giovedì 31 agosto 2023
La prefettura chiede aiuto per l’ospitalità di circa 100-150 immigrati attesi ogni settimana. Il vescovo Spreafico: inserimento in maniera degna nel nostro territorio
Ospiti e operatori della Cooperativa

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La Prefettura chiede un aiuto alla Diocesi per accogliere la grande quantità di immigrati arrivati in Italia quest’anno. E la Diocesi risponde positivamente. Ma a precise condizioni. In particolare che l’accoglienza sia vera integrazione con la possibilità di inserirsi nel nostro territorio in maniera degna.

Accade a Frosinone ma, sta accadendo in tante altre Diocesi. In quella laziale, ha fatto sapere la Prefettura, è previsto l’arrivo di circa 100-150 immigrati ogni settimana. Almeno fino a fine ottobre. Numeri ai quali l’attuale sistema di accoglienza non riesce a rispondere. Perché i 350 posti nei Sai (ex Spar) e i 1.103 nei Cas sono già esauriti. Così la Prefettura, su indicazione del Viminale, ha fatto sapere che procederà ad affidamento diretto, anche in deroga alle regole generali, quindi senza bando, riconoscendo servizi base per 26 euro al giorno pro capite. Molto più dei 19 euro previsti dai cosiddetti “decreti sicurezza”, che tagliarono drasticamente i fondi (prima erano 35 euro), eliminando proprio tutta una serie di servizi di integrazione. La richiesta di aiuto trova una risposta positiva dalla Diocesi che, attraverso il proprio braccio operativo, la cooperativa “Diaconia” è impegnato da molti anni per la buona accoglienza.

«Noi abbiamo sempre lavorato in collaborazione con le istituzioni però mettendoci molto del nostro – sottolinea il vescovo Ambrogio Spreafico –. Piccoli gruppi che inseriamo nelle realtà locali. Vengono accolti nelle parrocchie, hanno un rapporto molto bello di convivenza nei paesi dove si trovano. È la comunità che integra e rende anche le sofferenze di ognuno meno dolenti perché c’è la solidarietà dell’amicizia, della vicinanza, delle condivisione. In alcuni comuni gli immigrati fanno anche lavori socialmente utili».

Come ci spiega il presidente, Marco Arduini, attualmente “Diaconia” gestisce due Cas e tre Sai, per un totale di 337 persone, tutta accoglienza diffusa, in piccoli gruppi, 207 nei Cas e 130 nei Sai. Gruppi familiari, nuclei monoparentali, donne vittime di tratta e sfruttamento. Dopo i tagli decisi dal governo “giallo- verde”, la diocesi ha continuato a coprire alcuni servizi. « Dopo il “decreto Salvini” continuiamo a sostenere tutte le spese che lo Stato non passa più – ricorda il vescovo –. Un’accoglienza risicata non funziona. Noi vogliamo accogliere per dare la possibilità a gente che fugge non solo da guerre e da calamità naturali ma anche da situazioni economiche difficili, di inserirsi nel nostro territorio in maniera degna e che possano avere la possibilità di apprendere la lingua, di inserirsi nella nostra cultura».

Attualmente nelle strutture non ci sono più posti disponibili anche perché alla prefettura è stato assicurato anche il 10% in più rispetto al numero assegnato attraverso bando di gara (nella formula di gratuità) oltre al quinto d’obbligo previsto nel bando di gara. Così la Diocesi sta facendo una ricognizione dei beni ecclesiastici, soprattutto case di congregazioni religiose rimaste vuote, ma in buone condizioni, per metterli a disposizione. Ma a precise condizioni: che il servizio sia affidato ad operatori già impegnati in tale attività come “Diaconia”; che vi siano contratti scritti che garantiscano le strutture e gli operatori e che sia definito il periodo; che si accettino le strutture per come sono, senza richiedere particolari interventi di adeguamento anche perché la Diocesi non ha risorse sufficienti; che non si creino concentrazioni eccessive di ospitalità, quindi accoglienza diffusa; che sia onere della prefetture trattare con i Comuni interessati per garantire accettazione. «Su questo – aggiunge Arduini – la Prefettura si è detta d’accordo ma non ha messo niente nero su bianco e attendiamo una risposta».

Intanto “Diaconia” «ha deciso, sempre su precisa richiesta, di partecipare per la prima volta al bando per l’accoglienza di minori non accompagnati. Anche qui vorremmo operare in piccoli gruppi come per le case famiglia». Di nuovo una risposta concreta ai più fragili. « L’universalismo evangelico – sottolinea il vescovo – è la fraternità che viene dalla ricchezza e dignità della differenza di ognuno. Questo rende possibile vivere la comunità».

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