco di rapporti con la Russia?», chiede il vicesegretario del Pd Andrea Orlando.
In mattinata Conte e Gualtieri avevano incontrato il commissario uscente agli Affari economici Ue Pierre Moscovici: la riforma del Mes, ha osservato l’ex ministro francese, «non è un problema ma un progresso» verso l’Unione bancaria e non prevede processi automatici di ristrutturazione dei debiti. «Nessuno ha voluto mettere l’Italia sotto tutela».