Ansa
Una lunga e articolata comunicazione, forse la più lunga alle Camere da quando è premier. Mario Draghi vive una giornata interamente dedicata a cercare in Parlamento un'unità forte sulla scelta più difficile, la fornitura di armi e strumenti militari all'Ucraina. D'altra parte, il decreto varato lunedì pomeriggio prevede esplicitamente che ogni scelta in tal senso vada subordinata al voto di coerenti mozioni parlamentari. Il premier ha iniziato di mattina al Senato, nel pomeriggio il passaggio anche alla Camera. A Palazzo Madama la mozione favorevole alla linea del governo è passata con 244 sì, 13 voti contrari e 3 astenuti. Nelle fila di M5s 11 assenti, 7 nella Lega. Tra i "no", pesa quello di Vito Petrocelli, presidente M5s della commissione Esteri (che però non incorrerà in sanzioni da parte del suo partito). Respinte quattro mozioni contrarie al sostegno militare. Confermato dunque l'asse tra i partiti di maggioranza con l'appoggio anche di Fratelli d'Italia.
«Russia di Putin ci riporta indietro di 80 anni. In gioco i nostri valori e l'Italia non gira la faccia dall'altra parte»
«L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia segna una svolta decisiva nella storia europea. Pensavamo di poter dare per scontate le conquiste di pace, sicurezza, benessere che le generazioni che ci hanno preceduto avevano ottenuto con enormi sacrifici. Le immagini che ci arrivano da Kiev, Kharkiv, Maripol e dalle altre città dell’Ucraina in lotta per la libertà dell’Europa segnano la fine di queste illusioni. L’eroica resistenza del popolo ucraino, del suo presidente Zelensky, ci mettono davanti una nuova realtà e ci obbligano a compiere scelte fino a pochi mesi fa impensabili. L’aggressione – premeditata e immotivata – della Russia verso un Paese vicino ci riporta indietro di oltre ottant’anni». Il riferimento temporale è all'azione nazista nel secolo scorso, riferimento che nelle bozze del discorso era anche più esplicito con richiami alle annessioni e invasioni di Hitler. «Il disegno del presidente Putin si rivela oggi con contorni nitidi - prosegue Draghi -. Ora tocca a noi decidere come reagire. L’Italia non intende voltarsi dall’altra parte». Inizia con parole forti, il discorso di Draghi alle Camere. Specificando, tuttavia, che non c'è alcuno scontro contro la nazione e i cittadini russi. Il premier ha ricordato le 6.000 persone arrestate per aver manifestato contro l’invasione dell’Ucraina. «Ammiro il coraggio di chi vi prende parte».
Le parole iniziali fanno il paio con l'appello finale che il premier lancia al Parlamento: «L’invasione da parte della Russia non riguarda soltanto l’Ucraina. È un attacco alla nostra concezione dei rapporti tra Stati basata sulle regole e sui diritti. Non possiamo lasciare che in Europa si torni a un sistema dove i confini sono disegnati con la forza. E dove la guerra è un modo accettabile per espandere la propria area di influenza. Il rispetto della sovranità democratica è una condizione alla base di una pace duratura. Ed è al cuore del popolo italiano che, come disse Alcide De Gasperi, è pronto ad associare la propria opera a quella di altri Paesi, “per costruire un mondo più giusto e più umano”. La lotta che appoggiamo oggi, i sacrifici che compiremo domani sono una difesa dei nostri principi e del nostro futuro. Ed è per questo che chiedo al Parlamento il suo sostegno».
Le misure umanitarie: verso la direttiva europea sulla protezione temporanea, ucraini in Ue due anni senza richiesta di asilo
Oltre alle misure italiane di sostegno al popolo ucraino, il premier Draghi ha tracciato le iniziative europee allo studio, che rappresentano anch'esse un passaggio storico nella capacità di condividere la pressione migratoria.
«Domenica - ricorda Draghi - nel Consiglio straordinario dei ministri dell’Interno dell’Unione Europea è stata valutata la possibilità, che l’Italia sostiene, di applicare per la prima volta la direttiva sulla protezione temporanea prevista in caso di afflusso massiccio di sfollati. Questa direttiva garantirebbe agli Ucraini in fuga di soggiornare nell’Unione Europea per un periodo di un anno rinnovabile ed eviterebbe di dover attivare onerose procedure di asilo dopo i 90 giorni di soggiorno senza visto. La direttiva porterebbe inoltre gli Stati membri a indicare la propria capacità di accoglienza e a cooperare tra loro per il trasferimento della residenza delle persone da uno Stato all'altro. Faremo la nostra parte, senza riserve, per garantire la massima solidarietà».
