Ha 30 anni, è nel nostro Paese da 16, ma non è italiano il capitando della nazionale di cricket Gayashan Munasinghe
Gayashan Munasinghe, nato in Sri Lanka 30 anni fa, lavora come pasticcere a Roma ma soprattutto è il capitano della Nazionale italiana di cricket. Eppure non ha la cittadinanza: sì, per le regole della Federazione sportiva di questo sport, diffuso tra i figli degli immigrati asiatici, si può indossare la maglia azzurra anche senza passaporto italiano, purché si abbiano 4 anni di residenza. Gayashan è in Italia da 14, vive a Ponte Milvio e a Roma ha fatto i 5 anni di scuole superiori come grafico pubblicitario. Ma la passione è sempre stata il cricket e la Nazionale; in questi giorni si sta allenando perché a fine agosto partirà per un torneo in Sudafrica, valido per le qualificazioni ai Mondiali. «Dato che è un obiettivo importante – dice – un po’ di tensione c’è».
Ma l’adrenalina è dovuta anche a un’altra scadenza imminente: «Ad agosto mia moglie partorirà per la seconda volta, speriamo prima della mia partenza». Il paradosso non è da poco: il figlio del capitano della Nazionale di cricket sarà straniero, a causa dell’arretratezza delle norme in vigore. Anche la sorellina Selena, che ha due anni e non è mai uscita dallo Stivale, non è italiana. «Eppure crescerà con la cultura del Belpaese, l’italiano sarà la sua prima lingua, il singalese lo parlerà ma difficilmente saprà scriverlo poiché ha un alfabeto diverso». Chissà che a settembre il Senato non decida di riformare la legge, riconoscendo come italiani i figli di Gayashan, magari negli stessi giorni in cui il loro papà terrà alte le sorti del Tricolore e della maglia azzurra.