Il premier Mario Draghi al G20 con la regina olandese Maxima - Ansa
Nuovo modello economico, impegno (timido) per la transizione ecologica, vaccini. Sono le questioni che hanno tenuto banco, con diversi esiti, nella prima giornata del G20 romano, introdotta dal padrone di casa, il presidente del Consiglio Mario Draghi. Si è trovato, infatti, l’accordo sulla minimum tax per le multinazionali (leggi sotto), mentre resta ancora in salita il negoziato più atteso: quello sul clima, che vede ancora posizioni molto distanti.
Il premier italiano, aprendo il summit, ha insistito nel suo discorso sul multilateralismo come «la migliore risposta ai problemi che vediamo oggi. In molti sensi è l’unica risposta possibile». Su tutti quelli creati dalla pandemia da Sars-Cov2. Ma anche quelli legati al clima e alle tassazioni. «Non è un’opzione – ha insistito l’inquilino di Palazzo Chigi –. Dobbiamo superare le nostre differenze e ritrovare lo spirito di questo consesso». Di una cosa il capo del governo italiano si è detto sicuro: «Stiamo costruendo un nuovo modello economico e il mondo sarà migliore».
All’esortazione di Draghi sono arrivate risposte di vario genere durante i lavori. Sul capitolo tassazione, è stato espresso un sostegno «ampio e trasversale» all’accordo raggiunto in materia di tassazione minima globale. Il presidente Usa Joe Biden definisce l’accordo «storico» e sottolinea come «possiamo affrontare gli obiettivi comuni anche se non abbiamo la stessa visione». Nel panel su "Economia e salute globale" il presidente Usa ha detto che con questo accordo «la comunità internazionale sosterrà le persone, facendo in modo che le aziende contribuiscano, pagando la loro quota».
Passi più felpati invece sul dossier clima. Il G20, secondo una bozza pubblicata dall’agenzia Reuters e confermata da fonti Ue, ribadirà l’intenzione di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. Ma eviterà di indicare impegni stringenti e invita a «tenere in considerazione diversi percorsi e approcci». Nella bozza si parla di «azioni significative ed efficaci» dei Paesi. Ma non si menziona, come nella precedente, la necessità di «azioni immediate e non c’è un riferimento all’obiettivo di "emissioni zero" entro il 2050, salvo un generico «entro la metà del secolo».
La bozza è ancora a una stesura preliminare, fanno notare fonti di Palazzo Chigi. «Gli sherpa sono al lavoro e continueranno per tutta la notte», assicurano le stesse fonti. Sulla riduzione delle emissioni il presidente cinese Xi Jinping, intervenuto solo in video conferenza (al pari del russo Vladimir Putin), ha esortato i Paesi sviluppati a dare l’esempio, accogliendo «pienamente le particolari difficoltà e preoccupazioni dei Paesi in via di sviluppo». E dare loro supporto. È proprio la Cina, con l’India a non voler cedere sulla riduzione dei gas serra entro il 2025, data ritenuta troppo vicina.
Infine, ma non da ultimo, il capitolo vaccini. Draghi ha ribadito l’obiettivo, preso venerdì dai ministri finanziari e della Salute, di immunizzare almeno il 40% della popolazione globale entro il 2021 e il 70% entro il 2022. I leader hanno sostenuto la necessità di «abbattere le diseguaglianze fra Paesi ad alto e basso reddito nella disponibilità e nella distribuzione dei vaccini».
Il presidente russo Putin ha chiesto di lavorare al riconoscimento reciproco dei vaccini (con uno sguardo al suo Sputnik) e di sviluppare un meccanismo che li aggiorni velocemente, visto il mutare del virus. La giornata è finita tuttavia con Russia e Cina che chiedono un format ristretto per risolvere i problemi del mondo. I due ministri degli Esteri presenti, Lavrov e Wang Yi, definiscono una «urgente necessità» un summit a 5 dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu (Usa, Cina, Russia, Gb e Francia) per «cercare una risposta efficace alle attuali sfide e minacce globali». Non proprio il multilateralismo chiesto da Draghi. (Gianni Santamaria)
I colossi pagheranno almeno il 15% sugli utili
È il risultato di un lungo percorso e il più concreto del G20: la minimum tax globale sulle multinazionali, approvata dai leader nel vertice di Roma dopo anni di trattative per una strategia comune contro l’elusione fiscale, andrà a colpire in particolare i colossi del web cresciuti in questi anni, da Amazon a Facebook, consentendo di riattribuire ai Paesi del mondo intero i benefici per oltre 125 miliardi di dollari.
Il progetto per una tassa minima globale sulle grandi società era stato proposto dalla segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen, ad aprile scorso, nell’ambito della politica della nuova amministrazione di Joe Biden (che ora potrebbe beneficiare di 60 miliardi di gettito aggiuntivo l’anno): «Questo è più di un semplice accordo fiscale, è la diplomazia che ridisegna la nostra economia globale e porta risultati ai nostri popoli», ha dichiarato ieri il presidente Usa. Che dovrà comunque affrontare l’opposizione repubblicana al Senato alle nuove regole, perché l’accordo deve essere trasformato in legge nei vari Paesi, con l’obiettivo di partire nel 2023.
L’accelerazione per passare dalle parole ai fatti è stata comunque impressa dalla presidenza italiana del G20: a giugno la minimum tax è stata appoggiata dal G7 e ai principi di ottobre ha avuto l’ok da 136 Paesi sui 140 del Quadro Inclusivo Ocse/G20. L’accordo poggia su due pilastri: il primo prevede che le aziende con entrate per oltre 20 miliardi di euro possano essere tassate anche nei Paesi dove avvengono i consumi.
Il secondo prevede che i Paesi che ospitano il quartier generale delle multinazionali possano imporre una tassa minima di almeno il 15% – aliquota che molti osservatori continuano a considerare troppo bassa – in ciascuna delle nazioni in cui operano. Con la nuova minimum tax sparirà la digital service tax europea che aveva provocato le critiche degli Stati Uniti perché andava a colpire specialmente le grandi aziende tecnologiche basate oltre Oceano. (Marco Girardo)