«La parrocchia è letteralmente circondata dalle sale scommesse». È il grido di allarme di
don Marco Ricci, giovane parroco di Santa Maria della Consolazione, storica chiesa di Ercolano (costruita dagli Agostiniani nel 1613). Proprio a fianco della parrocchia, a quaranta metri, è stata aperta da pochi mesi una sala giochi. «Scommesse», «Virtual», «Gioco on line», si legge sui cartelli. E all’interno anche tante slot. Ma è solo l’ultimo arrivo. Proprio di fronte alla chiesa c’è un grande tabaccaio, col Lotto e giochi on line tipo "Win for life". A meno di 100 metri altra grande sala scommesse, proprio di fronte al palazzo confiscato al clan Birra, sede di Radio Siani, intitolata al giovane giornalista ucciso dalla camorra. E ancora un circolo, molto frequentato dai giovani, dove tre mesi fa i carabinieri hanno sequestrato le slot ma che è ancora aperto. Mentre altre slot sono presenti in due bar a pochi metri dalla chiesa. In uno, a Pasqua, sono entrati due scesi da una moto e hanno spaccato la testa a un cliente con il calcio della pistola. E poco più avanti, sempre a meno di 300 metri, nel territorio della parrocchia di Santa Caterina (anche questa "circondata", ci dice don Salvatore Scaglione), proprio di fronte ai famosissimi scavi di Ercolano, ecco un’altra sala scommesse. Mentre la grande sala bingo nella parte alta del paese fa girare un pullmino per raccogliere i giocatori.«Ho chiesto aiuto all’amministrazione comunale, almeno per bloccare la sala scommesse a fianco della chiesa ma mi hanno risposto che non possono fare nulla», denuncia don Marco. E in pochi mesi i problemi sono subito emersi. «Davanti alla sala c’è folla tutti i giorni e il sabato e domenica, come dice un mio anziano parrocchiano, "sembra la fila per le tessere del pane"». C’è anche chi «esce dalla messa a ve a giocare o che va prima a giocare e poi entra in chiesa con la "bolletta" in tasca. Ma io non ci sto, ne parlo spesso nelle omelie e dico, soprattutto ai giovani, che non possono fare la comunione se hanno la "bolletta" in tasca, perché giocare d’azzardo è peccato». Lo dice con forza don Marco, tifosissimo del Napoli, con l’ufficio parrocchiale pieno di gadget "azzurri". «Mi dicono "perché non giochi?". Rispondo che io sono tifoso, che il gioco è un’altra cosa. Io tengo una sola "dipendenza" e si chiama Napoli».Ma chi è che scommette? «Anche alcuni che vengono da noi alla Caritas, gente povera che si illude di poter risolvere così i propri problemi. Padri di famiglia e anche donne. Una di mezza età, coi genitori anziani, ha raccolto il mio appello e mi ha chiesto di aiutarla. L’ho indirizzata ai "giocatori anonimi». Ma altri non riconoscono il loro problema. «Vengono solo per chiedere soldi, perché spesso finiscono in mano agli usurai. Mai io gli rispondo che siamo pronti ad aiutarli solo se denunciano e cominciano un cammino per uscire dall’azzardo». Tra loro «molte donne che la mattina aspettano che apra il tabaccaio per giocare al "gratta e vinci". Ma anche tanti giovani che evadono la scuola per andare a scommettere». Li vediamo anche noi davanti alle due sale, mentre parlano dei risultati.Don Marco non tace neanche coi baristi «Ho detto in chiesa che esiste anche l’obiezione di coscienza contro l’azzardo. Ma poi mi rispondono "come si va
annanz’?". Per loro è più l’indotto del gioco che l’introito diretto. E non ci rinunciano».