mercoledì 26 luglio 2017
La Corte di Strasburgo gela l'Italia, ma il commissario Avramopoulos dice: in ogni caso, il regolamento di Dublino va cambiato perché non è disegnato per situazioni eccezionali
Corte di Giustizia Ue (Ansa)

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I visti umanitari non consentono di spostarsi in altri Stati Ue, la responsabilità delle domande di asilo spetta al primo Paese Ue raggiunto anche in caso di crisi migratoria. È una brutta notizia per l’Italia la sentenza pronunciata ieri dalla Corte di giustizia Ue, solo in parte addolcita da un parere dell’avvocato generale Ue che ha bocciato il ricorso dei Paesi dell’Est contro il programma di ridistribuzione di richiedenti asilo.

Al centro della sentenza è in realtà la Croazia che, all’apice della crisi migratoria, nel 2015 aveva consentito agli ingenti flussi di migranti di entrare nel suo territorio dalla Serbia (non Ue) per accompagnarli al confine della Slovenia, da cui molti erano poi proseguiti verso l’Austria e la Germania. Due migranti afghane arrivate così in Austria avevano chiesto asilo, mentre alcuni siriani lo avevano fatto in Slovenia. La sentenza della Corte è perentoria: responsabile della richiesta di asilo, in base al Regolamento Dublino III, era e resta la Croazia, in quanto primo Stato Ue toccato, e questo vale «anche in circostanze straordinarie caratterizzate da un afflusso massiccio di persone in arrivo nell’Ue». Questo vuol dire che anche l’Italia per il momento – a parte il programma di ridistribuzione di richiedenti asilo – non può sperare in un allentamento dei suoi obblighi di primo Paese Ue.

Non basta. Anche «un’autorizzazione all’ingresso per ragioni umanitarie – dice la Corte – è valida soltanto per il territorio dello Stato membro interessato, e non per il territorio degli altri Stati membri». Con buona pace di chi in Italia proponeva visti umanitari per consentire ai migranti di proseguire verso Nord.

Una sentenza che rianima la polemica sulla riforma di Dublino, intorno alla quale dall’autunno 2016 negoziano i Ventotto sulla base di una proposta della Commissione. «Il sistema – ha commentato il commissario alla Migrazione Dimitris Avramopoulos – non è stato disegnato per situazioni eccezionali, per questo la Commissione propone un completo cambiamento». La riforma è bloccata per il no dei Paesi dell’Est alle misure di ripartizione automatica di richiedenti asilo, che scatterebbero nel caso di particolare pressione su uno Stato membro (chiedono misure «alternative»). L’Italia invece teme cedimenti a favore di questi Paesi e si oppone a una serie di nuovi oneri previsti dalla bozza per i Paesi di primo arrivo.

Positivo per l’Italia è stato invece il parere dell’Avvocato generale Ue, Yves Bot, sul programma di redistribuzione di 160mila richiedenti asilo da Italia e Grecia, deciso a maggioranza qualificata dai ministri dell’Interno nel settembre 2015. Un parere che boccia il ricorso di Slovacchia e Ungheria (sostenuto anche dalla Polonia) – quasi sempre i giudici nella sentenza seguono l’Avvocato generale. Per Bot il Trattato Ue «autorizza l’adozione di misure che, per rispondere a una situazione di emergenza individuata in maniera chiara, deroghino temporaneamente e su punti precisi ad atti legislativi in materia di asilo», sottolineando che ciò «contribuisce in modo automatico ad alleviare la forte pressione esercitata sui sistemi di asilo greco e italiano a seguito della crisi migratoria dell’estate del 2015 ed è quindi idonea a realizzare l’obiettivo che essa persegue».

Se la sentenza, attesa dopo l’estate, confermerà il parere, si porranno le basi legali per future redistribuzioni, soprattutto nel quadro della riforma del Regolamento di Dublino. Il parere del resto rafforza la Commissione nelle sue procedure d’infrazione contro Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, che continuano a rifiutarsi di accogliere richiedenti asilo. Ieri Bruxelles ha fatto scattare il secondo passo: se entro un mese i tre Paesi non si adegueranno, saranno deferiti alla Corte Ue.

Intanto, secondo gli ultimi dati diffusi dalla Commissione, giugno ha visto un record di redistribuzioni (2.000 dalla Grecia e quasi 1.000 dall’Italia). In totale, fino al 24 luglio i trasferimenti sono stati 24.676 (16.803 dalla Grecia e 7.873 dall’Italia). «Il sistema di redistribuzione funziona – ha dichiarato Avramopoulos – ora c’è bisogno di un ultimo sforzo» per raggiungere l’obiettivo entro settembre, quando scade il programma.

All’Italia però si chiede di accelerare la registrazione degli eritrei (25mila arrivati di cui solo 10mila registrati) per poterli poi trasferire in altri Stati Ue. Avramopoulos ha comunque ribadito il pieno sostegno all’Italia, la lettera inviata al premier Gentiloni dal presidente Jean-Claude Juncker è «per chiarire che noi non molliamo».

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