Terza dose sì o no? - Ansa / Afp
Continua il dibattito sul se, quando e a chi iniziare a somministrare la terza dose di vaccino anti-Covid. Anche se l’orientamento in Italia sembra quello di privilegiare i più fragili, c’è sempre l’incognita della comparsa di nuove varianti che possono eludere la protezione vaccinale rendendo inutile il richiamo. Intanto, negli Usa la “Food and Drug Administration” ha dato il via libera per le persone che hanno un sistema immunitario debole, e i primi dati pubblicati su “Science” confermano che il vaccino di Moderna offre uno scudo per almeno 6 mesi contro le varianti.
La decisione degli Usa riguarda milioni di americani, come chi ha subito un trapianto o malati di cancro per proteggerli dalla variante Delta. In Israele invece si è deciso di procedere con la terza dose anche con gli over 50 già immunizzati con due dosi cinque mesi fa, mentre in Cile si è iniziato ieri a somministrare la terza dose di rinforzo agli over 55 ricorrendo al siero di AstraZeneca. In Italia le autorità non hanno deciso e gli esperti sono cauti.
La posizione prevalente sembra essere simile a quella statunitense, cioè di dare la terza dose ai più fragili. «Potrebbe servire a dare un boost, cioè un potenziamento della risposta immunitaria, a chi ha già chiuso il ciclo», spiega Sergio Abrignani, membro del Cts e immunologo dell’Università di Milano. Secondo Carlo Perno, direttore dell’unità di Microbiologia dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, «per la maggioranza dei virus servono 3 dosi. È proprio la terza a stabilizzare l’efficacia del vaccino, infatti.
Per quel che riguarda il SarsCov2 non ci sono dati al momento di utilità clinica di una terza dose, ma ci sono evidenze che nei malati fragili, come trapiantati, anziani e persone con tumore, con le due dosi si ha una risposta immunitaria molto inferiore a quella dei soggetti sani. Le evidenze immunologiche spingono dunque per una terza dose ai fragili». Molti però temono le varianti. Se contro quelle esistenti, come la Delta, la terza dose può servire, «perché abbiamo visto che il vaccino copre al 90-95% dalle forme gravi e circa al 70-80% contro l’infezione», rimane l’incognita di una nuova variante che sfugge ai vaccini.