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La sfida è ardua, per Giuseppe Conte e per M5s: mettere in risalto le contraddizioni dell’Unione Europea, specie su guerra e pace, e allo stesso tempo mantenere il tratto di un affidabile europeismo. L’ex premier le due corde è abituato a toccarle, anche facendo leva sulla doppia esperienza a Palazzo Chigi, la prima segnata dalla “sfida” all’Europa e la seconda invece dal contributo alla nascita della commissione Von der Leyen.
Presidente Conte, cos'è in gioco per lei e per M5s in queste elezioni?
In gioco non c’è il mio destino personale o di altri leader politici. Siamo ad un bivio storico per i nostri figli. Noi non vogliamo l'Europa della guerra e delle armi, quella che vorrebbe mettere l'elmetto ai nostri ragazzi, vogliamo piuttosto un’Europa che li metta in condizione di costruire il loro futuro, avere stipendio giusto, poter sottoscrivere un mutuo e metter su famiglia. Ci battiamo per l'Europa dei 209 miliardi del Pnrr, della solidarietà, dei diritti e contrastiamo quella dei tagli che colpiranno anche la sanità. Il M5s è l'unica garanzia per il popolo della pace e per chi vuole un'Europa dei diritti sociali: fra i grandi partiti italiani siamo stati gli unici a votare in Europa contro le armi e i tagli al sociale del Patto di stabilità.
L'Ue non riesce a trovare una via per la pace. Ma esiste, con Putin, una via?
Nel corso della storia ogni guerra si è conclusa con un trattato di pace: accordi stipulati coltivando il dialogo tra le parti in conflitto. I nostri governanti hanno scelto invece di imboccare la strategia della belligeranza ad oltranza, la stessa Giorgia Meloni si vanta di aver “scommesso” sulla vittoria militare contro la Russia. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: abbiamo oltre 6 milioni di rifugiati ucraini, quasi 4 milioni di sfollati ancora intrappolati sotto le bombe. Dobbiamo interrompere questa spirale di violenza, abbiamo bisogno di un’Europa di pace. E mi vergogno di un governo Meloni che si astiene su tregua e cessate il fuoco a Gaza di fronte al massacro di oltre 35mila civili palestinesi, soprattutto donne e bambini. Ci vogliono un'Italia e un'Europa con la schiena dritta contro la follia di Netayahu.
In quale gruppo europeo sarete?
Un gruppo progressista e che metta la pace al centro della sua azione politica. Il prossimo Parlamento Europeo sarà molto più spaccato del precedente e la nostra delegazione potrà essere decisiva per contrastare derive nazionaliste che farebbero male in primis agli interessi del nostro Paese. Chi sceglie di votare un parlamentare del M5s, ha la garanzia che sta mandando in Europa un vero “costruttore di pace”.
Von der Leyen è stata anche la “sua” presidente di Commissione: è deluso? Ci sono alternative reali? Si parla di Draghi…
Come nel 2019 avanzeremo delle proposte concrete. La prossima legislatura dovrà essere quella che ci porterà la pace, senza questo impegno non potremo sostenere la futura Commissione.
C'è un valore nazionale di questo voto, che riguarda anche il governo?
Sono elezioni europee e dobbiamo andare a votare sapendo che abbiamo la possibilità di poter imprimere una svolta all’Europa. Ma è Giorgia Meloni che sta personalizzando queste elezioni: si candida pur sapendo che non potrà lasciare Palazzo Chigi per andare a Bruxelles, addirittura invita gli elettori a scrivere sulla scheda semplicemente “Giorgia”, rivendicando di essere una del popolo, proprio lei che il popolo lo ha dimenticato e tradito con le sue mille giravolte e le sue promesse mai mantenute.
Teme un M5s forte solo al Sud?
Più di ogni altra cosa temo l’astensione, un Paese che rinuncia a scegliere e a decidere è una sconfitta. Chi è per la pace, per la difesa dei diritti sociali e civili, per la difesa dell'ambiente e chi non ne può più del dilagare della corruzione deve andare a votare per cambiare le cose.
Che idea si è fatto degli attacchi a Mattarella dopo il 2 giugno?
È indegno chiedere le dimissioni del presidente Mattarella. Il capo dello Stato ha detto delle cose ovvie: siamo in Europa e semplicemente bisogna andare in Europa a testa alta e non come questo governo.