Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl - Archivio
Saranno mesi “caldi” per Annamaria Furlan. La segretaria generale della Cisl dovrà affrontare sfide difficili e impegnative, non solo sul fronte lavoro. Con la fine dell’isolamento le toccherà fare la spola continua tra la sua Genova e Roma. Anche il sindacato, infatti, è chiamato a dare un contributo per un nuovo sviluppo post pandemia del Paese.
Quali sono le richieste per l'incontro che avete chiesto al premier Conte?
Bisogna migliorare in questa fase il decreto Rilancio per dare certezze ai lavoratori. In tal senso è positivo che la ministra Catalfo abbia confermato a nome del governo la volontà di estendere i trattamenti di cassa integrazione fino alla fine dell’anno e di prorogare a tutto il 2020 il blocco dei licenziamenti. Sono atti urgenti e inderogabili. Ci aspetta un autunno terribile. Bisogna schierare tutti gli interventi possibili per sostenere occupazione e aziende.
Tanti lavoratori attendono ancora il pagamento della Cig, però.
Sì. Lo abbiamo denunciato anche noi. Bisogna accelerare i tempi e cambiare le procedure per avere pagamenti più veloci. Vanno tutelate tutte le forme di lavoro: subordinato, autonomo, a tempo indeterminato, determinato, anche gli stagionali. Nessuno deve restare senza sussidi. Pensiamo sia arrivato il momento di discutere una riforma degli ammortizzatori e delle politiche attive per contrastare la precarietà.
Come giudica la convocazione degli Stati generali dell'economia?
È sicuramente un bene e un fatto positivoaprire un momento di confronto tra tutte le forze produttive e ascoltare anche autorevoli contributi sull'analisi e sulle proposte da mettere in campo. Ma occorre fare di più. Subito dopol'analisi, abbiamo bisogno di un grande patto sociale per far ripartire il Paese, utilizzando bene le risorse che l’Europa ci darà. Il tema è che cosa fare per la crescita, quali interventi concreti e rapidi mettere in campo. Non possiamo sprecare questa opportunità per cambiare l'Italia, modernizzare le nostre infrastrutture, costruire una nuova politica industriale, migliorare la sanità pubblica, la pubblica amministrazione, i servizi sociali.
Lei ha più volte invocato un patto come quello di Ciampi nel 1993? Perché?
La politica da sola non ce la può fare. In questa fase così difficile di ricostruzione dopo la pandemia, occorre ancora più coesione sociale, partecipazione, scelte condivise su obiettivi comuni. Noi pensiamo che ci voglia un piano straordinario di investimenti pubblici sul lavoro, come si fece nel dopoguerra: puntare decisamente su innovazione, digitalizzazione, formazione delle nuove competenze e dei nuovi profili professionali. Per fare tutto questo ci vuole anche una vera riforma fiscale che riduca le tasse e rilanci i consumi. Lo diciamo al governo e a tutte le forze politiche: questo è il momento di fare le riforme che il Paese aspetta da 20 anni.
Teme che l’inasprimento del clima politico possa bloccare investimenti e riforme?
Guardi, io penso che tutte le forze politiche, sia al governo sia all’opposizione, dovrebbero far tesoro delle parole del presidente della Repubblica Mattarella: oggi è il momento della responsabilità e dell’unità del Paese. Un patto sociale, sostenuto in Parlamento da tutte le forze politiche, rafforzerebbe il ruolo dell’Italia in Europa. È cinico pensare di piantare bandierine o di fare speculazioni elettorali quando il Paese sta attraverso uno dei periodi più difficili della sua storia .
Cambiamo tema. Che cosa ne pensa della proposta di Papa Francesco di una retribuzione universale di base?
Anche noi siamo convinti che bisogna ridurre le gravi diseguaglianze sociali e far uscire l’umanità dalla povertà estrema. Ci sono milioni di persone senza lavoro, non autosufficienti e bisognose di assistenza, soprattutto nelle tante periferie delle nostre città. Dobbiamo pensare a estendere le forme universali di reddito e di assistenza universale, come da tempo propone l’Alleanza per la Povertà, di cui la Cisl fa parte. Ma nello stesso tempo dobbiamo fare molto di più per favorire l’inclusione sociale attraverso il lavoro, soprattutto per i giovani e le donne, e contrattare eguali diritti e una retribuzione dignitosa per tutti.
Di cosa ha più bisogno il nostro Paese dopo la pandemia? C’è chi propone "tasse zero" nelle zone speciali del Sud.
Risollevare le condizioni del Mezzogiorno, significherebbe rilanciare anche tutta l’economia del Paese. Ben vengano quindi un credito d’imposta rafforzato per le zone del Sud e maggiori incentivi fiscali per le imprese che vogliono investire al Meridione. Ma occorre anche un grande piano di infrastrutture materiali e immateriali specifico per il nostro Sud. Non esiste sviluppo senza strade, ferrovie, porti. Questa è la priorità. Il nuovo clima di coesione europeo può aiutarci.
Nel Sud, a Taranto, c’è anche l’Ilva, col nuovo piano di Arcelor.
La vicenda dell’Ilva è davvero scandalosa. Gli esuberi annunciati da Arcelor sono inaccettabili. Non si può scaricare il peso di scelte sbagliate ancora una volta sui lavoratori, su migliaia di famiglie e anche comunità che aspettano da tempo il risanamento ambientale. La gestione dell’ex Ilva è la sommatoria di errori gravi e strategici della politica e di Arcelor Mittal. Penso alla vicenda dello scudo penale e alla assoluta irresponsabilità e insipienza da parte dell’azienda. Per questo ora è arrivato il momento di fare chiarezza non solo con l’azienda, ma anche con il governo sul futuro di un settore strategico come l’acciaio, come chiesto anche dai sindacati dei metalmeccanici.
Si può riproporre la presenza dello Stato nelle grandi imprese?
Guardi, noi la pensiamo come Prodi: è sicuramente necessario oggi un ruolo, anche temporaneo, dell’investitore pubblico per salvare e rilanciare le aziende strategiche. Ma questo deve essere accompagnato da piani industriali credibili, partner adeguati e soprattutto dalla scelta del modello partecipativo. È arrivato il momento di imboccare la strada della democrazia economica, favorire fiscalmente la partecipazione azionaria e la presenza dei rappresentanti eletti dai lavoratori negli organismi di controllo e di indirizzo delle aziende. Questa sarebbe la vera svolta per cambiare il nostro modello di sviluppo. E anche la garanzia contro investimenti incauti e delocalizzazioni.
Domani il mondo della scuola sciopera. Cosa si sente di rispondere al sindacalista della Cisl che si è schierato contro la maestra di Prato che faceva lezione al parco?
Lo sciopero è sacrosanto perché abbiamo bisogno di un piano nazionale per riaprire in sicurezza le scuole a settembre, con la necessaria copertura di tutti gli organici, docenti e personale ausiliario. La scuola è l'unico settore del mondo del lavoro su cui non abbiamo avuto la possibilità di fare un confronto serioper costruire un protocollo sulla sicurezza, per tutelare studenti e operatori. Quanto a Prato, manderei anche la mia nipotina alle lezioni all’aperto di Francesca Silvieri, quella brava insegnante.