L’inserimento dei detenuti nelle cooperative sociali abbatte il tasso di recidiva dal 70% al 10%. Basta questo dato a comprendere l’importanza dei 16 milioni di euro che, salvo sorprese, verrano destinati al lavoro nelle carceri. Ma «non bisogna abbassare la guardia», avverte il consorzio di cooperative sociali Rebus, perché già a dicembre si era assistito allo «scippo» dei «pochissimi euro previsti nel decreto stabilità per rifinanziare la Legge Smuraglia», riguardante appunto il lavoro penitenziario. Ora che il Governo ha fatto dietrofront, proprio pochi giorni dopo la sentenza della Corte dei diritti umani di Strasburgo – che ha condannato l’Italia per la situazione nelle carceri – si deve vigilare «affinché nulla di strano e inaspettato avvenga». L’attenzione è rivolta alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, che dovranno esaminare il nuovo decreto: la speranza è che non si faccia "melina" fino alla scadenza della legislatura. «Siamo abbastanza fiduciosi», commenta Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà e portavoce dell’Alleanza delle cooperative italiane sociali (una realtà che conta 9mila aderenti, oltre 350mila soci e circa 330mila occupati) perché «un nuovo ripensamento sarebbe controproducente e frutto di un approccio propagandistico alla materia, da affrontare invece con ragionevolezza, attenzione e sobrietà».Investire in rieducazione e recupero dei detenuti «fa risparmiare una valanga di soldi e porta sicurezza sociale», scrivevano a dicembre le cooperative sociali, deluse per il mancato rifinanziamento della Legge Smuraglia: «Si è decretata la morte dell’articolo 27 della Costituzione o perlomeno del suo terzo comma: quello che recita "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Bene, questa rieducazione è destinata a rimanere lì, sulla carta: Costituzionale, ma pur sempre carta».Da allora, qualcosa è cambiato, su iniziativa del ministro della Giustizia Paola Severino: «Quei fondi sono indispensabili per dare continuità al lavoro in carcere e promuovere anche nuovi progetti – riprende Guerini –. Certo, oltre alla cifra in sé, bisognerà capire anche come verranno ripartite le risorse».Utile per il reinserimento dei detenuti nella società, il lavoro nelle carceri è però al minimo storico, stando ai dati pubblicati dal Ministero della Giustizia: «Questo – precisa il portavoce dell’Aci sociale – è effetto anche della crisi economica, specie per il settore manifatturiero».Ora, spiega in un appello il consorzio «Rebus», le commissioni hanno ancora due settimane di tempo per ratificare il decreto «ma hanno anche la facoltà, ancora una volta, di modificare nuovamente la destinazione dei fondi». Dopo quanto avvenuto a dicembre, la fiducia nella politica non è illimitata.