Un frame del video di Criz "Numero 10" - Youtube
Il nome deriva dalle cosiddette “trap house”, termine che indicava, nello slang dei bassifondi di Atlanta, abitazioni fatiscenti usate per lo spaccio. All’inizio dunque, più che un sottogenere del rap, era un posto frequentato da rapper. Le melodie, così come i testi, sono in genere molto ripetitive, incisive, minimali. Il tempo è sincopato e la voce è spesso modificata tramite il cosiddetto autotune. La produzione è in genere legata alla drum machine Roland TR-808, la macchina di elezione per questo genere di musica. I testi parlano di droga, dipendenze, sesso. Ma anche di ricchezza. Spesso i suoi interpreti sfoggiano pacchiani bracciali d’oro, Rolex, macchine potenti, improbabili abiti sgargianti, ma sempre firmati da case di alta moda: è la rivendicazione di ce l’ha fatta. Un’altra particolarità è la diffusione della musica, spesso autoprodotta e condivisa su internet. In Italia il genere è esploso grazie a Sfera Ebbasta, il re della trap come si è definito lui stesso, con un album del 2014.
Criz e AimaD hanno 19 anni. La morte nel sonno lo scorso 7 luglio di Gianluca Alonzi e Flavio Presuttari, 16 e 15 anni, avvenuta a seguito dell’assunzione di un mix di sostanze letali poche ore prima – l’esatta composizione sarà stabilita fra una settimana dagli esami tossicologici – ha sconvolto anche loro, che di quei ragazzi sono concittadini.
La trap è il loro modo di esprimersi. Eppure sono entrambi lontanissimi da quei messaggi pericolosi che probabilmente hanno attirato in trappola i due giovani adolescenti. Non ci stanno a finire nel calderone della musica “cattiva maestra”. Criz, al secolo Christian Risi, ha già diversi singoli all’attivo. Viene da una famiglia molto cattolica, di sani principi. E anche se lui dice di non essere credente, scorrendo i testi delle sue canzoni si capisce che quei valori li ha dentro: «Non conoscevo di persona i due ragazzi, ma uno era venuto a complimentarsi con me per il mio ultimo singolo. Quando ho visto la foto di loro due sono rimasto scosso».
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E la prima cosa che ha fatto è stata andare sotto il video di 'Numero 10', una delle sue prime canzoni e lasciare un messaggio ai fans: «Attenzione: a distanza di due anni scrivo sotto questo video per dire una cosa importante. La Sprite che vedete nel video è solo gassosa, non è mischiata con niente. L’ho messa per fare scena, ma io non faccio uso di queste sostanze. La droga fa male, ricordatevelo. Un abbraccio». Poi spiega: «Avevo 16 anni quando ho fatto quel video, quando l’ho fatto era appena uscita quella “moda” e io l’ho seguita, oggi non lo farei mai più. Non si scherza con quello schifo, non si può inneggiarne all’uso».
Però il rischio emulazione è sempre in agguato: «Per quello ho voluto inserire il messaggio. La musica è libertà di espressione e sta alle capacità di chi ascolta distinguere il falso dal vero, ma abbiamo a che fare anche con ragazzini e in questo una grande parte del nostro mondo ha responsabilità». AimaD, all’anagrafe Damiano Bonaventura Casicci, è già in rampa di lancio. Recentemente ha aperto il concerto di Mahmood a Spoleto, ha un disco all’attivo e diversi suoi brani sono già molto seguiti (e cliccati). Il ritornello di 'Bianco', il singolo in uscita, nato durante il lockdown e pronto per diventare la hit estiva, ha fatto discutere: «Vedo bianco, ci vedo male, fracio marcio, manco le scale, sono stanco non mi voglio alzare».
Ma lui precisa: «Ho cercato di rendere orecchiabile un mio dramma personale, che mi aveva allontanato da tutto e tutti ». Non lo dice, ma sembra chiaro il riferimento all’inganno di certe sostanze: «Penso che nella vita possa capitare tutto, l’importante è capire dove si è sbagliato e tornare sui propri passi e sapersi correggere».
AimaD spiega: «Quella vicenda mi ha dato l’occasione per fare un altro passo verso la maturità: ne canto adesso, perché non ho ancora 20 anni, sono troppo pochi per correre il rischio di perdermi e io non voglio rinunciare alla vita». E sul mondo della trap dice: «Chi si fa le foto con lo sciroppo in mano dovrebbe pensare al pubblico giovanissimo che lo segue e può cascarci. Però mi chiedo anche: perché un ragazzo di 16 anni cerca la codeina? Che cosa gli manca? Secondo me è colpa anche del fatto che si cerca qualcosa “di diverso”, magari perché non c’è molto altro a cui pensare, soprattutto nelle piccole città. Ed è facile cadere in questa rete».
Intanto, a Terni, il questore Massucci ed il sindaco Latini hanno annunciato che le zone della movida saranno delimitate e regolamentate, chiedendo anche la collaborazione dei gestori: «Vogliamo salvaguardare il divertimento – spiegano – anche rumoroso, ma nel rispetto delle leggi: niente droga, niente abuso di alcol, niente violenza. Serve un percorso di responsabilizzazione dei giovani che deve necessariamente partire dagli adulti».