La base del M5s "grazia" Matteo Salvini, ma non lo fa con una maggioranza schiacciante. Partecipazione alta, considerato che le urne virtuali sono aperte per un solo giorno: i votanti superano quota 52mila. Il margine con cui il popolo pentastellato decide di salvare il ministro degli Interni dal processo per la vicenda Diciotti, tuttavia, è ben lontano dalle aspettative dei vertici. Il 59,05% è contro autorizzazione procedere, mentre il restante 40,95% si dice favorevole. Un risultato per cui il ministro dell’Interno Matteo Salvini non si scompone: «Li ringrazio per la fiducia. Ero tranquillo prima e sarò tranquillo domani».
Il verdetto arriva al termine di una giornata segnata da un’infinità di polemiche e sospetti. Rousseau, più che una fuoriserie della democrazia diretta, si rivela un’auto da rottamare. Neanche il tempo di accendere il motore delle votazioni e la macchina progettata dalla Casaleggio Associati è già in panne. Il via al sondaggio scatta con un’ora di ritardo per volere dei vertici del M5s che parlano di «boom di accessi» sulla piattaforma. Di conseguenza la chiusura slitta prima alle 20 (dalle 19) e infine alle 21:30. In molti non riescono a dare la loro preferenza. Il sistema online va continuamente in tilt come in altre occasioni. Anzi, stavolta è peggio.
Se i big si sono espressi a sostegno di Luigi Di Maio e della posizione governativa, nel gruppo parlamentare c’è chi critica aspramente metodo e meccanismo. «L’associazione Rousseau usufruisce di 90.000 euro di soldi "pubblici", versati dai parlamentari da marzo 2018, quindi ha ottenuto circa un milione di euro per implementare la piattaforma – fa notare la senatrice Elena Fattori che parla di movimento spaccato –. Io non riesco neanche a connettermi». Tra i "ribelli" anche il senatore Alberto Airola, che comunica di aver votato «no», dopo aver provato più volte a collegarsi. Sul blog delle Stelle è un profluvio di proteste.
Non mancano le insinuazioni, alimentate dalle modifiche al testo proposto.
La senatrice Paola Nugnes parla di «quesiti monchi che già includono una risposta». Il fulcro della domanda non cambia – con il «sì» si nega l’autorizzazione a procedere e con il no si dà il placet al processo per Salvini –, però rispetto alla formula del giorno precedente viene aggiunto un inciso («è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato» e «non è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato» a seconda dell’opzione di risposta). È una soluzione che sembra voler indirizzare il giudizio. La posta in palio, del resto, è alta. E la metà "verde" di Palazzo Chigi non manca di ricordarlo. Per il sottosegretario leghista Edoardo Rixi «è abbastanza chiaro che si tratta di un voto sul governo». Per il collega in quota M5s Mattia Fantinati però alla fine questo voto si rivela «una grande vittoria del M5s, che porta la gente a informarsi, formarsi e decidere».
A dimostrare come in ballo ci sia la tenuta del governo gialloverde, però, è il nervosismo che si registra ai piani alti del Movimento e, più in generale, ai vertici della maggioranza prima dell’esito. Il premier Giuseppe Conte, dopo alcuni rumors che lo descrivevano perplesso sulla scelta di affidarsi al blog, nega interferenze. Beppe Grillo, dopo il cinguettio domenicale pungente su Twitter, si affretta a precisare: «Da me solo una battuta, montata ad arte contro M5s.
Piena fiducia in Luigi Di Maio». Il capo politico vive l’attesa per la consultazione online con apparente tranquillità: «Sosterrò qualunque risultato». A sera, con in tasca i numeri di una votazione che tiene in piedi l’alleanza con Salvini, Di Maio partecipa a un’assemblea congiunta delicata, con parlamentari furenti per la gestione del "caso Diciotti" e il tracollo nelle elezioni abruzzesi. Le divisioni interne tornano a palesarsi, con il leader che prova a placare sul nascere i malumori proponendo la creazione di «un’organizzazione centrale» e «una struttura verticale», oltre ad assicurare una maggiore collegialità nelle decisioni da prendere in futuro.