Si tratta, ora, di imparare la lezione: «Lo straordinario afflusso di rifugiati che ha già incominciato ad arrivare dall’Ucraina, ci obbliga poi a rivedere le politiche d’immigrazione che ci siamo dati come Unione Europea. In passato, l’Unione si è dimostrata miope nell’applicare regolamenti datati, come quello di Dublino, invece di adottare un approccio realmente solidale. L’Italia è pronta a fare la sua parte per ospitare chi fugge dalla guerra, e per aiutarlo a integrarsi nella società. I valori europei dell’accoglienza e della fratellanza devono valere sempre».
Il sostegno militare: «Daremo armi a Kiev, non bastano gli incoraggiamenti»
Il premier conferma il piano d'impegno italiano sul fronte Est della Nato e chiede ufficialmente al Parlamento di inviare armi e veicoli militari al governo di Kiev: l'attuale situazione giustifica la necessità di «mettere in atto direttamente la prima parte dei piani e incrementare la postura di deterrenza sul confine orientale dell’Alleanza con le forze già a disposizione. Mi riferisco al passaggio dell’unità attualmente schierata in Lettonia, alla quale l’Italia contribuisce con 239 unità. Per quanto riguarda le forze navali, sono già in navigazione e sotto il comando Nato. Le nostre forze aeree schierate in Romania saranno raddoppiate in modo da garantire copertura continuativa, assieme agli assetti alleati. Sono in stato di pre-allerta ulteriori forze già offerte dai singoli Paesi Membri all’Alleanza: l’Italia è pronta con un primo gruppo di 1.400 militari e un secondo di 2.000 unità».
Ma è la seconda parte dell'illustrazione di Draghi, la più importante: «L’Italia ha risposto all’appello del Presidente Zelensky che aveva chiesto equipaggiamenti, armamenti e veicoli militari per proteggersi dall’aggressione russa. È necessario che il governo democraticamente eletto sia in grado di resistere all’invasione e difendere l’indipendenza del Paese. A un popolo che si difende da un attacco militare e chiede aiuto alle nostre democrazie, non è possibile rispondere soltanto con incoraggiamenti e atti di deterrenza. Questa è la posizione italiana, dell’Unione Europea, dei nostri alleati.
«L’Europa ha dimostrato enorme determinazione nel sostenere il popolo ucraino - è la sfida infine lanciata da Draghi -. Nel farlo, ha assunto decisioni senza precedenti nella sua storia – come quella di acquistare e rifornire armi a un Paese in guerra. Come è accaduto altre volte nella storia europea, l’Unione ha accelerato nel suo percorso di integrazione di fronte a una crisi. Ora è essenziale che le lezioni di questa emergenza non vadano sprecate. In particolare, è necessario procedere spediti sul cammino della difesa comune, per acquisire una vera autonomia strategica, che sia complementare all’Alleanza Atlantica. La minaccia portata oggi dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo fatto finora.
Possiamo scegliere se farlo a livello nazionale, oppure europeo. Il mio auspicio è che tutti i Paesi scelgano di adottare sempre più un approccio comune. Un investimento nella difesa europea è anche un impegno a essere alleati».
Un registro Ue degli oligarchi per sanzioni ancora più mirate.
«Abbiamo adottato - dice Draghi riferendosi all'iniziativa Ue - sanzioni senza precedenti, che colpiscono moltissimi settori e un numero importante di entità e individui, inclusi il presidente Putin e il ministro Lavrov. Sul piano finanziario le misure restrittive adottate impediranno alla Banca centrale russa di utilizzare le sue riserve internazionali per ridurre l’impatto delle nostre misure restrittive. In ambito UE si sta lavorando a misure volte alla rimozione dal sistema SWIFT di alcune banche russe. Questo pacchetto ha inflitto già costi molto elevati a Mosca. Nella sola giornata di lunedì, il rublo ha perso circa il 30% del suo valore rispetto al dollaro. La Borsa di Mosca è chiusa da ieri e la Banca centrale russa ha più che raddoppiato i tassi di interesse, passati dal 9,5% al 20%, per provare a limitare il rischio di fughe di capitali. Stiamo approvando forti misure restrittive anche nei confronti della Bielorussia, visto il suo crescente coinvolgimento nel conflitto. La Russia ha subito anche un durissimo boicottaggio sportivo, con l’annullamento di tutte le competizioni con squadre russe in ogni disciplina». Ora «l'Italia è pronta a ulteriori misure restrittive, ove fossero necessarie. In particolare, ho proposto di prendere ulteriori misure mirate contro gli oligarchi. L’ipotesi è quella di creare un registro internazionale pubblico di quelli con un patrimonio superiore ai 10 milioni di euro. Ho poi proposto di intensificare ulteriormente la pressione sulla Banca centrale russa e di chiedere alla Banca dei Regolamenti Internazionali, che ha sede in Svizzera, di partecipare alle sanzioni. Allo stesso tempo, è essenziale mantenere aperta la via del dialogo con Mosca. Ieri, delegazioni russe e ucraine si sono incontrate in Bielorussia, al confine con l’Ucraina.
