La cerimonia di commemorazione delle vittime dei naufragi dei migranti nel mare di Lampedusa avvenuti lo scorso 3 e 11 ottobre, si terrà lunedì 21 ottobre, alle 16, ad Agrigento, presso il Molo turistico di S. Leone, alla presenza dei rappresentanti del Governo e delle Istituzioni."Nonostante abbiamo chiesto fin dal primo giorno, con i parenti delle vittime, di poter celebrare i funerali dei nostri morti, e poterli piangere in un luogo. Non sappiamo ancora se una cerimonia funebre ci sarà o meno lunedì. La situazione è ancora tremendamente confusa, ma l'indignazione è grande". Così don
Mussie Zerai, fondatore e portavoce dell'agenzia
Habeshia, commenta le notizie relative ai funerali delle vittime della tragedia di Lampedusa del 3 ottobre scorso.Il presidente del Consiglio Enrico Letta aveva annunciato, infatti, i funerali di Stato ma secondo Zerai "le bare sono state tumulate in diversi cimiteri, una ventina a Catania, altre in vari luoghi dell'Agrigentino. Non hanno nemmeno permesso che ci fosse una cerimonia col proprio rito: chi è cattolico, chi ortodosso, chi musulmano, le famiglie sono arrabbiatissime. Ma soprattutto ora per trovarli dovremo fare il giro di tutta la Sicilia". Il presidente di
Habeshia in queste ore è in costante contatto col ministero dell'Interno per chiedere che ai migranti sia assicurato un rito funebre. Forse una cerimonia potrebbe esserci lunedì prossimo ad Agrigento. "Se avverrà davvero lunedì molti parenti, pronti a partire dal giorno successivo alla tragedia, non faranno in tempo ad arrivare, perché vengono da tutta Europa, dagli Stati Uniti, dal Canada - spiega Zerai -. A quel punto, allora, ci faremo una cerimonia nostra, quando ci saranno tutti, dopo tutto il tempo che abbiamo aspettato". Zerai spiega inoltre il complesso iter per riavere i resti dei propri cari: "Andare in ambasciata a fare la richiesta, andare a Lampedusa per consultare il registro, le foto e il numero della bara assegnato, e da lì scoprire in quale parte della Sicilia la bara sia stata tumulata. Dopodiché procedere al riconoscimento tramite esame del dna, per potersi infine riportare in patria il congiunto. Questo potrebbe richiedere mesi, anni. Li avessero almeno messi tutti nello stesso posto".Il governo eritreo, infatti, ha detto che si assumerà le spese di rimpatrio, ma solo dopo riconoscimento certo dell'identità delle vittime. "L'Eritrea, che per tutta la prima settimana ha sostenuto che si trattasse di vittime dell'Africa sub sahariana, ha per la prima volta ammesso nella tv pubblica che si trattasse di eritrei, e si è detta disponibile al rimpatrio - spiega il rappresentante dell'agenzia
Habeshia -. Non era per niente scontato, visto che nel 2011 morirono 350 eritrei in un colpo solo, e le autorità locali crearono problemi alle famiglie in lutto". Il problema, continua Zerai, è che molti parenti che abitano nelle zone rurali del Paese non avranno mai nemmeno notizia di come fare, né saranno nelle condizioni di poter espletare tutto l'iter: "Non è neanche chiaro chi pagherà tutto questo, gli esami del dna sono lunghi e costosi". Attualmente non è stato nemmeno stabilito un centro unico per le notizie e la documentazione: "Ci dicono che probabilmente delegheranno la Croce Rossa, che però da dieci giorni ci risponde che non ha accesso alle informazioni. È una gestione inaudita, la montagna ha partorito un topolino".