mercoledì 21 agosto 2019
Strada ancora in salita per un governo M5s-Pd con lo stesso premier: Renzi toglie il veto su di lui, ma Zingaretti vuole «netta discontinuità». Oggi direzione decisiva
Gli scenari del dopo-Conte. Il Quirinale dà tempo fino a lunedì
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La sorpresa finale di una giornata infinita arriva dopo che Conte ha concluso il suo giro istituzionale per comunicare le dimissioni: mentre già si rincorrono le voci di un suo 'bis' a capo di un’alleanza M5s-Pd, lui, l’avvocato-premier, si sottrae, fa trapelare dubbio, preoccupazione, distanza. Come a dire che se toccasse a lui decidere, la risposta sarebbe «no».

Può essere - e forse lo è pretattica, prudenza, modestia. È anche una mossa politica ispirata dai continui contatti con il Quirinale: se bis deve essere, che sia «di respiro», «fatto bene», con «prospettiva», comunicano da Palazzo Chigi intendendo comunicare l’indisponibilità del premier dimissionario a 'governicchi'.

Ma soprattutto, dal punto di vista del metodo, Conte accetterebbe «solo» se ci fosse una chiara richiesta di M5s e Pd in tutte le loro molteplici anime e personalità. Da Di Maio a Fico a Di Battista, passando per Casaleggio e Grillo, per arrivare a Renzi e Zingaretti. L’esperienza con Salvini ha scottato il presidente del Consiglio dimissionario, che non vorrebbe ripetere un altro percorso a ostacoli tra trappole, propaganda e tatticismi. Forse sarà stato lo stesso Mattarella a consigliare a Conte di restare sotto coperta e non esporsi ulteriormente in questi giorni. Di certo il dossier 'consultazioni' al Quirinale era già aperto, segno che tutte le mosse compiute ieri da Giuseppe Conte erano già state comunicate al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Così si spiega la rapidità con cui il Colle, pochi minuti dopo aver accolto le dimissioni dell’avvocato-premier, ha diramato le 'convocazioni' ai gruppi parlamentari. Tutto preparato, quindi, per risolvere la crisi in tempi brevi, i più brevi possibili: al massimo entro lunedì, è il rumor che fonti parlamentari fanno risuonare nella lunga notte romana, i partiti devono portare una risposta al Quirinale. Per 'partiti' si intendono, nella sostanza, M5s e Pd, che ormai apertamente parlano di un accordo possibile per portare avanti la legislatura.

Ma i dubbi sono tanti e il Quirinale deve fissare dei paletti: lunedì può essere il giorno buono per conferire un nuovo incarico, altrimenti meglio sciogliere le Camere in tempo utile per un voto anticipato a fine ottobre che quantomeno limiti i danni rispetto al varo della manovra. La velocità è necessaria anche per dirimere la situazione complicata per cui i 7 ministri della Lega restano al loro posto, e in particolare il titolare dell’Interno Matteo Salvini. Un gruppetto cospicuo di dicasteri che rischia di non agire più in sincrono con il premier.

Quindi oggi e domani Mattarella sentirà le intenzioni dei partiti, e potrebbe raccogliere la generica disponibilità di M5s e Pd ad evitare l’aumento Iva. Ma sul 'come', sul 'perché' e sul 'chi' il Colle non ammette traccheggiamenti. Guarderà con particolare attenzione, il capo dello Stato, alla Direzione del Pd di stamattina. Ieri Matteo Renzi ha fatto dire ai suoi sherpa che da parte sua non c’è alcun veto su Giuseppe Conte.

Ma il segretario dem Nicola Zingaretti, al contrario, dice che ci vuole «discontinuità » anche sui nomi, non solo sul programma. Probabilmente la Direzione di oggi si risolverà in una mini-tregua per cui il Pd offre disponibilità al capo dello Stato ma non si sbilancia sui nomi. Zingaretti non si toglie dalla testa l’idea che un governo M5s-Pd, che lo impegna in prima persona come segretario, potrebbe risultare alla fine una trappola che avvantaggerebbe colui che prima ha apparecchiato la tavola, Matteo Renzi, ma che poi altrettanto tempestivamente si è autoeliminato dalla corsa ai dicasteri. Bel rebus.

Nel frattempo, il 'gruppetto dei 6' continua a trattare: Franceschini, Spadafora, D’Uva, Patuanelli, Marcucci e Delrio. Altri scenari oltre il governo 'giallorosso' e le urne anticipate restano sullo sfondo, compreso un governo tecnico di transizione. Da chiarire l’atteggiamento di Forza Italia: il partito del Cav è per il voto anticipato, ma gioca un ruolo la scarsa disponibilità del capo della Lega a offrire paracadute a sufficienza ai parlamentari forzisti. Nei Palazzi si evidenzia l’attivismo di Gianni Letta per ricollocare Fi vicina alla coalizione di governo che potrebbe nascere.

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