Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea (Ansa)
Nessuno chiede all’Italia tutto e subito ma sul debito serve un piano credibile di medio termine per ridurlo. Da Vilnius, in Lituania, dove si è tenuto il Consiglio direttivo della Bce, il presidente Mario Draghi parla (anche) dell’Italia. E sui nostri conti pubblici interviene pure Moody’s, uno dei big mondiali del rating, cioè della valutazione dell’affidabilità finanziaria. L’agenzia vede il debito in ulteriore aumento nei prossimi anni, spinto da un rapporto deficit/Pil stimato al 2,6% nel 2019 (e al 2,7% nel 2020) giudicando «non credibile» il 2,1% del governo. In questo contesto la manovra per il prossimo anno costituirà, si spiega, «una pietra miliare importante nella valutazione della direzione che prenderà il merito di credito del Paese». Mentre «ad oggi l’assenza di una strategia credibile sul debito continua a esporre l’Italia a cambiamenti del sentiment degli investitori».
Come dire che i mercati, che stando allo spread già oggi prezzano il rischio Italia il triplo della Spagna, potrebbero rapidamente peggiorare la loro disponibilit à a investire. «Il deterioramento del sentiment del mercato sarà più efficace nel fare pressione sul governo italiano affinché aggiusti le proprie politiche» rispetto al "pressing" della Ue, avverte l’agenzia all’indomani del via libera della Commissione Ue all’apertura della procedura di infrazione contro l’Italia per violazione delle regole del debito.
Anche se Roma riuscirà a prendere tempo con Bruxelles (come si ipotizza in queste ore) i nodi arriveranno al pettine con la legge di stabilità di ottobre, ammonisce Moody’s che, relativamente agli annunci sulla flat tax, si limita a osservare come l’eventuale riforma fiscale andrebbe a pesare sul bilancio dell’Italia per altri 30 miliardi (è la cifra fatta nelle scorse settimane dal vice premier Matteo Salvini).
L’agenzia, che tornerà a pronunciarsi sul rating italiano il 6 settembre, lancia poi un allarme sull’ipotesi dei minibot, considerandola negativa per il merito del credito tricolore. Il riferimento è alla mozione approvata dalla Camera che invita il governo a introdurre titoli di Stato di piccolo taglio come strumento per ridurre i pagamenti arretrati della pubblica amministrazione. Sarebbe «un primo passo per la creazione di una valuta parallela e la preparazione per l’uscita dell’Italia dall’euro», commenta l’agenzia. Sul punto è arrivata anche la bocciatura di Mario Draghi: «O sono un’altra moneta, e quindi sono illegali, oppure sono altro debito, e dunque lo stock del debito sale: non vedo una terza possibilità», ha sentenziato il presidente Bce rilevando come «la lettura che le persone e i mercati hanno dato (della proposta, ndr) non sembra essere positiva».
Ai giornalisti stranieri che lo interrogavano sulla procedura di infrazione, Draghi ha sottolineato che nessuno ha chiesto all’Italia «una rapida riduzione del debito/Pil, che sappiamo tutti essere impossibile. Piuttosto un piano di medio termine che però deve essere credibile, come le azioni che seguiranno per attuarlo». Un invito a cercare una seria mediazione. Secondo Draghi (che ieri ha annunciato tassi ai minimi per un altro semestre e un nuovo maxi-prestito alle banche) nell’eurozona «una politica di bilancio leggermente espansiva sostiene l’attività economica. Tuttavia, i Paesi in cui il debito pubblico è elevato devono continuare a ricostituire le riserve di bilancio» per raggiungere «una composizione delle finanze pubbliche più favorevole alla crescita».