Giorgia Meloni ha promesso che farà un giro nelle preferie. La premier con don Antonio Coluccia - ANSA
La paura resta, ma anche la determinazione ad andare avanti, perché là fuori «è pieno di territori che hanno bisogno di noi». Il giorno dopo l’attentato a Tor Bella Monaca don Antonio Coluccia appare provato, ed è lui stesso ad ammetterlo davanti alle telecamere al termine dell’incontro con la premier Giorgia Meloni, che ha voluto riceverlo a Palazzo Chigi per manifestare la vicinanza delle istituzioni e la gratitudine dello Stato per la sua lunga attività nelle periferie della Capitale: «L’episodio di martedì mi ha segnato, perché non pensavo si potesse arrivare a un gesto simile – spiega il sacerdote –, che sulle strisce pedonali qualcuno potesse fare un’azione del genere. Prendo atto di ciò che è accaduto, anche se ho avuto paura». A fare la differenza è stata però la prontezza di un agente della sua scorta, «il mio angelo custode», come lo definisce lo stesso Coluccia, «che mi ha salvato spostandomi».
«Sono in pericolo da tempo – ragiona poi il prete salentino – sto toccando i soldi alle organizzazioni criminali, quindi ogni volta che io presidio una piazza di spaccio sono 10mila, 15mila, 20mila euro che si perdono. Ecco perché chi è assoggettato a questo mondo non accetta la mia azione pastorale, non accetta la polizia, i carabinieri, la Guardia di Finanza. Ma i cittadini onesti di quei quartieri, che sono tanti, hanno invece il diritto di vedere persone positive che li possono aiutare ad avere speranza».
Anche per questo la battaglia di don Coluccia riprenderà fin da subito e la premier ha promesso che la presenza dello Stato nelle periferie di Roma sarà sempre più forte: «C'è una proposta criminale, bisogna riappropriarsi di questi territori – prosegue ancora il sacerdote –. L'articolo 3 della Costituzione dice che la Repubblica rimuove gli ostacoli. La presidente del Consiglio ha dimostrato sensibilità ed essendo di Roma conosceva già le situazioni, quindi ha preso a cuore tutto ciò che sta accadendo in questi territori. Ha promesso che farà un giro nelle periferie, quando e come non lo so ma ha promesso che verrà: l'ho vista molto convinta e credo che i cittadini di questi territori hanno bisogno di vedere uno Stato di prossimità».
Nel frattempo si moltiplicano le manifestazioni di vicinanza. Ieri hanno espresso la loro solidarietà i principali leader politici e i rappresentanti delle istituzioni( da Conte a Fontana, da Crosetto a La Russa) , così come la diocesi di Roma che ha incoraggiato Coluccia ad andare avanti: « Don Antonio ormai da diversi anni svolge il suo servizio pastorale mettendosi accanto ai giovani che vivono il disagio delle dipendenze da droghe – ha scritto in una nota stampa il vescovo Baldo Reina, vicegerente del Vicariato –. Atti intimidatori come quello consumato ieri non lo scoraggeranno. Tuttavia, quanto accaduto, interpella in modo forte la comunità civile e l’impegno dei singoli credenti. Il tempo che stiamo per vivere, con la diffusione sempre più dilagante di sostanze tossiche richiede uno sforzo corale affinché sia affermata la dignità della vita umana». Anche monsignor Michele Seccia, arcivescovo di Lecce (diocesi d’origine di Coluccia), ha voluto mandare un messaggio al sacerdote «in questo delicato e difficile (e non è il primo) momento della sua vita», per poi «assicurargli la preghiera mia e della comunità della sua terra d’origine e la solidarietà sacerdotale del presbiterio della Chiesa di Lecce».