Ansa
Mentre in Europa arriva la prima sconfitta ufficiale per i No vax, con la bocciatura da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo della richiesta di sospensiva dell’obbligo vaccinale proposta da 672 pompieri francesi, in Italia continua a far discutere – soprattutto la politica – l’eventualità che l’obbligo sia esteso a tutti, o almeno (come raccomandato due giorni fa anche dal Comitato nazionale per la biosicurezza) a chi lavora a stretto contatto col pubblico. Scienziati ed esperti sono tutti sulla stessa linea: «Io vedo un percorso vaccinale di obbligo tout court, in caso poi di valutazione in sede politica che non consente di raggiungere un obiettivo del genere, allora è necessario lavorare per classi di età o tipologie lavorative. L’obiettivo finale è incrementare il numero delle persone che sono immunizzate» ha ribadito ieri Fabio Ciciliano per conto del Cts. E se tutte le forze di maggioranza e anche Forza Italia strizzano l’occhio all’ipotesi ventilata nelle ultime ore anche dal ministro della Salute, Roberto Speranza, i leader della Lega Matteo Salvini resta l’unico fortemente contrario: «L’obbligo vaccinale non c’è in nessun Paese europeo e in tanti non esiste neanche il Green pass. Perché noi dovremmo fare in un altro modo?».
«Chi è vaccinato è protetto e protegge». La verità scientifica è legge di vita per uno come Andrea Lenzi, ordinario di Endocrinologia all’Università La Sapienza e presidente del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita (Cnbbsv). E infatti è servita meno di mezza giornata di dibattito, due giorni fa, perché il gruppo di esperti che dirige – il Comitato agisce come supporto diretto del presidente del Consiglio e come strumento di parere e proposta, utile a orientare il governo nelle decisioni sui temi di ricerca, sviluppo ed innovazione – arrivasse a una considerazione condivisa: che l’obbligatorietà vaccinale cioè, con specifico riferimento a coloro che svolgono funzioni pubbliche e comunque attività lavorative a stretto contatto con altri soggetti, sia opportuna.
Professore, un parere di un certo peso in questa fase delicatissima, col governo pronto a valutare proprio l’introduzione dell’obbligo qualora non si raggiungessero gli obiettivi prefissati dalla campagna vaccinale...
In realtà ci siamo mossi autonomamente, come è nostra abitudine e facoltà fare su tutti gli argomenti scientifici. E però non abbiamo avuto dubbi sulla direzione da esprimere: che la vaccinazione sia necessaria per vincere la battaglia contro il coronavirus, e soprattutto che sia necessaria tra chi lavora e sta maggiormente a contatto con gli altri, è assodato. Lo dimostrano i dati scientifici: chi è immunizzato ha meno possibilità di ammalarsi e meno possibilità di trasmettere la malattia agli altri. Più chiaro di così...
Eppure questa verità non basta a convincere lo zoccolo duro dei No vax. L’introduzione dell’obbligo non rischia di irrigidire ancora di più la posizione di questa minoranza?
Premetto che la questione delle libertà individuali è da me fortemente condivisa: capisco quindi in parte la discussione, fatti salvi gli insensati complottismi. La libertà di scegliere di non vaccinarsi, tuttavia, vale finché non si scontra con la libertà sacrosanta che ciascuno di noi ha di non ammalarsi. Ecco allora che il discorso cambia e si entra nel campo della salvaguardia morale dell’altro: la mia libertà non può far male a quella altrui. L’obbligo vaccinale, chiaramente, risolve la questione a monte. Ma ci sono altri strumenti persuasivi da usare in maniera massiccia, prima di arrivarci, per convincere i perplessi: penso al Green pass, la cui introduzione è stata dirompente. Lo abbiamo visto coi ragazzi, che sono corsi a vaccinarsi per la sola ragione di poter in questo modo tornare a scuola o a fare sport. Per esempio, l’obbligo di Green pass per le discoteche ci permetterebbe di ottenere risultati ancora migliori. Lo stesso se si disponesse, faccio un altro esempio, la necessità di esibirlo per fare la spesa al supermercato. Il punto è: dobbiamo mettere in campo tutte le strategie che abbiamo a disposizione per far vaccinare le persone, fino all’obbligo. Poi la piccola percentuale di chi non si vaccinerà mai possiamo permettercela, non ci crea alcun problema dal punto di vista sanitario.
Professore che idea si è fatto lei, il virus sparirà prima o poi?
Il Sars-Cov-2 è un virus cattivello, ma grossolano. La sua forza è la diffusività. Con la quasi totalità della popolazione vaccinata e con la terza dose – che tutti dovremo fare e che faremo entro un anno a partire dai più fragili – la curva si raffredderà gradualmente fino a normalizzarsi. Poi, certo, dobbiamo metterci in testa che con l’antinfluenzale autunnale dovremo vaccinarci sempre anche contro il coronavirus. Diventerà un’abitudine.
Che idea avete come comitato sulle vaccinazioni agli under 12?
Non abbiamo espresso un parere in tal senso. Personalmente, sono assolutamente favorevole: è vero che si tratta di una fascia di popolazione che non ha un ruolo cruciale nella trasmissione, ma anche i bambini vanno protetti.
Quarantene per i vaccinati: sceglie il modello inglese, che le ha abolite, o la prudenza italiana dei 7 giorni?
La prudenza. Anche chi è vaccinato può trasmettere il virus: attendere qualche giorno e fare un tampone significa mettere in sicurezza gli altri.