Auspichiamo il successo di questo negoziato, anche se siamo realistici sulle sue prospettive».
Il piano energetico: stoccaggi sufficienti per affrontare eventuale stop alle forniture russe, in arrivo nuovi aiuti a famiglie e imprese.
«Il governo è inoltre al lavoro per mitigare l’impatto di eventuali problemi per quanto riguarda le forniture energetiche - prosegue Draghi -. Al momento non ci sono segnali di un’interruzione delle forniture di gas. Tuttavia è importante valutare ogni evenienza, visto il rischio di ritorsioni e di un possibile ulteriore inasprimento delle sanzioni. L’Italia importa circa il 95% del gas che consuma e oltre il 40% proviene dalla Russia. Nel breve termine, anche una completa interruzione dei flussi di gas dalla Russia a partire dalla prossima settimana non dovrebbe comportare problemi. L’Italia ha ancora 2,5 miliardi di metri cubi di gas negli stoccaggi e l’arrivo di temperature più miti dovrebbe comportare una significativa riduzione dei consumi da parte delle famiglie. La nostra previsione è che saremo in grado di assorbire eventuali picchi di domanda attraverso i volumi in stoccaggio e altra capacità di importazione».
Tuttavia, prosegue Draghi, «in assenza di forniture dalla Russia, la situazione per i prossimi inverni rischia di essere più complicata. Il governo ha allo studio una serie di misure per ridurre la dipendenza italiana dalla Russia. Le opzioni al vaglio, perfettamente compatibili con i nostri obiettivi climatici, riguardano prima di tutto l’incremento di importazioni di gas da altre fornitori – come l’Algeria o l’Azerbaijan; un maggiore utilizzo dei terminali di gas naturale liquido a disposizione; eventuali incrementi temporanei nella produzione termoelettrica a carbone o petrolio, che non prevedrebbero comunque l’apertura di nuovi impianti. Se necessario, sarà opportuno adottare una maggiore flessibilità sui consumi di gas, in particolare nel settore industriale e quello termoelettrico. La diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico è un obbiettivo da perseguire indipendentemente da quello che accadrà alle forniture di gas russo nell’immediato. Non possiamo essere così dipendenti dalle decisioni di un solo Paese.
Ne va anche della nostra libertà, non solo della nostra prosperità. Per questo, dobbiamo prima di tutto puntare su un aumento deciso della produzione di energie rinnovabili – come facciamo nell’ambito del programma “Next Generation EU”. Dobbiamo continuare a semplificare le procedure per i progetti onshore e offshore – come stiamo già facendo – e investire sullo sviluppo del biometano. Il gas rimane un utile combustibile di transizione. Dobbiamo ragionare su un aumento della nostra capacità di rigassificazione e su un possibile raddoppio della capacità del gasdotto Tap».
Chiaro che, in caso di interruzioni nelle forniture di gas dalla Russia, l’Italia avrebbe più da perdere rispetto ad altri Paesi europei che fanno affidamento su fonti diverse. «Questo non diminuisce la nostra determinazione a sostenere sanzioni che riteniamo giustificate e necessarie. È però importante muoverci nella direzione di un approccio comune per lo stoccaggio e l’approvvigionamento di gas. Farlo permetterebbe di ottenere prezzi più bassi dai Paesi produttori e assicurarci vicendevolmente in caso di shock isolati».
Sul tema, infine il premier annuncia nuovi interventi per famiglie e imprese ma chiede che arrivino sotto l'ombrello Ue, ovvero con un nuovo regime economico speciale dell'Unione, in cui "sospendere" ulteriormente i calcoli su deficit e debito consentendo ai Paesi di affrontare i costi della guerra scatenata da Putin. «La guerra avrà conseguenze sul prezzo dell’energia, che dovremo affrontare con nuove misure a sostegno delle imprese e delle famiglie. È opportuno che l’Unione Europea le agevoli, per evitare contraccolpi eccessivi sulla ripresa. Nel lungo periodo, questa crisi ci ricorda l’importanza di avere una visione davvero strategica e di lungo periodo nella discussione sulle nuove regole di bilancio in Europa».
