La mamma di Cecilia Sala all'uscita da Palazzo Chigi - Ansa
L'ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amadei, nella mattinata di venerdì 3 gennaio è stata ricevuta al ministero degli Esteri di Teheran sul caso di Cecilia Sala, la giornalista italiana arrestata e detenuta in Iran dal 19 dicembre scorso. L’ambasciatrice Amadei - che ha incontrato il direttore per l'Europa del ministero - ha rinnovato la richiesta di rilascio immediato per Sala e la possibilità di farle arrivare in carcere generi di prima necessità e il rispetto delle condizioni di detenzione. Nel carcere di Evan, dove è detenuta, Cecilia Sala dorme sul pavimento, senza neanche un materasso, ha una luce del neon sempre accese nella piccola cella e le sono stati tolti anche gli occhiali da vista. Le stesse richieste sono state formalizzate anche dal ministero degli Esteri italiano all'ambasciatore iraniano in Italia, nella giornata del 2 gennaio.
Nel corso del colloquio, secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa iraniana Irna, l'Iran ha protestato per l'arresto di Mohammad Abedini Najafabadi, definendolo «illegale e in linea con gli obiettivi politici ostili Usa» e si aspetta che «Roma rigetti la politica sugli ostaggi degli Stati Uniti e crei le condizioni per il rilascio» del cittadino iraniano. Lo ha detto Majid Nili Ahmedabadi, dg per l'Europa occidentale del Ministero degli Esteri di Teheran all'ambasciatrice Paola Amadei nell'incontro sul caso Sala, aggiungendo che «gli Usa prendono in ostaggio gli iraniani nel mondo, imponendo le loro leggi in altri paesi: questo non solo danneggerà i legami Iran-Italia, ma è contro le leggi internazionali».
Intanto, i genitori di Cecilia Sala hanno chiesto il silenzio stampa per evitare di complicare l'evoluzione della vicenda. «La fase a cui siamo arrivati - si legge nel messaggio dei genitori della giovane giornalista - è molto delicata e la sensazione è che il grande dibattito mediatico su ciò che si può o si dovrebbe fare rischi di allungare i tempi e di rendere più complicata e lontana una soluzione. Per questo abbiamo deciso di astenerci da commenti e dichiarazioni e ci appelliamo agli organi di informazione chiedendo il silenzio stampa. Saremo grati per il senso di responsabilità che ognuno vorrà mostrare nell'evitare di divulgare notizie sensibili e delicate».
Cecilia Sala - Ansa
Accogliendo la richiesta della famiglia Sala, il Partito Radicale ha intanto annullato la manifestazione di protesta, inizialmente prevista per lunedì prossimo 6 gennaio davanti alla sede dell’ambasciata iraniana a Roma. Il 15 gennaio si terrà invece, presso la Corte d’Appello di Milano, l’udienza per decidere se concedere o meno i domiciliari a Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano 38enne bloccato il 16 dicembre scorso all'aeroporto di Malpensa dalla Digos su ordine della giustizia americana, dopo essere atterrato da Istanbul, e attualmente detenuto a Opera. L'uomo è accusato di terrorismo per aver violato le leggi americane sull'esportazione di componenti elettronici sofisticati dagli Usa all'Iran. Dopo il parere negativo sulla richiesta dei domiciliari, trasmesso dal procuratore generale di Milano, ora la palla passa alla Corte di Appello che sarà poi chiamata anche ad esprimersi sulla richiesta di estradizione formalizzata dagli Stati Uniti, che si sono già espressi contro la possibilità che l'iraniano esca dal carcere. La situazione è in continua evoluzione proprio perché la vicenda di Abedini è legata a doppio filo all'arresto della giornalista Cecilia Sala in Iran.
«Pregherò per Cecilia Sala e per me»: sono queste le parole usate da Mohammad Abedini Najafabadi con il suo legale, Alfredo De Francesco, che ha incontrato nella mattinata di venerdì 3 gennaio per un colloquio nel carcere di Opera. È la prima volta, dall'arresto del cittadino iraniano avvenuto il 16 dicembre scorso, che i due hanno parlato di Cecilia Sala. Tramite l’AdnKronos, Azar Karimi, portavoce dell'Associazione giovani iraniani in Italia, ha fatto sapere che la giornalista Cecilia Sala «è stata presa in ostaggio» e deve essere «liberata immediatamente, senza alcun tipo di ricatto o di scambio con il terrorista iraniano arrestato a Milano».