mercoledì 23 novembre 2016
Nel piccolo centro del Torinese, più di un abitante su dieci è inserito nei percorsi dello Sprar. Nei percorsi protetti sono presenti soprattutto famiglie: è il modello dell'ospitalità diffusa
Chiesanuova, il piccolo borgo dell'accoglienza
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Chi l’ha detto che nei piccoli Comuni non si può fare accoglienza? A Chiesanuova, 220 abitanti in provincia di Torino, sono 25 gli stranieri seguiti dal progetto Sprar, avviato ormai oltre 15 anni fa. Più di uno su dieci, oltre cento su un migliaio, in ogni caso infinitamente di più della regola del "tre per mille" prevista dal Viminale per attivare processi di condivisione in tutti i Comuni. Anzi, proprio la logica dell’accoglienza diffusa consente di progettare percorsi su misura, garantendo inoltre a chi ha fatto istanza d’asilo momenti di formazione durante il periodo di permanenza nel nostro Paese. Anche nei centri minori, non solo nelle città.

«Da quando arrivano, li seguiamo per sei mesi, massimo un anno – spiega il sindaco di Chiesanuova, Giovanni Giachino –. All’inizio si trattava di persone singole poi, d’intesa con la Prefettura, abbiamo deciso di inserire intere famiglie: moglie, marito e figli».
L’accompagnamento è pressoché totale. «Portiamo i bambini a scuola e all’asilo, attraverso i servizi di trasporto della valle. Ma ci facciamo carico anche delle future mamme: abbiamo mobilitato le ostetriche del territorio, gli ambulatori rimasti a presidio di questo territorio. In questi anni sono nati 15 bimbi».

Fermarsi a Chiesanuova non è dunque come stare «tra color che son sospesi», è invece provare a trasformare il percorso di inserimento, spesso difficile e tutt’altro che graduale, nella realtà italiana in un’occasione di formazione e insieme di restituzione da parte degli stessi profughi nei confronti di chi si prende cura di loro.
«All’inizio è stato un po’ complicato – racconta il sindaco –. I pregiudizi non sono mancati, i problemi neppure. Col tempo, è cresciuta anche la comprensione del fenomeno. Concretamente, adesso diamo loro alloggio in spazi di proprietà del Comune o in appartamenti affittati da privati».

Anche un Comune vicino, Colleretto Castelnuovo, ha aderito al progetto Sprar, qualche mese fa, a riprova del fatto che le piccole comunità della Valle Sacra iniziano a vedere nella presenza dei profughi «un’opportunità –spiega Giachino –. Alla festa dei 15 anni dall’avvio di questo programma, sono tornati a trovarci ragazzi che hanno conosciuto l’Italia a Chiesanuova e poi, dopo aver ricevuto il parere delle commissioni territoriali sulle loro domande d’asilo, si sono successivamente inseriti in altre regioni. Sono originari dell’Iraq e dell’Iran. Alcuni di loro, negli anni scorsi, hanno imparato la lingua, grazie anche all’impegno di alcuni professori volontari, altri hanno trovato un’occasione di impiego in alcune aziende della zona, tutti ci dicono grazie e sono riconoscenti. Ma noi abbiamo fatto soltanto il nostro dovere».

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