Jean-Paul Fitoussi
Il problema, spiega l’economista francese Jean-Paul Fitoussi, non è tanto la manovra (sulla quale, anzi, ha un’opinione benevola) quanto il rischio di deriva illiberale che questo governo comporta.
La Banca d’Italia, l’Ufficio parlamentare di bilancio, la Corte dei Conti. Nelle audizioni in Parlamento tutti stanno bocciando la nota di aggiornamento al Def. Sono critiche giuste?
Mah, mi sembra molto rumore per nulla. Di che cosa stiamo parlando, di qualche decimale di deficit? Mi sembra più una reazione ideologica davanti al mancato rispetto di un tabù: il contenimento del debito pubblico e del disavanzo sono diventati una specie di legge morale, ai governi viene detto che se non ubbidiscono accadranno le cose peggiori. Invece Paesi che hanno superato il disavanzo anche di molto, come gli Stati Uniti, sono cresciuti e oggi con quella crescita riducono il rapporto tra debito e Pil.
Può essere quello il caso dell’Italia? Il governo prevede una crescita del Pil che nessun osservatore internazionale si sente di confermare.
Io faccio questo mestiere da trent’anni e in generale non mi fido molto delle previsioni. Mi interessa di più studiare ex post se quelle previsioni si sono avverate o meno. A volte sono giuste, a volte sono sbagliate. Spesso quando sono giuste sembra che siano giuste per caso, perché ci sono stati effetti imprevisti che hanno permesso alle previsioni di realizzarsi.
Intende dire che il nuovo slancio del Pil indicato dall’esecutivo le sembra realizzabile?
Qui c’è da capire che si riapre un dibattito importante. Dall’inizio degli anni ‘80 siamo entrati in un sistema economico che rifiuta totalmente il rilancio della domanda. Sono considerati accettabili gli investimenti, perché hanno un ruolo importante dentro la teoria neoclassica della crescita endogena e quindi finché si resta nell’ambito della teoria economica dominante tutto è accettabile. Però nella realtà i capi delle imprese non investono quando non c’è domanda. Io sono d’accordo con il fatto che ci sia bisogno di rilanciare la domanda privata. Lo dico con una certa solennità: queste crisi hanno impoverito la gente in modo scandaloso.
Quindi misure come il reddito di cittadinanza o l’allentamento dei criteri pensionistici la convincono?
Nel merito non dico che siano misure giuste, però io non ho niente contro il rilancio della domanda. Forse avrei scelto altri metodi, ma si sa che gli economisti non sono sempre d’accordo. Non difendo il governo però credo che debba poter lavorare. Che cosa sarebbe successo negli Stati Uniti se la gente che aveva perso la casa con la crisi e non fosse stata aiutata dallo Stato? Perché il sistema di protezione sociale italiano, che è molto scarso, non può essere rafforzato? Oggi tanti preferiscono riforme che definisco sacrificali, dure e incapaci di aiutare le persone.
Il suo giudizio sul Def è sostanzialmente positivo. Come spiega tante critiche autorevoli?
Penso che c’entri la presenza di Matteo Salvini. Hanno paura. Non nascondiamoci la realtà e guardiamo le cose come sono: Salvini è pericoloso come è pericolosa Marine Le Pen in Francia.
Pericolosi perché possono rompere l’Ue?
No, pericolosi per le libertà della gente. Lasciamo perdere l’Ue, non è il futuro dell’Europa quello che mi preoccupa di più: mi preoccupa la prospettiva di sopravvivenza della democrazia. Questi sono leader politici dai tratti illiberali, perso- ne che non considerano la libertà individuale come un fatto naturale.
Non è un timore esagerato?Dico che questo pericolo è reale, non dico che si realizzerà per forza. Ma in Europa c’è questa tentazione dovunque: non solo in Italia e Francia, ma anche in Germania, Austria, Ungheria, Polonia. E poi nel resto del mondo, guardate a quello che succede in Brasile e in America, dove Trump ammette di non credere che la libertà di espressione sia così importante. È un pericolo generale e comincia in Europa, che nella storia è sempre stata l’avanguardia dei disastri.