La replica di Draghi con la risposta a Salvini: il momento della pace verrà, ma da Putin azione premeditata.
Nel dibattito parlamentare c'è stato un intervento del capo della Lega Matteo Salvini che, pur confermando infine il sostegno alle scelte del governo, ha sostanzialmente avanzato dubbi sulla necessità di inviare armi a Kiev e ha chiesto il ritorno della diplomazia. Draghi gli ha risposto con una ricostruzione delle mosse finanziarie di Putin: «Ho sperato, come avete visto, che fino alla fine si potesse evitare questa mostruosità. Non ci siamo riusciti, in parte perché - secondo me - era tutto stato premeditato da tanto tempo. Man mano che andiamo avanti, vediamo certe azioni: per esempio, le riserve della Banca centrale russa sono state aumentate sei volte dall’invasione della Crimea a oggi. Perché in quell’occasione effettivamente ci fu una grossa difficoltà. Come si fa di solito, alcune sono state lasciate in deposito presso altre banche centrali in giro per il mondo e altre depositate presso banche normali. Non c’è quasi più nulla, è stato portato via tutto. Queste cose non si fanno in un giorno, si fanno in molti mesi. Quindi non ho alcun dubbio che ci fosse molta premeditazione, molta preparazione. Tornando al dialogo, bisogna pensare che alla fine da tutto ciò si uscirà con la pace e per arrivare alla pace ci vuole il dialogo. Ma ho l’impressione che questo non sia il momento. Avete visto ieri il secondo e il terzo tentativo del presidente Macron di parlare, avete visto ogni volta che le dichiarazioni del presidente Macron sono smentite dalle dichiarazioni di fonte russa.
Quindi verrà un momento, e per questo occorre tenere sempre l’attenzione vigile, occorre afferrare quel momento quando si presenta. Ho l’impressione che ora non ci sia. Ma noi siamo pronti in ogni caso».
La mozione del Senato: sostegno militare coordinato, accoglienza, Ucraina verso l'Ue e stop al Patto di stabilità per crisi energetica
La bozza di mozione che dovrebbe incassare il sì della maggioranza e di Fratelli d'Italia impegna il governo a:
- esigere dalle Autorità russe l’immediata cessazione delle operazioni belliche e il ritiro di tutte le forze militari che illegittimamente occupano il suolo ucraino, ripristinando il rispetto della piena sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina
- assicurare sostegno e solidarietà al popolo ucraino e alle sue istituzioni attivando, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché - tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati - la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all’Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione
- sostenere ogni iniziativa multilaterale e bilaterale utile ad una de-escalation militare e alla ripresa di un percorso negoziale tra Kiev e Mosca, anche raccogliendo la disponibilità della Santa Sede a svolgere un’opera di mediazione
- raccogliere l’aspirazione europea dell’Ucraina, rafforzando in ogni campo la cooperazione UE-Ucraina
- attivare un programma straordinario di accoglienza dei profughi ucraini, coinvolgendo enti locali e associazionismo, semplificando le procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato, applicando la direttiva europea sulla protezione temporanea e sostenendo le iniziative della UE per una accoglienza solidale e condivisa
- attivare programmi umanitari per la popolazione ucraina e semplificare le procedure di utilizzo dei fondi erogati
- sostenere in sede europea la ulteriore sospensione del Patto di stabilità e la istituzione di un fondo europeo compensativo per gli Stati maggiormente penalizzati dalle sanzioni
- provvedere a misure di sostegno alle imprese per i maggiori oneri derivanti dalla applicazione di sanzioni, nonché la promozione di accesso a nuovi mercati verso cui indirizzare esportazioni e investimenti non allocabili sul mercato russo
- attivare strategie di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, di investimento sulle energie rinnovabili e di utilizzo delle sorgenti di energia del Paese, e concorrendo alle decisioni dell’UE nella direzione dell’Unione dell’energia
- attivare le misure necessarie a preservare le infrastrutture strategiche del Paese da eventuali attacchi informatici o di altra natura, anche tenendo conto delle indicazioni contenute nelle Relazioni del Copasir alle Camere
- sostenere l’urgenza di un netto rafforzamento della Politica estera e di sicurezza comune europea, anche attivando le riforme procedurali necessarie
- mantenere uno stretto e permanente coordinamento con i Paesi del G7, dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione europea, condividendo iniziative a supporto dell’Ucraina e contromisure efficaci e sostenibili, incluse sanzioni, all’aggressione russa.