Essere indicati come «modello» in un vertice tra i grandi d’Europa è un fatto nuovo. E Paolo Gentiloni, chiamato in modo continuo da Macron, Merkel e Rajoy per «la buona pratica tra Italia e Libia», rilancia: «Il vento è cambiato, abbiamo conseguito dei risultati e finalmente c’è chiarezza nella strategia. Ora questo impegno va europeizzato, non può essere lasciato a un solo Paese». La strategia è battere il ferro ora che è caldo, arrivare ad un corposo impegno economico dell’Ue in Libia e nei paesi africani di transito da inserire già nel prossimo bilancio dell’Unione.
Le aperture di Francia, Germania e Spagna sono a 360 gradi e arrivano sino al cuore del problema, alla revisione di quel trattato di Dublino che di fatto vincola alla permanenza in Italia e Grecia tantissimi degli immigrati che sbarcano sulle coste del Mediterraneo. Parlano di «profondi cambiamenti » sia Macron sia Merkel e Gentiloni non ha bisogno di aggiungere nulla, perché quello è il primo punto del migration compactpresentato da Roma in tempi non sospetti alle autorità di Bruxelles. Tuttavia il premier italiano, quando è il momento di prendere la parola dinanzi agli altri leader, evita toni trionfalistici. Per due motivi. Il primo: non esistono «soluzioni che cancellano il problema», e dunque questi sono solo i primi passi per risolvere un fenomeno di «portata epocale» che durerà «ancora a lungo». Il secondo: occorre sempre restare vigili perché ai complimenti e alle pacche sulle spalle seguano azioni concrete.
A sentire Macron e Merkel, il punto di svolta sembra più vicino di altre volte. Occorre - indica la strada Gentiloni – «gradualmente sostituire il modello dei trafficanti con modelli regolari e legali» di migrazione verso l’Europa. «Sarà un percorso lungo, ma finalmente abbiamo una certa chiarezza nella strategia da portare avanti». Si parla di hotspot nei paesi di transito per distinguere migranti economici da richiedenti asilo, ma sul termine i grandi dell’Ue non sono d’accordo. Resta il fatto che prende quota l’ipotesi di corridoi umanitari stabili per richiedenti asilo gestiti su scala europea e di prime «circoscritte» operazioni di ricollocazio- ne nei paesi africani, dato che la solidarietà intraeuropea è clamorosamente fallita. Molta più prudenza sui migranti economici, per i quali si insiste su «rimpatri volontari e assistiti».
Nel suo intervento, Gentiloni si ferma molto a sottolineare come l’Italia «non rinuncia all’accoglienza e a salvare vite in mare», ma in un quadro di flussi «controllati e regolati», e ciò a beneficio non solo dei Paesi ospitanti ma anche di quelli di transito. Mostra preoccupazione, il premier, anche per le condizioni delle persone trattenute in Libia: la collaborazione con Unhcr e Oim, stabilita nel vertice di ieri, serve anche a garantire un trattamento «più efficiente e rispettoso della condizione umanitaria». In sede di conferenza stampa Gentiloni è tornato a ribadire, con Serraj lì vicino, che tutta la strategia di controllo deve avvenire «in parallelo con la stabilizzazione inclusiva della Libia», priorità «assoluta» rimarcata anche dal francese Macron. Dopo il vertice e la conferenza con la stampa, cena in giardino all’Eliseo ancora con al centro i temi dell’immigrazione.
Il clima però è più disteso. Gentiloni finalmente senza giacca - fatto raro - come il collega Macron, a segnare un abbozzo di clima nuovo con la Francia dopo le divergenze proprio sulla Libia e anche su alcuni delicati dossier economici. Merkel accanto al premier italiano, per altri dettagli sulla strategia di Roma per la Libia. Rajoy apparentemente il più in difficoltà con le lingue, al punto da non mollare mai l’interprete. Menu: foie gras, carne e legumi. «Verifica» degli impegni assunti probabilmente a ottobre in Spagna, ancora con il formato delle 'quattro sorelle' più i paesi africani. Sull’immigrazione l’Ue già procede a due velocità.